Nel 2004 John Quincy St. Clair deposita un brevetto per un “sistema di teletrasporto del corpo intero” (US20060071122A1), che descrive un metodo per teletrasportare un essere umano attraverso l’iperspazio utilizzando onde gravitazionali pulsate (patents.google.com). Tuttavia, è importante comprendere che l’esistenza di un brevetto non implica necessariamente la realizzazione pratica o la fattibilità dell’invenzione descritta. Un brevetto garantisce al titolare un diritto esclusivo di sfruttamento di un’idea o invenzione per un determinato periodo e territorio, ma non certifica che l’invenzione funzioni o sia stata costruita.
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Nel caso specifico, non esistono evidenze che il sistema di teletrasporto descritto sia stato effettivamente realizzato o che sia tecnicamente fattibile con le conoscenze scientifiche attuali. St. Clair è noto anche per altri brevetti insoliti, come un “sistema di addestramento per attraversare i muri” (US20060014125A1), il che suggerisce che le sue proposte siano più speculative che basate su prototipi funzionanti.
Sì, John Quincy St. Clair ha brevettato una macchina per il teletrasporto: ma ecco come stanno davvero le cose.
Bufala o realtà? Il brevetto in oggetto esiste davvero, ma va contestualizzato e capito prima di entusiasmarsi troppo.
Il mondo dei brevetti è popolare in Italia soltanto per pochi “addetti ai lavori“,ed è tecnicamente noto come proprietà industriale regolamentata da un’apposita legge emanata per l’ultima volta nel 2005. Il brevetto, di per sè, è un concetto giuridico in forza del quale al titolare viene conferito un diritto esclusivo di sfruttamento di una certa invenzione, in un territorio e per un periodo ben determinato; esso garantisce un’esclusiva di utilizzo, dipende dalla legislazione territoriale e, almeno ad oggi, esistono degli ambiti in cui non sembrerebbe applicabile (es. brevettabilità del software in Europa).
In questo ambito Google si è dimostrata piuttosto attrezzata dal punto di vista tecnologico: ha infatti creato Google Patents, un sito che contiene archiviati diversi milioni di brevetti da tutto il mondo, quasi sempre in formato PDF scaricabile gratuitamente.
Questa invenzione è un sistema che teletrasporta un essere umano, attraverso l’iperspazio, da un luogo all’altro, il tutto sfruttando un’onda gravitazionale pulsata che viaggia attraverso esso. (abstract del brevetto, 2004)
In altra sede si scrive che il brevetto tutela un sistema generatore di wormhole a onde gravitazionali pulsate che teletrasporta un essere umano attraverso l’iperspazio da un luogo all’altro. Roba da far pensare quasi al viaggio psichedelico dell’astronauta in 2001 Odissea nello spazio, che rientra nei dispotivi classificati come Unconventional spacecraft propulsion systems (sistemi spaziali a propulsione non convenzionale), insomma, un gran casino di nomi, sigle, formule matematiche e concetti che ai più risulteranno astrusi. Dietro il brevetto la figura di John Quincy St. Clair, che è l’autore accreditato di questo brevetto nello specifico. Lo stesso che, per inciso, è molto noto per aver brevettato cose tipo una macchina per permettere alle persone di attraversare i muri (Walking through walls training system).
Va chiarito fin da subito che, per sua stessa natura, un brevetto non corrisponde necessariamente ad un’invenzione concreta o esistente: semplicemente, posso brevettare un’idea perchè la legge mi permette di farlo. Questo per inciso porta ad abusi ben noti nell’ambito farmaceutico, dove molti indicano la possibilità di brevettare come un motivo o una scusa per aumentare sempre di più i prezzi. Il fatto che esista un brevetto per il teletrasporto, per quanto dettagliato, non vuol dire che una macchina per il teletrasporto sia stata realizzata, in sostanza.
D’altro canto molte aziende, fiutando la possibilità di fare affari o speculazione, hanno iniziato ad occuparsi di brevetti e alla loro monetizzazione: il tutto addirittura quasi ignorando la tecnologia, l’ingegneria e la conoscenza che di per sè dovrebbe solo tutelare il lavoro altrui da possibili usi impropri. Il numero di brevetti concessi nei paesi industrializzati è aumentato in maniera spaventosa negli ultimi anni, tanto che si ritiene che possa essere paragonabile ad alte bolle finanziarie speculative e che, soprattutto, possano ripresentarsi periodicamente.
Non vogliamo banalizzare con un prosaico “è tutto un magna-magna“, ma di sicuro l’aspetto speculativo dei brevetti a livello mondiale, per non parlare delle implicazioni a livello internazionale e la questione sulla brevettabilità (molto diversa a livello normativo tra USA ed Europa, ad esempio), apre uno scenario che dovrebbe andare molto al di là dell’atteggiamento complottistico sulla falsariga de “ci tengono nascosto questo ben di Dio”. Lo ribadiamo: l’esistenza di un brevetto non implica che la “cosa” brevettata esista, possa esistere o si possa realizzare ingegneristicamente parlando. Significa solo, più semplicemente, che chi ha brevettato aveva i soldi da investire per farlo, quali che siano stati i veri motivi.
Il valore del brevetto va quindi collato nella giusta dimensione: un brevetto non è un articolo scientifico, il quale rappresenta un dato scientifico replicabile e verificabile. Resta da capire qualcosa in più sul nome di John Quincy St. Clair, senza dubbio, cosa che sembra difficile da fare su un web scarno di informazioni non troppo documentate in merito, se non le consuete illazioni e teorie che probabilmente avrete già avuto modo di leggere.
Quindi il fatto che esista un brevetto su una macchina per il teletrasporto (o per permetterci di attraversare i muri, come accennavamo all’inizio) va chiarito in questi termini, a nostro avviso evitando i toni “miracolistici” di chi vuole per forza vederlo modello “I want to believe“, come un miracolo della scienza magari tenuto nascosto da volontà occulte.
In sintesi, sebbene il brevetto per un sistema di teletrasporto esista, non vi sono prove che tale tecnologia sia stata sviluppata o sia attualmente possibile. L’esistenza di un brevetto riflette l’idea dell’inventore, ma non ne garantisce la realizzazione pratica.
Il teletrasporto, inteso come trasferimento istantaneo di materia, rimane al momento un concetto relegato alla fantascienza. Tuttavia, nel campo della fisica quantistica, il “teletrasporto quantistico” è una realtà sperimentale consolidata. Questo fenomeno consente la trasmissione dell’informazione sullo stato quantistico di una particella a un’altra particella distante, senza trasferire fisicamente la particella stessa.
Il teletrasporto quantistico si basa sul principio dell’entanglement, una proprietà per cui due particelle condividono uno stato comune indipendentemente dalla distanza che le separa. Quando una misura viene effettuata su una delle particelle entangled, lo stato dell’altra particella viene immediatamente determinato, permettendo così la trasmissione dell’informazione quantistica.
Negli ultimi anni, sono stati compiuti significativi progressi in questo campo. Esperimenti hanno dimostrato il teletrasporto quantistico su distanze sempre maggiori, sia in laboratorio che attraverso reti quantistiche. Ad esempio, nel 2017, un team di ricercatori cinesi è riuscito a teletrasportare fotoni entangled tra una stazione terrestre e un satellite in orbita, coprendo una distanza di oltre 1.200 chilometri.
Questi sviluppi aprono la strada a potenziali applicazioni nella comunicazione quantistica sicura e nel calcolo quantistico distribuito. Tuttavia, è importante notare che il teletrasporto quantistico riguarda la trasmissione di informazioni sullo stato quantistico e non implica il trasporto di materia o persone. La realizzazione di un teletrasporto di oggetti macroscopici o esseri umani rimane, al momento, al di fuori delle possibilità offerte dalla scienza attuale.
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In sintesi, mentre il teletrasporto come comunemente inteso è ancora un concetto teorico, il teletrasporto quantistico rappresenta un’area di ricerca attiva e promettente, con implicazioni significative per le tecnologie future.
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