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L’hardware in dotazione alla NASA è meno performante di quello di uno smartphone moderno

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Qualche giorno fa vi avevamo parlato del rover Perseverance della NASA, che è atterrato con successo qualche giorno fa su Marte, ed è costato 2.4 miliardi di dollari, è in realtà  alimentato da un vecchio chipset che gli fornisce, all’incirca, la stessa potenza di calcolo di un modello di iMac del 1998. Pi๠specificamente, quel dispositivo offre soli 256 MB di RAM e 2 GB di spazio di archiviazione, con un processore da “soli” 200 MHz.

Un iMac di fine anni novanta: By Alterations by David Fuchs; original by Rama, licensed CC-by-SA - This file was derived from: IMac-IMG 7043.jpg, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=98219515
Un iMac di fine anni novanta: By Alterations by David Fuchs; original by Rama, licensed CC-by-SA – This file was derived from: IMac-IMG 7043.jpg, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=98219515

Sembra incredbile, ma è proprio cosà¬. Uno smartphone di ultima generazione anche di media fascia, per intenderci, offre sicuramente più di qualcosa a livello di prestazioni ad un prezzo (ovviamente) molto basso. Cosa ancora più incredibile, un Apple Watch possiede 512MB di RAM e 8GB di spazio su disco, con un processore a 520 Mhz, tanto per capire il termine di paragone.

Eppure questa tecnologia cosଠ“vecchia”, praticamente da “boomer“, è in grado di fare questo – su un altro pianeta!

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Il dispositivo Ingenuity a bordo di Perseverance sfrutta, inoltre, un processore sorprendentemente arcaico, il Qualcomm Snapdragon 801 che molti appassionati di cellulari, probabilmente, conosceranno pure almeno da qualche anno (gli Snapdragon sono considerati da sempre tra i migliori system-on-a-chip prodotti dalla Qualcomm). Sebbene sia stato equipaggiato dalla NASA per consentire al drone spaziale di atterrare sul pianeta Rosso, il chipset in questione si trovava comunemente negli smartphone di metà  anni 2010, tra cui ad esempio i modelli Samsung Galaxy S5, LG G3 e HTC One M8. Certo è che, se possiamo sentirci particolarmente soddisfatti di portarci in tasca un dispositivo più potente di quello usato per le missioni spaziali, è anche vero che non abbiamo certo a disposizione il team dei cervelloni della NASA…

La piattaforma Snapdragon Flight, annunciata nel 2015, è dotata di una CPU da 2,26 GHz ed è in grado, cosa fondamentale per la funzionalità  della missione, di acquisire video in risoluzione 4K. I voli che saranno realizzati, peraltro, saranno in grado di salire fino a circa 16 piedi in aria e dureranno fino a 90 secondi, stando a quanto ci riferisce la NASA. Ma perchè è stata fatta questa scelta?

C’è un motivo se le cose stanno cosà¬, e non si tratta di essere appassionati di retro-computing: gli ingegneri aero-spaziali tendono infatti a sfruttare componenti estremamente collaudati, in modo da ottenere la massima affidabilità  e considerando che, una volta nello spazio, mandarlo ad un centro assistenza (che sia un Apple Store o una “Clinica iPhone”, tanto per fare un esempio ironico) sarebbe alquanto difficile da raggiungere. Di fatto, preferiscono affidarsi a dispositivi un po’ più vecchi sui quali sanno di più, eccezioni e failure potenziali inclusi, di quanto non sappiano su chipset più moderni e, per forza di cosa, meno collaudati. La cosa essenziale è che la tecnologia “serva” allo scopo, ed è questa l’ottica forse più affascinante in assoluto di tutta questa storia.

Il tutto pone le condizioni per una considerazione secondo me interessante: se partiamo dal presupposto che dei tecnici e degli ingegneri altamente specializzati ritengano, consapevolmente (e a ragione, a quanto pare), di dover utilizzare hardware non recentissimo quanto considerato, alla prova dei fatti, più affidabile di quello di ultima generazione, è dovuto ad una serie di considerazioni che potrebbero valere anche per noi. Anzittutto valutare l’effettiva funzionalità  della tecnologia: in un mercato dettato dall’usa e getta e da note tecniche di obsolescenza programmata, non sempre i dispositivi di ultima generazione vanno bene per tutti, ed il grande successo sul mercato dei ricondizionati (ad esempio iPhone) pone una prospettiva di acquisto e di mercato interessante anche per chi, ad esempio, non avesse abbastanza soldi per comprarsi un iPhone o un Mac di ultimissima generazione.

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Molti di questi dispositivi, ammesso che siano ancora aggiornati (che non sia scaduto il “tempo di vita” massimo per gli aggiornamenti) e che non siano più vecchi di 5 o 6 anni, possono ancora riservare gradevoli sorprese per i consumatori. E anche se non ci porteranno mai su un altro pianeta – almeno, per quanto ne sappiamo oggi – possono riservare piacevolissime sorprese ed aiutarci ad una tecnologia più sostenibile, vivibile ed utile per la vita di ogni giorno (Image credit: NASA/JPL-Caltech, fonte dei dati: PCMag).

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