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10 ranking factor che non dovresti prendere sottogamba nel 2024

Vi occupate di ottimizzazione per i motori di ricerca, o vi piacerebbe farne un po’ per il vostro sito? Poveri voi :-D

Scherzi a parte, eccovi i dieci aspetti legati alla SEO che non dovremmo, a mio modo di vedere, mai sottovalutare quando facciamo una consulenza di questo tipo.

Testi lunghi (ferri corti)

No, non posso crederci: ancora leggo in giro, soprattutto su forum e blog in inglese, considerazioni sulla lunghezza ideale (per modo di dire) dei testi delle pagine, sul numero ideale di volte in cui dovresti ripetere la tua parola chiave, sul SEO copywriting con l’aritmetica di base (keyword density inclusa, una metrica tanto intuitiva quanto sciocchina) che è quanto, globalmente di più insensato possa esserci.

Recentemente ho scoperto, durante una breve consulenza, che un tool rinomato quale SEOZoom contiene una sezione per copywriter denominata Assistente Editoriale. Il tool è molto ben fatto ed utile per i copy, soprattutto se principianti, e serve a validare il contenuto di un articolo sulla base delle regolette classiche:

  • inserire la keyword almeno una volta nel testo;
  • farlo possibilmente nel primo paragrafo;
  • inserire un tag image con la chiave target all’interno e nel nome del file;
  • non esagerare con la keyword density;

Il problema è che queste regole non sono regole vere e proprie: la regola base per scrivere un testo SEO è quella di garantire corrispondenza parziale o totale con la keyword e scrivere cose utili e sensate, possibilmente originali. L’AE di SEOZoom, per la verità, tende (parere personalissimo, s’intende) ad impostare il lavoro in modo abbastanza rigido, meccanico, soggetto a “regole” che non esistono, in realtà  – e ne sono la prove le migliaia di articoli posizionati senza accorgersene, senza badare a queste metriche elementari e a volte addirittura inserendo nessuna o solo una volta la keyword nel testo. Dico questo perchè mi sono capitati clienti in passato che davano più ragione al tool che al parere di un consulente e, per quanto poi ci siamo chiariti, mi sembra doveroso ricordare che non dovrebbe servire un test di Turing per convincersi del fatto che un tool SEO mai potrà surclassare un consulente umano (anche con l’intelligenza artificiale, a mio umile avviso).

Non voglio che la mia sembri una critica distruttiva (non lo è, per inciso: non avrebbe senso neanche parlarne, sennò), ma ho dei forti dubbi che calcolare la keyword density (o analoghe metriche) non possa essere alla lunga fuorviante per l’autore. Si rischia di pensare solo a quello, e non al fatto che l’articolo deve essere scritto a target con i gusti del suo potenziale lettore. Si tende invece, cosଠfacendo, a pensare che basti soddisfare quei requisiti per avere un “buon” testo lato SEO, e per fortuna (o purtroppo) non è cosà¬. I fattori che posizionano un articolo sono anche esterni all’articolo, quindi non vi fissate è il mio invito generale: a volte è meglio NON seguire queste regole per un discorso di evitare il keyword stuffing. So anche che molti copy hanno requisiti stringenti in tal senso e non è banalissimo opporsi, ma provateci: nessun tool è la Bibbia, alla fine.  Di sicuro, l’AE di SEOZoom andrebbe urgentemente rivisto in un’ottica più ampia, anche meno stringente o più permissiva se vogliamo – altrimenti rischia di diventare penalizzante per chi esperto SEO non è, e tende a prendere le cose troppo alla lettera.

Il problema di fondo è enorme, secondo me: se scrivi un testo lungo, aumenti ad ogni riga la possibilità  di annoiare il lettore, se invece ne scrivi uno corto di solito… no. Contrariamente, se scrivi un tutorial è in genere meglio farlo lungo, perchè ci sono più possibilità  di essere notati dai lettori, procedendo per aree di pertinenza. Very simple, alla fine, ma tutt’altro che scontato. Al di là  di questo, la distinzione andrebbe fatta tra testi scritti bene che possano interessare un certo target di ricerche, e testi scritti alla meno peggio tanto per mettere nero su bianco.

Tragedia finale: in molti casi troviamo testi di web marketing scritti bene sepolti nelle terze o quarte pagine di Google, e di cui (per dirla in modo simpatico, e senza offesa) non frega niente a nessuno.

La “prepotenza” di Google

Esiste un problema di sovraproduzione di informazioni generate dallo stesso motore di ricerca, che rendono decisamente critiche alcune ricerche. Google incoraggia la qualità  nelle proprie SERP, ma sui settori ultra-competitivi obbliga indirettamente, di fatto, ad investire su Google Ads.

Del resto la presenza di rich snippets come Google Places per alberghi, località , B&B e cosଠvia, inoltre, rende l’inserimento di un sito nella prima pagina davvero difficile se non impossibile: per cui occhio a promettere “prime posizioni” ai clienti su query di ricerca che possono presentare questo genere di problematiche, se non dopo aver stabilito che ci si possa inserire, sperabilmente, sistemando i rich snippet all’interno del sito da ottimizzare.

Le apparenze ingannano (e continuano ad ingannare)

Proviamo ad immaginare un nostro vecchio compagno di avventure, un amico, nonchè single di ferro, che, dopo tanti mesi che non lo vediamo in giro appaia senza preavviso nel nostro pub preferito. Non è solo: è in compagnia di una donna mai vista prima, decisamente attraente. Dentro di noi, a quel punto – specie se crediamo di conoscerlo bene – scatta un cortocircuito che tende ad associare immediatamente una relazione sentimentale tra i due, tra occhiolini, “auguri e figli maschi” ed ammicamenti più o meno discreti: è molto facile convincersi della cosa, perchè il nostro amico (metafora di molti, presunti, ipotetici ranking factor) è, per l’appunto, un amico, gli vogliamo bene e vogliamo ardentemente il suo bene. Tuttavia, è altrettanto facile prendere un abbaglio perchè, ad esempio, si tratta di una sua parente che non vedeva da vent’anni, o magari di una sua amica che – mai e poi mai -lo prenderebbe in considerazione come compagno.

Per quanto, quindi, a moltissimi piaccia trovare sottosignificati, letture colte, strutture, pattern ricorrenti, personalmente trovo l’approccio “occhiolino” alla SEO, tipico di chi crede di conoscerla meglio degli altri, molto improprio e, nella maggioranza dei casi, fuorviante. Faccio un esempio che ho a portata di mano, senza personalismi s’intende: l’articolo sulla SEO di Aranzulla, popolarissimo nel nostro ambiente in questi giorni, rischia di generare spiacevoli equivoci perchè prova – in buonafede, s’intende – a dare un ordine razionale ad un qualcosa di molto difficile da capire che, dall’esterno, si presta ad interpretazioni intuitive, che non vuol dire affatto “corrette”, quanto completamente fuori bersaglio. Io credo, in tutta onestà , che se davvero esistesse un modo per scrivere testi che si posizionano facilmente in prima pagina, qualche smanettone lo avrebbe da tempo scoperto e divulgato ai quattro venti. Lo stesso che accade con le falle informatiche di wordpress o quelle di un bancomat, ad esempio: troppo facile cedere alla tentazione, presto o tardi, di dirlo a qualcuno, piuttosto che tenere il segreto per sè per sempre. Dubito anche, con massimo rispetto per tutti s’intende, che in giro ci siano cosଠtanti esperti di semantica e linguistica, competenze davvero necessarie per un approccio del genere.

Ti sei chiesto “cosa sta cercando chi vuole trovare il sito“?

Un sito come questo, ad esempio, viene cercato primariamente da chi cerchi hosting di un certo tipo, per cui il mio target sono essenzialmente webmaster ed informatici (e neanche tutti): poi il resto, almeno in teoria, viene come conseguenza. Ma questo presupposto, per moltissime startup online (specialmente se editoriali), viene sottovalutato o del tutto ignorato. Sapere chi ci visiterà , saper accontentare le loro esigenze con pagine specifiche è fondamentale per il successo.

Se la risposta a questa domanda è tipo “che cacchio ne so“, oppure non sapete dare una risposta troppo netta, può darsi che sia necessario rivedere drasticamente topic ed organizzazione del sito.

La cinica importanza dei trend

Alcune ricerche su Google sono cicliche, e vivono dei periodi particolarmente “felici” in alcuni periodi dell’anno: un esempio potrebbero essere le ricerche di regali a dicembre, la caccia alla migliore offerta di creme abbronzanti d’estate e cosଠvia. Siamo nel periodo dei Mondiali, del resto, e moltissime ricerche, piaccia o meno, sono orientate sia sugli aspetti relativi alla competizione (formazioni, indiscrezioni, belle foto inedite o curiosità  come lo spray per delimitare la barriera utilizzato da quest’anno durante le gare).

Molti siti, da anni, in queste situazioni arrivano a forzare la propria natura, arrivando a pubblicare news che sono spesso distanti dal piano editoriale che possiedono durante il resto dell’anno: il bello, o il brutto, è che questo tipo di approccio (sotto certe condizioni) funziona bene, e riesce a procurare visite da Google spesso senza fare nient’altro. Tuffarsi nel vivo dei trend mediante hashtag popolari, ricerche molto comuni in brevi periodi e via dicendo è una strategia vincente: tuttavia lo è solo se si riesca a conciliare con la coerenza interna del sito. Il rischio, in effetti, è quello di procurarsi visite extra in gran numero ma totalmente disintessate al nostro sito (per cui, di fatto, inutili o “sprecate”).

Pensa al modello di business

Quando facciamo SEO su un sito è bene preoccuparsi fin da subito della validità  e della coerenza del suo modello di business: questo è il primo passo verso il successo, senza eccezioni. Se ignoriamo questo aspetto e ci concentriamo su pratiche tecniche della SEO (scrivere sui forum, partecipare alle community, fare link building alla meno peggio) rischiamo di andare fuori rotta e che, a lungo andare, il nostro lavoro si riveli inutile. Vale per tutti: copy, SEO, analisti, digital strategist. I comparatori di prezzo, ad esempio, sono partnership spesso vincenti per promuovere i prodotti di un e-commerce, per quanto spesso non sia banale riuscire ad esserne coinvolti gratuitamente (link a pagamento, in the most of the cases).

Valorizza sempre i backlink dall’esterno

E senza pensare subito a link esterni (forum, blog, e così via), pensiamo anzitutto ad ottimizzare il nostro sito in termini di anchor text interne, in modo da collegare per bene tutti i post del nostro sito. Se usato per bene (e con criterio), si può sfruttare un plugin di inserimento di HTML nei vostri articoli WP adatto allo scopo (SEO Ultimate, consiglio). La cosa essenziale è che i link, interni o esterni che siano, siano in qualche modo significativi per l’utente e lo aiutino, in definitiva, a trovare quello che sta cercando (vedi punto 4).

Se la SEO non va, puoi ripiegare sui social

Almeno temporaneamente, o giusto per dare l’idea al cliente che qualcosa sta cambiando, lentamente (in termini di visite al sito, quantomeno), puoi inventarti una campagna social in attesa di risalire per le chiavi di ricerca prestabilite. Tante sono le possibilità , ma un occhio a strumenti come Tribble (autopost del feed di un blog su Twitter) oppure Twuffer (un canale che uso spessissimo per programmare tweet strategici) o i vari Hootsuite e simili, certamente va dato. Non tutti sono d’accordo sull’opportunità  di usare strumenti automatici per le campagne social, ed in effetti in certi casi funziona tutto molto meglio organizzando le promozioni giorno dopo giorno.

Prepara una rete (privata) di siti affidabili, e sfruttalo per ogni consulenza

Per quanto io sia il primo a non farlo, ho riempito agende e file di appunti, siti web che danno backlink “seri”, opportunità  di backlinking e  via dicendo. Per la verità  molto tendo a pubblicarlo sul blog, per quanto in altri casi eviti di fare più che altro per contrastare l’emulazione incontrollata di certi fenomeni. àˆ bene, quindi, che anche voi abbiate una lista di siti di fiducia che possano darvi backlink di qualità  ogni volta che ne abbiate bisogno, a rotazione. Non tutti i backlink si adattano per tutti i siti, ovviamente, quindi in caso preparate più liste.

Fissa sempre una metrica di riferimento

Cosa misuriamo? Le conversioni? Perfetto! I click? OK! Ma fissate e misurate (la SEO è anche tecnica, non fatevi distrarre dal suo aspetto “artistico” o esoterico) sempre una metrica valida: per un e-commerce non serve misurare le visite, se poi non portano conversioni. Il cche non deve essere per forza il ranking su Google, ma può essere un mix di fattori tra conversioni (sempre essenziali) del sito, numero di visite, numero di ricerche per il sito rilevate dal WMT, numero di fonti di traffico differenti e via dicendo.

Non farlo, oggi nell’anno di grazia 2024, significa affidarsi letteralmente al caso.

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