Sulla carta FTX era uno dei modi più semplici per comprare e vendere criptovalute, le cui cose erano andate benone fino a qualche tempo fa: un exchange (mercato di scambio per la compra-vendita) di criptovalute che, alla prova dei fatti, si era mostrato apparentemente solido, eticamente impeccabile e molto vicino a vari ambienti politici democratici degli USA.
Il suo CEO Samuel Bankman-Fried ha inaspettatamente invertito la rotta: dopo i primi rumors relativi all’insicurezza della società da un punto di vista finanziario, si è scoperto un enorme buco all’interno del suo capitale, dovuto a (grandi quantità di) soldi che venivano ritirati dall’investimento lasciando scoperto il capitale. A quel punto era diventato inutile nascondersi: FTX dichiara bancarotta, nonostante qualche giorno prima avessero sostenuto l’esatto contrario.
Ad oggi, FTX ha bloccato i prelievi e non sembra possibile operarci per nessuno dei suoi migliaia di investitori distribuiti in tutto il mondo, di cui buona parte negli USA. È notizia recente la stipula di un accordo con la società Tron per consentire, mediante procedura specifica, il trasferimento di criptovaluta TRX, BTT, JST, SUN, HT a wallet esterni, e tale funzionalità è stata abilitata dalle 18:30 UTX del 10 novembre 2022. Se non altro qualcuno potrà provare a salvare il salvabile, anche se il danno rimane sostanziale e mette in discussione, più che il concetto di criptovaluta in sè, quello dell’exchange. Fermo restando che le criptovalute sono strumenti di investimento ad alto rischio, ma qui il problema sembra ulteriore e vale la pena approfondirlo, a nostro avviso.
Che cos’è un exchange? Un exchange è un mercato di scambio tipicamente virtuale per la compra-vendita di criptovalute, dove posso acquistare varie criptomonete, identificate da un codice a tre lettere (BTC per bitcoin, ad esempio, ETH per Ethereum e via dicendo) pagandole con carta di credito o bonifico bancario al sito gestore. Questo genere di società offrono la gestione di una blockchain e la possibilità di accedere a più cripto in modo integrato, senza necessità di dover installare nient’altro e senza dover avere più wallet per ogni criptovaluta. Lo svantaggio principale, nonchè il rischio degli exchange, è che se dovessero fallire o chiudere non c’è più modo di effettuare prelievi di quanto abbiamo acquistato.
A nulla è valso il tentato recupero dell’investimento da parte di Binance (che si è tirata indietro last minute) e di Sequoia Capital, una società di venture capital che avrebbe dovuto investire 214 milioni di dollari per salvare la società e che ha deciso di mollare la presa. La sorte della società sarà stabilita da un curatore fallimentare, mentre Bankman-Fried (uno dei giovani più ricchi al mondo, almeno fino all’altro ieri) rischia di perdere quasi del tutto il proprio capitale di, si stima, circa 24 miliardi di dollari. Un colpo ancora più duro se si pensa che a FTX erano collegati piani pensionistici e fondi speculativi, la cui caduta finirà per avere ripercussioni nel prossimi futuro anche in quell’ambito.
Che cosa è successo?
Come risultato della bancarotta dichiarata, bisognerà vedere cosa succederà in seguito alle decisioni, in USA, del curatore fallimentare. Plausibilmente tutti gli investitori potrebbero aver perso i rispettivi investimenti, che risultano ad oggi bloccati e per cui non si può nè prelevare nè movimentare la criptovaluta in alcun modo.
Molti analisti del settore (da JPMorgan a Moody’s) sono stati chiari a riguardo: con FTX sull’orlo del collasso, si teme un effetto domino in negativo sulle altre criptovalute. Personalità come Fadi Massih di Moody’s Investors Service, inoltre, hanno posto l’accento sulla mancanza di controlli e sulla sostanziale opacità del settore cripto, che – facilitando le strategie finanziarie più rischiose, espongono varie aziende ad una specie di profezia che si autoavvera, per cui le voci di scarsa liquidità possono condizionare le scelte future.
Tecnicamente parlando, FTX non è (solo) una criptovaluta, ma un exchange di criptovaluta: non un wallet di criptovaluta, pertanto, o almeno non solo quello. Sembra una cosa di poco conto ma non lo è, e non distinguerli non aiuta a capire bene quello che è successo. La differenza tra wallet ed exchange è fondamentale: un wallet è un portafoglio che posso gestire da solo, io utente, col mio cellulare,, con una app ed una firma digitale forte, mentre un exchange è un software controllato da terzi per cui, a volte, è possibile subire operazioni arbitrarie come il blocco del conto o dei prelievi, senza un motivo per forza valido. Gli exchange hanno grande popolarità perchè i wallet sono, ad oggi, abbastanza difficili da usare: sono facili da essere sottratti, sono esposti a rischi di sicurezza informatica, richiedono che l’utente sappia maneggiare e sia consapevole della forza della crittografia. Tutte semplificazioni che gli exchange hanno introdotto i materia per attrarre più investitori medi e piccoli, e che oggi viene a mostrarsi in tutto il suo lucido orrore finanziario. Vero, erano facili da usare, ma un wallet classico di BTC non potrebbe mai avere il controllo dei tuoi soldi, per cui la gestione decentralizzata è falsa e, di fatto, gran parte di questi strumenti opera in questa direzione e con modalità spesso non trasparenti, a volte cambiando le regole in corsa.
Tanto più che se dovesse essere vera la voce secondo cui esisteva una backdoor, all’interno di FTX, che avrebbe permesso ai wallet integrati nell’exchange di effettuare trasferimenti senza nemmeno notificarlo ai proprietari, per cui diversi milioni (600, secondo questa stima) di dollari sarebbero stati prelevati in extremis poco prima del tracollo, è chiaro che si può parlare di tentativo di hackeraggio interno, o comunque una qualche forma di abuso. Ma non in senso tradizionale, che “sono stati gli hacker” a fare il danno (ci guardiamo bene dal sostenerlo, dato che nessuno ne sa nulla): bensì che qualcuno ha approfittato di una feature del software di gestione, abusando della propria posizione amministrativa e concretizzando la teoria economica delle asimmetrie informative: chi guadagna nel mercato speculativo lo fa perchè, di fatto, possiede più informazioni degli altri e mantiene segretezza su quelle stesse informazioni.
Criptovalute come Ethereum, Bitcoin e via dicendo sono da sempre esposte al rischio svalutazione del mercato, essendo basate puramente su domanda ed offerta ed essendo, per loro stessa natura, P2P o decentralizzate. Ma qui il problema non sembra tanto questo, se non per l’effetto domino di cui sopra: se è vero che l’exchange era gestito in modo poco equo, e anche ammesso che ci fosse una falla informatica da accertare all’interno del sistema, rimane la considerazione che si tratti del momento Lehman per le cripto: quanto successo (la bancarotta improvvisa) è la stessa cosa che ha subito la banca Lehman Brothers nel 2008, quando le criptovalute non c’entravano nulla (fu la crisi indotta dal mercato degli immobili) e molto di più contava, all’epoca, la volontà di fare investimenti rischiosi alle spalle degli investitori.
Appare quantomeno fuorviante leggere titoli come “il crollo dell’impero delle criptovalute“, scelti da molti giornali in merito, senza contare i tappi di spumante che sono saltati in varie redazioni economiche, di per sè ostili alle criptovalute in generale e da tempi non sospetti. La nostra idea in merito è abbastanza chiara: se è probabile che nessuno saprà mai al 100% ciò che è successo (la asimmetria informativa sopravviverà al tempo, plausibilmente), è altrettanto possibile che questa storia possa svalutare e togliere di mezzo tanti investitori nel mondo delle cripto. Ma deve essere chiaro, quantomeno, la distinzione tra wallet di criptovalute e exchange, il potere della conoscenza dovuto all’impostazione per cui, in troppi casi, gli exchange si sono fatti prendere la mano nel gestire soldi altrui. Exchange e wallet sono spesso usati come sinonimi ma per errore, come abbiamo visto, e in un mondo di soli wallet senza exchange ci sarebbero altri problemi, ma forse (ci viene da pensare) non questi.
Chiarito questo, si faranno le opportune considerazioni nelle sede più idonee, e rimarrà lo stesso l’amaro in bocca per come sono andate le cose per tanti investitori che hanno perso letteralmente tutto, qualche giorno fa.
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