Beata ignoranza: perchè scegliamo di non sapere


Per natura, tutti gli uomini hanno sete di conoscenza“: così scriveva Aristotele , nel IV secolo a.C., nella sua Metafisica. Ma allora per quale motivo tante persone, oggi, sembrano non solo essere poco desiderose di imparare o pigre, ma anche di non voler sapere consciamente determinate cose?

Voler sapere è importante (ma non è tutto)

La cultura della conoscenza e del sapere viene da sempre valorizzata da diversi ambiti e nei contesti più differenti: il potere della knowledge viene ampiamente sostenuto anche in ambito informatico, essendo alla base del progresso e dello sviluppo delle nuove soluzioni in ogni ambito. John Locke scriveva, a riguardo, su “colui che giudica senza informarsi fino in fondo, non può assolversi dall’aver giudicato male”; oggi assistiamo inermi alla diffusione quasi esasperante dei big data in qualsiasi ambito, uniti alla loro presunta capacità di prevedere il futuro, l’andamento dei titoli in borsa e via dicendo, senza dimenticare gli evergreen popolari della presunta conoscenza e divinazione: oroscopi, tarocchi e profezie di ogni ordine e grado. In tutto questo può essere utile interrogarsi su una questione di fondo: gli uomini desiderano sapere oppure preferiscono una beata ignoranza?

La risposta non è agevole ed è, in qualche modo, quasi imbarazzante: non esiste certamente una risposta valida per ogni persona, senza contare la soggettività della risposta, la relazione con le influenze sociali e con un’adeguata preparazione culturale. Ci sono persone che si rifugiano nella beata ignoranza per motivi che, tutto sommato, potremmo imparare a rispettare e comprendere più di quanto la nostra inossidabile fame di conoscenza possa suggerire. Un interessante studio pubblicato dalla American Psychological Association mette in evidenza, peraltro, ciò che da tempo si era sospettato: in alcuni casi la deliberata ignoranza su certi fenomeni o argomenti viene preferita, da un punto di vista mentale, rispetto alla conoscenza del tutto. Motivo per cui, a questo punto, a poco servirebbe lo sforzo scientifico globale per migliorare tecnologie, medicina e vita di ogni giorno se non viene affiancato da un’adeguata idea presentativa, equilibrio, correttamente comunicativa, di benessere e di serenità mentale.

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La teoria proposta nell’articolo in questione dagli studiosi Gigerenzer e Garcia-Retamero pone le basi per una possibile “teoria dell’ignoranza deliberata“: ci sono ad esempio quattro motivi per cui uno sceglie di non sapere, anche qualora il suo contrario non costasse nulla.

5 motivi per essere o voler rimanere ignoranti

La sindrome di Cassandra: temere di non essere creduto

Secondo l’antica mitologia greca, Cassandra fu dotata dal dio Apollo del potere di prevedere il futuro (la caduta di Troia, la morte del padre, l’ora della sua morte); dopo averlo fatto provò a sedurla, senza riuscirci, e fu condannata a non essere mai creduta dagli uomini. Cassandra formulava profezie che si realizzavano sul serio, e che tragicamente non venivano mai credute da chi le ascoltava.

Il primo motivo è legato al mito di Cassandra: si teme che, per intenderci, sapere troppo possa comportare l’insorgere di emozioni negative, precisamente dalla conoscenza di un futuro non roseo o inquietante a cui poi altri potrebbero non credere, ridimensionare o minimizzare. È un po’ quello che succede nel momento in cui, per intenderci, proviamo a sfoggiare le conoscenze acquisite da qualche libro che abbiamo letto e ne ricaviamo, per tutta risposta, lo scherno o il biasimo da parte di qualche conoscenze, alchè difficilmente lo faremo una seconda volta e potrebbe addirittura passarci la voglia di leggere.

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Voler mantenere il brivido dell’ignoto

In secondo luogo, scegliere di essere deliberatamente ignoranti può essere determinato dal voler mantenere e conservare le emozioni positive di suspance e sorpresa legate al non saperne nulla, il che potrebbe applicarsi addirittura – secondo i ricercatori – a possibili diagnosi di malattie gravi.

Voler mantenere lo status quo derivante dall’ignoranza

Molte persone traggono poi vantaggi strategici, almeno in potenziale, dalla non conoscenza deliberata, come quelli di status quo o di manipolazione sugli altri.

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Sentirsi (più) a posto con se stessi, senza sapere nulla

In ultimo, alcuni soggetti potrebbero, secondo questa teoria, voler restare ignoranti per mantenere una forma di malintesa “giustezza” o equità.

La teoria del rimpianto anticipato: “non voglio sapere perchè temo di pentirmene in futuro

Gli autori poi spingono oltre le possibilità, parlando di casi in cui alla base della deliberata ignoranza – ovvero la scelta di non sapere nulla su qualcosa, anche se vitale – come ad una forma di timore nei confronti del rimpianto, ovvero in previsione del rimpianto stesso. Se prevedo che mi pentirò di sapere come stanno le cose (anticipated regret, nell’articolo originale), in altri termini, non vorrò mai davver impararle – anche solo per questo motivo. 

L’articolo pone interessanti risvolti dal punto di vista della teoria della conoscenza e della psicologia sociale, per quanto probabilmente assuma che possa esistere una conoscenza perfetta: cosa che, al giorno d’oggi, in pochi di noi sembrano realmente disposti a credere. Far convinvere queste idee con la possibilità di sbagliare e di vedere le cose in maniera più flessibile è probabilmente una delle più grandi sfide mentali del nuovo millennio.

Foto di David MAITRE da Pixabay

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