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Gli hosting sono responsabili per i propri clienti?


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Di recente il Tribunale di Roma si è espresso a favore di Wikipedia, adducendo la responsabilità  dei contenuti caricati nella celebre encliclopedia online agli utenti e, di fatto, chiarendo un punto piuttosto controverso in merito al reato di diffamazione mediante internet. In linea di massima, quindi, potremmo dedurne che gli hosting provider che forniscono hardware e software per mettere online liberamente siti, forum, wiki, blog ed altro ancora non sono direttamente responsabili di quello che gli utenti ne fanno, e cosa ancora più interessante non sembrerebbero neanche tenuti a controllarne i contenuti (salvo casi chiaramente illegali, ovviamente). La questione è controversa, e non troverà  una risposta univoca per quanto, di fatto, ci siano numerosi elementi chiarificatori in più rispetto a qualche anno fa.

La questione più generale della responsabilità  dei contenuti che compaiono in rete, e dell’eventualità  del reato di diffamazione (qualora se ne verifichino le condizioni), appassiona da sempre gli utilizzatori di internet, soprattutto perchè non sembra esistere una risposta univoca a tutti i quesiti, tanto da poter spesso cambiare in termini e modi. Se io pubblico contenuto diffamatorio in italiano sfruttando un hosting in Germania, ad esempio, secondo quello che ne sappiamo la responsabilità  dei contenuti ricade su di me e non su chi, di fatto, non avrebbe mai potuto controllare. Inoltre, questo smentisce il luogo comune secondo il quale gli hosting all’esterno “preservano” nel caso in cui si vogliano realizzare siti dubbi dal punto di vista legale.

Secondo quanto confermato nell’articolo dell’avvocato Borgini su laprovinciadivarese.it, in particolare non sembra sussistere un obbligo di sorveglianza da parte degli hosting provider sulle operazioni effettuate dagli utenti (ovviamente salvo casi palesemente illeciti come, ad esempio, diffusione di materiale online protetto da diritti d’autore o illegale o relativo ad attività  illecite), e questo equivale a dire che i provider si limitano ad effettuare una “mera intermediazione tecnica” ai clienti, in modo da fornire loro esclusivamente gli spazi in cui pubblicare contenuti, senza entrare nel merito. L’articolo fa riferimento al caso, molto diffuso in effetti, delle pagine Wikipedia considerate diffamatorie, ad esempio quelle relative alla biografia di un politico e scritte non certo dai proprietari del sito bensଠda utenti, spesso non rintracciabili o identificabili se non per via di nickname ed indirizzo IP.

La cosa interessa senza dubbio i fornitori di servizi di hosting, che spesso ospitano siti cosiddetti wiki che, di fatto, sono quasi sempre aperti a tutti gli utenti (anche anonimi), con il risultato che i contenuti che vi compaiono non sono di fatto controllabili da loro. La moderazione dei forum, in effetti, risponde esattamente a questo genere di esigenze, cosଠcome (altro caso interessante) quella dei commenti sui blog.

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