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Ritrovare i defunti nella realtà  virtuale: in Korea del Sud si può.

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Da decenni la fucina cinematografica di Hollywood invade i nostri schermi di film in cui i protagonisti, in un modo o in un altro, riescono ad entrare in contatto con i loro cari defunti. Non c’è genere cinematografico – dall’horror al commedia – in cui non sia stata proposta in tutte le salsa la possibilità  di ritrovarsi con gli estinti, ora utilizzando fantascientifici ritrovati tecnologici, ora ricorrendo alla magia. In Korea del Sud, però, l’emittente televisiva MBC è andata oltre e, grazie alla tecnologia della realtà  virtuale e ad un team di esperti in computer grafica e animazione 3D è riuscita a “ridare vita” a dei defunti per farli reincontrare con i propri cari.

“I met you”: il programma TV per ritrovare i defunti

Lo strano (ed eticamente discutibile) format messo in scena dalla Tv sudcoreana MBC nel programma “I met you” (ti ho incontrato), se da un lato affascina dall’altro sconcerta.I met you” è un documentario con un alto tasso di “spettacolarizzazione dei contenuti” in cui viene spiegato e dimostrato come sia ormai possibile dare una “nuova vita” digitale a persone passate a miglior vita.

Grazie all’utilizzo delle più sofisticate e moderne tecnologie di realtà  virtuale e all’ingegno e dedizione di un team di specialisti dell’animazione grafica, nella serie di documentari in onda dal gennaio 2020, alcune persone che hanno subito la dolorosa perdita di cari, hanno potuto reincontrarli in un set virtuale e interagire con il loro avatar.

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Partendo da foto, video e tracce audio di una persona defunta, i grafici dell’emittente sudcoreana sono in grado di ricosturire nei minimi particolari le fattezze dei trapassati, la loro voce, il loro abbigliamento preferito e i loro modi di muoversi, gesticolare e interagire con gli altri. Il risultato, come possiamo vedere nel video di seguito, è tecnologicamente impressionante anche se, almeno per molti di noi occidentali, sconcertante dal punto di vista etico.

Nel video sono riportate le immagini di una mamma che ha potuto nuovamente incontrare in un ambiente familiare completamente ricostruito in digitale la sua  bambina morta quattro anni prima a causa di una malattia del sangue.

Come vengono realizzati gli avatar

Per la realizzazione dei video trasmessi nel programma “I met you” vengono utilizzate le migliori tecnologie prese in prestito sia dall’arte cinematografica che dall’industria vidoludica per un risultato di altissimo realismo.

L’avatar dei defunti viene ricostruito innanzitutto utilizzando un attore di taglia simile a quello da riportare in vita a cui viene fatto indossare una speciale tuta ricoperta di sensori capaci di registrare i movimenti dell’attore. Con la stessa tecnica di grafica digitale, da oltre venti anni, nei film di fantascienza, horror e fantasy vengono creati personaggi immaginari difficilmente interpretabili con i classici e ormai obsoleti costumi di scena: pensiamo a Gollum e agli orchetti de “Il Signore degli Anelli” o agli alieni blu del film “Avatar”, sono stati tutti realizzati con questo tipo di tecnologia chiamata motion capture.

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Una volta raccolti dati cinetici a sufficienza dagli attori in carne e ossa (e per fortuna vivi), i grafici della MBC hanno ricostruito il volto e le caratteristiche somatiche dei defunti da interpretare con cui “vestire” gli avatar. A questo punto il “personaggio” è pronto per essere immerso in un’ambientazione familiare, ricostruita scansionando le abitazioni e i luoghi tipici in cui la persona da “resuscitare” ha realmente vissuto. Per finire, estrapolando la voce reale del defunto da tracce audio e video fornite dai parenti, l’avatar potrà  anche affrontare dialoghi con i cari con i quali verranno fatti interagire.

I parenti “vivi” che a loro volta verranno fatti incontrare con l’avatar del defunto, dopo essere stati muniti di speciali occhiali per la visione di immagini in realtà  virtuale, verranno messi in una stanza monocroma in cui verrà  ricostruito digitalmente l’ambiente in cui avverrà  l’incontro.

Tutto il resto è facilmente intuibile: la persona in carne e ossa incontrerà  l’avatar del defunto, parlerà  con esso, proverà  a toccarlo e ad interagire con la figura in digitale e questa reagirà  ai movimenti e alle domande del familiare.

L’ultimo confine del trash o uno strumento utile per elaborare il lutto?

Probabilmente la domanda che ci siamo appena posti non ha una sola risposta: tanti di noi pagherebbero per poter ritrovare un loro caro anche se solo in “formato digitale”, altri non vorrebbero neanche sentirne parlare. Ciò che è certo è che la spettacolarizzazione del lutto pone degli interrogativi etici su cui forse sarebbe giusto soffermarci. Sà¬, perchè il problema crediamo non risieda tanto nella tecnologia in sà© e sul modo in cui è stata utilizzata ma sul fine meramente “spettacolare” cui è stata destinata. Si può fare audience sul dolore della gente? Si può mettere in piedi uno spettacolo strappalacrime che acuisce dolori mai sopiti per effiemeri momenti di ricongiunzione virtuale con un defunto? Lo show business non dovrebbe fermarsi difronte a tali leciti interrogativi?

E’ vero, l’emittente MBC è Koreana e in quella parte del mondo profondamente animista (nel senso religioso del tempo) e contemplativa, l’elaborazione del lutto avviene in maniera molto diversa rispetto a quanto avviene in occidente. Siamo quindi sicuri che mentre in Korea il programma “I met you” viene accettato e seguito, sui nostri schermi “occidentali” mai vedremo simili programmi. Ma il dubbio che l’uomo stia spingendo la tecnologia molto oltre i limiti entro cui dovrebbe restare confinata continua a resta forte in noi.

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Saverio

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