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Hash fragment dinamici: le specifiche di Google


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Forse non tutti sanno che Google ha predisposto una pagina nella quale ha stabilito le principali convenzioni instaurate tra motore di ricerca e server web di un sito, allo scopo di garantire un idoneo numero di pagine indicizzate: in particolare si fa riferimento al “grado di visibilità ” dei contenuti di una pagina web qualora vengano utilizzate varie modalità  di URL, di parametri dinamici e di hash fragment. Un aspetto davvero importante su cui è necessario fare una piccola premessa e considerazione preliminare, a mio avviso.

Sulla documentazione presentata da Google esistono, in effetti, aspetti a volte controversi, come nel caso di HTTPS (che viene considerato – in modo un po’ improprio, a mio modo di vedere – un ranking factor per la SEO ma che, di fatto, non possiede più influenza di nessun altro fattore isolato “in camera stagna”). In questo caso la questione diventa interessante, contrariamente ad altri casi, perchè risponde ad una domanda molto importante per molti webmaster: come indicizzare nei risultati una sezione specifica della pagina? La cosa non dovrebbe ossessionarci più di tanti perchè se la pagina è fatta bene Google (Bing e gli altri) riescono ad indicizzare le sezioni rilevanti: tuttavia se inserissi il markup nella pagina:

<div class="post-body entry-content" id="prova-123" >

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renderei questa sezioni riferibile dal link:

http://ilsito.com/pageabc.html#prova-123

Secondo Kevin Marks a questo punto si può usare un doppio # per definire vere e proprie annotazioni”annotazioni”:

http://ilsito.com/pageabc.html##quello+che+vuoi+tu

I cosiddetti hash fragment – uniti al caso limiti dei hash-bang, utilizzati ad esempio da Twitter e che sfruttano il simbolo ! – definiscono genericamente uno stato, cioè un certo numero e tipologia di situazioni ed interazione dell’utente, e sono interessanti perchè di fatto permettono di delineare sezioni indicizzabili di una pagina web, nel numero massimo di uno per ogni URL.

Il tutto avviene mediante una corrispondenza uno ad uno tra un URL di base ed uno mappato dal crawler, come illustrato dalla figura.

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Schermata 2014-08-08 a 08.44.17

Pertanto ad una richiesta (request) del crawler al server nei formati:

  • domain[:port]/path?_escaped_fragment_=hashfragment
  • domain[:port]/path?queryparams&_escaped_fragment_=hashfragment
  • domain[:port]/path?_escaped_fragment_=
  • domain[:port]/path?queryparams&_escaped_fragment_=

corrisponderanno dei risultati di ricerca in SERP di questo tipo:

  • domain[:port]/path#!hashfragment
  • domain[:port]/path?queryparams#!hashfragment
  • domain[:port]/path
  • domain[:port]/path?queryparams

Per sfruttare questo meccanismo nelle proprie pagina web è possibile notificare al crawler la presenza di hash fragment sia inserendoli nell’URL che aggiungendo alla home un trigger del tipo:

<metaname="fragment"content="!">

Dopo aver implementato lo schema è possibile che il motore di ricerca possa indicizzare i vari frammenti della pagina, ed è anche possibile farlo su wordpress con il plugin WP Fragmention, che permette quindi di individuare sezioni specifiche delle pagine su cui porre l’attenzione del crawler.

Photo by Simon (Pixabay)

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