Da tempo la comunità scientifica contesta l’uso del termine “sintetico” in riferimento alla cosiddetta carne coltivata, che consiste nella carne prodotta da cellule staminali di bovini e ne costituisce un’alternativa su larga scala. Contrariamente a quello che si pensa, la carne sintetica non è attualmente in commercio per una questione di costi: la cosiddetta carne coltivata (come viene chiamata più propriamente rispetto alla locuzione carne sintetica, che viene spesso contestata) è molto costosa, anche se ci si aspetta che il costo possa essere ridotto per competere con quello della carne ottenuta convenzionalmente grazie al miglioramento delle tecnologie di produzione.
Numerose sono le controversie sulla carne coltivata o sintetica: c’è chi enfatizza la necessità di un grande cambiamento nell’industria alimentare, evidenziando che la carne coltivata, diversamente dalla carne tradizionale, rappresenta una scelta etica in quanto non comporta la necessità di uccidere animali e riduce significativamente la possibile crudeltà nei loro confronti. D’altra parte, esistono oppositori di questa prospettiva come alcune associazioni di categoria, i quali non supportano l’idea di consumare carne che non abbia avuto origine naturale. Non è detto – e non si può assolutizzare il concetto in alcun modo, a nostro avviso – che i prodotti naturali siano più sani di quelli in vitro, del resto.
La carne coltivata, anche conosciuta come carne coltivata in laboratorio, carne in vitro o carne sintetica, è un tipo di carne prodotta attraverso tecniche di ingegneria tessutale. Invece di essere ottenuta dall’allevamento e dalla macellazione di animali, la carne coltivata viene prodotta in laboratorio partendo da cellule animali.
La storia della carne coltivata inizia negli anni ’90, quando i ricercatori cominciarono a esplorare l’idea di coltivare carne in vitro. Nel corso degli anni, la tecnologia è stata sviluppata e perfezionata, consentendo la produzione di carne coltivata in laboratorio in piccole quantità.
Il processo di produzione coinvolge l’estrazione di cellule animali da un animale vivo attraverso una biopsia. Queste cellule vengono quindi coltivate in una soluzione nutritiva all’interno di un ambiente controllato, dove si moltiplicano e si sviluppano in tessuto muscolare. Il tessuto muscolare così ottenuto può essere utilizzato per creare hamburger, polpette e altri prodotti simili a base di carne.
Le potenziali utilità della carne coltivata includono:
Sostenibilità ambientale: La produzione di carne coltivata richiede meno risorse rispetto all’allevamento tradizionale di animali. Si stima che possa ridurre l’impatto ambientale legato all’allevamento intensivo, come l’emissione di gas serra e l’uso di terreno e acqua.
Benessere animale: La carne coltivata elimina la necessità di allevare e macellare animali per ottenere carne, riducendo il numero di animali destinati all’industria alimentare e, di conseguenza, il loro potenziale sfruttamento.
Salute: La carne coltivata può essere prodotta in modo controllato, riducendo il rischio di contaminazioni batteriche e consentendo la produzione di carne con specifiche caratteristiche nutrizionali.
Al momento, la produzione su larga scala e la commercializzazione della carne coltivata sono ancora in fase di sviluppo. Sono necessari ulteriori progressi tecnologici e regolamentazioni per rendere la carne coltivata più accessibile e accettabile dal punto di vista commerciale e per i consumatori. Tuttavia, molti esperti credono che questa tecnologia possa avere un impatto significativo sul futuro dell’industria alimentare, offrendo alternative sostenibili alla produzione di carne tradizionale.
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