Un giorno tutti i siti chiuderanno 🚨

un giorno tutti i siti web chiuderanno. Perché tanto si farà tutto con l’intelligenza artificiale. E a quel punto Google chiuderà, lo stesso Bing, e rimarranno solo i motori di ricerca che propongono informazione rapida e sciocca.

È chiaramente una provocazione.

Un futuro senza web

Internet non è il web, i social non sono internet, o se preferite: internet è l’infrastruttura globale di reti connesse tra loro (cavi, router, protocolli come TCP/IP) che consente lo scambio di dati a livello mondiale. Il Web (World Wide Web), al contrario, è solo uno dei servizi che viaggia su questa infrastruttura: è l’insieme di pagine e contenuti accessibili via browser tramite il protocollo HTTP/HTTPS.

L’idea che un giorno tutti i siti web possano sparire perché basterà rivolgersi a un’intelligenza artificiale per ottenere ogni tipo di informazione nasce da un equivoco: si confonde il contenuto con l’interfaccia. Se è certo che sempre più persone consultano ChatGPT e strumenti simili anziché visitare direttamente una pagina, non è altrettanto vero che i siti possano scomparire. Spieghiamo il perché.

  1. Le IA hanno bisogno dell’open web

    I grandi modelli linguistici come ChatGPT si nutrono dei testi prodotti da blog, giornali, forum, saggi accademici. Se tutti i siti chiudessero, l’IA resterebbe senza dati aggiornati per addestrarsi. In termini pratici, un’intelligenza artificiale è in grado di generare frasi coerenti e rispondere a domande complesse perché nel suo “cervello” ha miliardi di frasi pescate dal web. Tagliare alla radice questa fonte significherebbe affamare il modello: in poco tempo l’IA inizierebbe a ripetere risposte obsolete o incongrue.
  2. Il ruolo insostituibile dei siti web

    Quando cerchiamo informazioni tecniche, guide passo-passo o approfondimenti specialistici, spesso abbiamo bisogno di testi strutturati, con esempi pratici e confronti critici. Un sito dedicato a un linguaggio di programmazione, a una malattia medica o a una cultura popolare offre un’organizzazione del sapere, un contesto e una profondità che una singola risposta generata dall’IA non può sostituire totalmente. Pensate a un tutorial che illustra i passaggi per riparare una bicicletta: la componente visiva, il passo-passo dettagliato e i commenti degli utenti possono fare la differenza tra riuscire o meno nell’impresa.
  3. Motori di ricerca vs. motori di generazione

    Google e Bing non sono soltanto motori di repertorio: negli anni hanno aggiunto video, mappe, valutazioni, recensioni, strumenti di confronto prezzi, e molto altro. Se domani un’IA ci dicesse “ecco la risposta” senza mostrarci il link alla fonte originale, perderemmo il contesto, le prove, i metadati. Non possiamo eliminare la catena di verifica. Se un lettore vuole verificare la fondatezza di un fatto (chi ha scritto l’articolo, quali sono le fonti primarie, se c’è un conflitto di interessi), l’IA da sola non basta: occorre poter andare a ritroso, ricontrollare chi ha scritto, chi ha pubblicato, come sono nate certe informazioni. Questo non è qualcosa che si può semplificare in una sola risposta “istantanea”.
immagine generata con IA ( DELL E )

La trappola della comodità “pigra”

Usare l’IA per ricerche di base può sembrare più veloce: invece di digitare “come si fa la pasta alla carbonara” e aprire dieci pagine, basterà scrivere “fai la carbonara” e attendere la ricetta. Tuttavia:

  • L’approfondimento si perde. Aprire dieci siti significa confrontare versioni diverse: la ricetta tradizionale napoletana vs. la versione romana, i consigli sul guanciale migliore, le critiche sulle varianti con panna. Con un’unica risposta generata, tutte queste sfumature rischiano di scomparire.
  • Il rischio dell’errore. Un modello di IA può confondere proporzioni, dimenticare un ingrediente chiave o banalizzare i passaggi. Se l’unica fonte di verità diventa l’IA, chi controllerà l’accuratezza delle informazioni? Un sito web ben fatto, con un autore riconosciuto e commenti di altri utenti, offre più garanzie di correttezza.
  • L’effetto a catena sui creatori di contenuti. Se nessuno visita più un sito, gli autori non guadagneranno più nulla. Clic, pubblicità e abbonamenti alimentano blog, testate giornalistiche indipendenti, portali specialistici. Senza entrate, chi scrive o crea video perderà stimolo a produrre contenuti originali. E ciò significa meno diversità di opinioni, meno inchieste giornalistiche, meno cultura libera.

I futuri assetti dell’informazione online

  1. Un ecosistema ibrido

    È probabile che convivano tre livelli principali:
    • Risposte istantanee: generate dall’IA e integrate, magari, nel box di ricerca. Utile per definizioni rapide, traduzioni, calcoli o semplici curiosità.
    • Siti specializzati: portali di settore, blog di nicchia, riviste digitali, dove l’utente può approfondire, confrontare punti di vista diversi e trovare risorse aggiuntive (video, PDF, webinar).
    • Community interattive: forum, gruppi di discussione, canali social, dove la condivisione di esperienze e opinioni resta insostituibile. Se domani LinkedIn o Reddit smettessero di ricevere traffico, gli utenti perderebbero lo spazio per dibattere, porre domande aperte e ricevere risposte in tempo reale da pari competenti.
  2. La rinascita di un web “a pagamento”

    Alcuni siti potrebbero adottare modelli a sottoscrizione premium: consulenze personalizzate, analisi specifiche, report approfonditi. La gratuità, basata sulla pubblicità, è già stata messa alla prova dal blocco degli adblocker e dalle normative sulla privacy. Un utente che paga avrà in cambio garanzie di qualità e aggiornamento costante, un’alternativa all’oceano di risposte semplificate offerte dalle IA gratuite.
  3. Maggiore trasparenza nell’addestramento dei modelli

    I creatori di IA dovranno trovare sistemi per attestare da quali fonti vengono prese le informazioni, come vengono filtrate, corrette, aggiornate. Un registro delle fonti, una blockchain del contenuto, o un sistema di watermarking dei dati potrebbero diventare standard. Solo così sapremo che la ricetta per la carbonara proposta da un modello proviene effettivamente da un ricettario certificato e non da una pagina scritta da un dilettante.

La contraddizione più grande

Detta in modo più ampio: stiamo già vivendo una contraddizione di fondo. Usiamo ChatGPT per scrivere post, articoli e risposte — e nel frattempo lamentiamo che l’IA rischia di uccidere i siti web. Ma se non ci fossero più siti, l’IA stessa non saprebbe più cosa produrre. È un circolo:

  • Più usiamo l’IA per informarsi, meno visitiamo i siti.
  • I siti perdono risorse, riducono la produzione di contenuti.
  • I dati da cui l’IA apprende diventano scarsi e obsoleti.
  • L’IA offre risposte sempre meno accurate, svuotando il suo valore.
  • A quel punto, l’utente (nella speranza di trovare un’informazione migliore) torna a cercare direttamente le fonti originali… se ancora esistono.

In questo senso, parlare di una “giornata zero” in cui tutti i siti chiudono è una forzatura. Meglio considerare un futuro di convivenza e ridefinizione dei ruoli.

Preservare un ecosistema vitale

Piuttosto che temere la “fine di Internet” per colpa dell’IA, conviene spostare l’attenzione su come mantenere vive le fonti informative:

  1. Incentivare la creazione di contenuti di qualità: progetti editoriali indipendenti, collaborazioni tra giornalisti e ricercatori, fondi per i blogger professionisti. Se un creatore sa di poter contare su un sostegno economico, continuerà a pubblicare risorse utili.
  2. Chiedere trasparenza alle piattaforme IA: quando mostri una risposta, indica da quali documenti proviene, con link e date di pubblicazione. Così potremo valutare la bontà dell’informazione.
  3. Educare l’utente: non tutti i quesiti si risolvono con un’unica risposta. Imparare a riconoscere la differenza tra “sintesi” e “analisi approfondita” è una competenza digitale fondamentale.

Insomma, i siti web non chiuderanno, a meno che non smettano di essere necessari. Ma fintantoché esisteranno curiosità, approfondimenti, inchieste e dibattiti, il web vivrà—e l’IA, in definitiva, sarà solo lo strumento che facilita l’accesso ai contenuti, non il loro sostituto assoluto.

E la contraddizione più palese sapete qual’è? Che questo articolo è stato quasi interamente scritto con una IA.