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IT-Alert è suonato oggi a Roma (per i funerali del papa)

Oggi, intorno alle 13:30, molt romani hanno ricevuto sul proprio smartphone un messaggio da IT-Alert, il sistema nazionale di allarme pubblico via cellulare. Il contenuto? Nessuna catastrofe imminente, nessun rischio per l’incolumità pubblica, ma un semplice avviso di chiusura del traffico programmata alle 17:00 nell’area del Vaticano, in occasione dei funerali solenni del Papa emerito.

Il messaggio, che ha interrotto le attività quotidiane di migliaia di persone con la sua tipica suoneria penetrante e il blocco temporaneo del dispositivo, ha sollevato numerose perplessità su finalità, proporzionalità e corretto utilizzo di un sistema progettato – almeno sulla carta – per comunicazioni urgenti e salvavita.

Il suono di IT-Alert oggi ha fatto sobbalzare la Capitale, ma non per salvarla (se non dagli ingorghi di traffico). Ha solo ricordato che anche le tecnologie più avanzate, se mal governate, possono subdolamente diventare rumore. E il rumore, si sa, è il peggior nemico dell’attenzione, soprattutto in emergenza: se i cittadini tenderanno a considerare la segnalazione di poco conto, c’è il rischio che in caso di malaugurati allarmi più seri possano non prendere in considerazione nulla.

IT-Alert è basato su una tecnologia di cell broadcast, una forma di trasmissione unidirezionale che invia messaggi simultaneamente a tutti i dispositivi mobili presenti in una specifica area geografica, indipendentemente dall’operatore telefonico. Si tratta di uno strumento estremamente efficace in caso di eventi naturali come terremoti, inondazioni, o incidenti industriali: consente un’allerta istantanea, capillare e non sovraccarica le reti cellulari, come invece farebbe un SMS di massa.

Tuttavia, la forza di questa tecnologia è anche la sua debolezza se mal gestita. Quando ogni allerta è prioritaria, nessuna allerta è davvero prioritaria. Usare questo canale per una comunicazione logistica – una variazione del traffico, per quanto significativa – indebolisce la credibilità stessa del sistema e rischia di abituare la popolazione a ignorare futuri messaggi realmente critici.

Uno dei nodi centrali è il criterio con cui viene stabilito cosa merita un’allerta tramite IT-Alert. Il messaggio di oggi, per quanto motivato da ragioni di sicurezza e ordine pubblico legate a un evento eccezionale come i funerali papali, non presentava alcun pericolo immediato per la salute o la vita dei cittadini. L’informazione era utile? Sì. Critica? No.

L’uso di IT-Alert in questo contesto appare come un errore di classificazione del rischio, o peggio, come un abuso del canale per compensare carenze in altre forme di comunicazione istituzionale. Se ogni evento “straordinario” in senso mediatico diventa un’emergenza anche per il sistema di allerta, si rischia di trasformare un’infrastruttura d’avanguardia in un megafono confuso, svuotando il messaggio del suo valore.

Il vero cuore della questione è la fiducia dell’utenza. La tecnologia dietro IT-Alert funziona perfettamente. Il problema, semmai, è chi preme il pulsante, quando e perché. Come accade con tutti i sistemi di early warning, l’efficacia non si misura solo in termini tecnici, ma nella percezione dell’affidabilità da parte dei cittadini. E quella di oggi è una crepa evidente.

Serve un protocollo più rigoroso, un comitato tecnico-scientifico che decida i criteri di attivazione, e una maggiore trasparenza sulla filiera decisionale. Un sistema così invasivo nella vita digitale quotidiana delle persone non può essere lasciato alla discrezionalità comunicativa di chi deve solo “avvisare”.

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