La musicassetta, negli anni, si è rivelata essere un dispositivo molto più versatile e rivoluzionario di come potrebbe sembrare.
Si è spento il 6 marzo (ma la notizia è stata comunicata dalla famiglia solo ieri), all’età di 94 anni, Lou Ottens, ingegnere di lungo corso della Philips che negli anni ’60 progetto un oggetto divenuto presto caro a tutti coloro nati almeno fino alla prima metà degli anni ’80: la musicassetta.
La sua invenzione – una semplice scatolina di plastica con all’interno una bobina di nastro magnetico di varie lunghezze in base al minutaggio necessario – non ha solo rivoluzionato “il mezzo” con cui vendere la musica ma anche il modo di usufruirne poichè con le musicassette la musica diventò “portabile” e personalizzabile in “playlist”. Sà¬, perchè mentre i dischi in vinile erano dei supporti abbastanza ingombranti, fragili e non rescrivibili, le musicassette avevano un formato tascabile, erano praticamente indistruttibili (l’unico appunto “tecnico” su cui si può fare rilievo è che il nastro, dopo diversi anni di onorato servizio, tende a smagnetizzarsi) e, soprattutto, era rescrivibile a piacere.
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Ecco cosଠche qualunque ragazzo degli anni ’70 e ’80 poteva andare in cartoleria o in tabacchino e acquistare la sua musicassetta “vergine” della durata che gli interessava e, grazie ai comuni stereo a doppio mangianastri, poteva eseguire una compilation di brani registrati su altri supporti (altre musicassette, dischi, direttamente dalla radio oppure, più tardi, dai CD) e riportare sulla cassetta la propria personale “playlist”.
L’autoradio e il walkman
Ma non finisce qui: grazie all’innovativo supporto creato da Ottens, si vennero a perfezionare due dispositivi che rivoluzionarono la tecnologia e i costumi, l’autoradio e il walkman. Gli autoradio esistevano già da qualche decennio ma si limitavano a riprodurre le trasmissioni delle stazioni radiofoniche. Nel 1968, invece, la Philips (stesso produttore per cui lavorava Ottens), immise sul mercato la prima autoradio in grado di leggere le musicassette, cambiando l’approccio dei giovani al viaggio, alle gite in compagnia, alla vita sociale: da quel momento chi usciva in macchina per le occasioni di svago non dava importanza solo all’abbigliamento da indossare e al taglio di capelli ma anche alla musica da portarsi dietro per fare bella figura con gli amici, con le ragazze e per affermare la propria identità o l’appartenenza ad un movimento culturale.
Un decennio dopo, nel 1979, dal Giappone arrivò il primo walkman, prodotto dalla Sony. Questo apparecchio, poco più grande delle stesse musicassette, tascabile e funzionante con comuni pile stilo, permetteva di ascoltare in cuffia la propria musica indisturbati (e senza disturbare gli altri) in qualsiasi momento della giornata e in ogni luogo. Il successo fu immediato e straordinario e, in fondo, non è mai caduto in disuso, semplicemente si è trasformato adattandosi ai tempi, prima “sposando” la tecnologia del CD e poi diventando l’odierno lettore MP3.
Quanto ha influito sul mercato musicale e non l’introduzione della musicassetta?
Enormemente, nel bene e nel male!
Partiamo “dal bene”: innanzitutto la cassetta, come già detto, era enormemente più maneggevole e robusta dei dischi in vinile. Ma era anche più economica poichè più facile da incidere: i costi di incisione dei dischi erano esorbitanti poichè tale processo avveniva tramite la creazione “fisica” dei solchi in cui era “inscritta” la musica sul vinile, questa fase richiedeva una notevole quantità di energia e sottoponeva le apparecchiature che producevano i dischi a continue usure e interventi manutentivi. La musicassetta, invece, veniva incisa tramite un procedimento magnetico che causava meno usura nelle apparecchiature che, a loro volta, utilizzavano meno energia ed erano molto più piccole permettendo di stiparne una maggiore quantità nello stesso spazio. Ma non finisce qui, la cassetta (e volontariamente questa volta non l’abbiamo chiamata “musi-cassetta“) aveva una caratteristica in un primo momento sottovalutata dai suoi stessi creatori: al suo interno non si poteva conservare solo la musica ma anche dati digitali.
Fu cosଠche dalla seconda metà degli anni ’70, le musicassette divennero uno dei supporti preferiti per immagazzinare dati nei computer a 8 bit di nuova generazione (per l’epoca) e anche la nascente e iperprolifica industria delle console per videogiochi – il mitologico Commodore 64 su tutti – scelse il supporto delle cassette magnetiche per rendere fruibili i giochi elettronici simbolo dei primi anni ’80. E chi pensa che oggi questo tipo di tecnologia, poichè obsoleta per l’uso musicale debba per forza esserlo ancora di più per l’utilizzo informatico, si baglia di grosso: molte grandi aziende che posseggono archivi di enormi dimensioni (dai cinquanta TB in su) e necessitano che i dati – soprattutto quelli che non devono essere consultati spesso – vengano immagazzinati per un lungo periodo, scelgono ancora oggi di riversare i dati su nastro, essendo più sicuro nella salvaguardia dei dati criptati, più economico e, appunto, capace di stoccare più a lungo una grossa mole di dati.
Un altro impiego utile e non marginale che ha avuto la musicassetta lo possiamo trovare nel campo del giornalismo e nel documentarismo in generale dove, grazie ai registratori a nastro magnetico, giornalisti e ricercatori hanno raccolto e tramandato fino ai nostri giorni le interviste di personaggi noti e meno noti del secolo scorso.
Musicassette e pirateria
Ora passiamo ai lati negativi della musicassetta (in questo caso torniamo a riappropriarci del suffisso “musi”): con la musicassetta nasce, di fatto, la pirateria musicale. Copiare “di contrabbando” un vinile era pressochà© impossibile ed antieconomico, data la mole e il costo dei macchinari necessari e la perizia tecnica indispensabile per realizzare le copie. Con il nastro magnetico tutto ciò divenne molto più semplice: le apparecchiature per copiare un nastro o per incidervi sopra, già dagli anni ’70, con un minimo di sacrificio economico erano alla portata di tutti.
Ecco quindi che si diffonde a dismisura il fenomeno della “copiatura” delle musicassette: non sono riuscito a reperire una statistica ufficiale nè credo che esista ma, essendo lo scrivente nato nel 1981, per “esperienza empirica di vita” posso azzardare l’ipotesi che a cavallo della metà degli anni ’90, per ogni musicassetta o CD acquistati regolarmente nei negozi ne venivano realizzate almeno cinque copie “clandestine” che oggi chiameremmo “condivisioni” (ovviamente, all’epoca, era già possibile copiare il contenuto di un CD su musicassetta con un normale stereo domestico, mentre i masterizzatori erano più rari delle Ferrari in Antartide)… se poi prendiamo in esame artisti leggendari come Pink Floyd, Queen, Bruce Springsteen, U2, probabilmente la statistica si potrebbe tranquillamente raddoppiare.
Altro fenomeno di pirateria favorito dal nastro magnetico è stato quello relativo alla pubblicazione dei bootleg dei concerti. Il procedimento era molto semplice: bastava riuscire a far entrare nel luogo in cui si teneva un concerto un registratore, posizionarsi in un punto favorevole della hall, della piazza o dello stadio e registrare il tutto. Se la qualità era soddisfacente, si stampava una copertina approssimativa, si realizzavano qualche migliaio di copie e, all’insaputo di artisti e case discografiche, venivano messe in vendita.
Ora alcuni bootleg realizzati negli anni ’70 e ’80 sono dei veri e propri pezzi da collezione, mentre alcuni artisti come bruce Springsteen, facendo buon viso a cattivo gioco, hanno reperito alcune copie dei suddetti nastri e li hanno pubblicati come materiale ufficiale. Emblematico il caso dei Grateful Dead che, al contrario di quasi tutti gli altri artisti dell’epoca (dalla fine degli anni ’60 e per tutti i ’70), invogliavano i fan a portare i loro registratori ai concerti a patto di non disturbare il restante pubblico (alcuni metodi di registrazione, infatti, prevedevano l’utilizzo di antenne portatili che potevano ostacolare la vista degli spettatori nelle retrovie).
La musicassetta: un giudizio storico
Insomma, l’invenzione del buon Lou Ottens ha avuto un impatto sulla tecnologia e sulla società molto superiore a quello che ci si sarebbe aspettato da una semplice scatolina di plastica con all’interno una bobina di nastro magnetico. Come abbiamo visto un aggeggio cosଠpiccolo ed economico ma costruito con sapienza e lungimiranza ha accompagnato le vicende dell’umanità per mezzo secolo, rappresentando uno straordinario mezzo di diffusione della musica e di tanto altro e aprendo la via alla rivoluzione “mobile” della nostra epoca.
Tecnologicamente è stato il classico uovo di Colombo, inventato in un’epoca in cui l’umanità era impegnata nella ben più complicata e costosa corsa nello spazio, quasi a significare che non serve per forza andare sulla Luna per apportare cambiamenti epocali nella vita di tutti i giorni dell’uomo, basta realizzare ciò che serve e, spesso, ciò che serve è banalmente semplice ed economico.
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