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L’hosting dal punto di vista giuridico (e delle responsabilità ): situazione ad oggi

I servizi di hosting offrono ormai servizi web di ogni genere, che permettono tra l’altro ai siti web stessi, ai social network e cosଠvia di poter esistere ed essere pubblicamente accessibili. Di fatto, da tempo viene posta un’interessante e fondamentale questione relativa alle responsabilità  dell’hosting nel caso in cui, ad esempio, venga compiuto un reato o una violazione delle leggi vigenti sfruttando un sito web. I casi recenti – e meno recenti – di bullismo, stalking ed episodi analogi, spesso sforati tragicamente, sono una prova effettiva della necessità , ad oggi, di dare risposte precise ed un supporto concreto nell’interesse di tutti. Ma è davvero corretto che il ruolo di un hosting provider sia completamente esente da responsabilità ? Se il sito contiene materiale generato dagli utenti, verrebbe da rispondere che la responsabilità  è degli utenti: esiste almeno un’eccezione, di quest’anno, che sembra tuttavia smentire questa idea.

Parlando in generale, il ruolo dell’hosting provider in relazione ad un qualsiasi servizio web (sia esso un social network, un blog, un forum e via dicendo) viene regolamentato al decreto legge 70 del 2003, che stabilisce il ruolo del provider di hosting web (“consistente nella memorizzazione di informazioni fornite da un destinatario del servizio“) tra l’altro (art. 16, Responsabilita’ nell’attivita’ di memorizzazione di informazioni – hosting):

Nella prestazione di un servizio della societa’ dell’informazione […] il prestatore non e’ responsabile delle informazioni memorizzate a richiesta di un destinatario del servizio, a condizione che detto prestatore: a) non sia effettivamente a conoscenza del fatto che l’attivita’ o l’informazione e’ illecita e, per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o di circostanze che rendono manifesta l’illiceita’ dell’attivita’ o dell’informazione; b) non appena a conoscenza di tali fatti, su comunicazione delle autorita’ competenti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l’accesso. […] 3. L’autorita’ giudiziaria o quella amministrativa competente puo’ esigere, anche in via d’urgenza, che il prestatore, nell’esercizio delle attivita’ di cui al comma 1, impedisca o ponga fine alle violazioni commesse.

Mentre tale decreto sembra in qualche modo deresponsabilizzare l’hosting, è necessario osservare che sono previsti casi in cui l’hosting stesso è tenuto a seguire e ad adeguarsi alle normative vigenti, in particolare nel caso di violazioni che siano notificate dalle autorità  competenti. Il Tribunale di Roma, nel corso di questo 2016 peraltro, ha chiaramente dichiarato l’inapplicabilità  della norma in un caso specifico: Break.com, il noto portale di contenuti spesso generati dagli utenti, che possiede un ruolo da passivo ad attivo – e questo dato che, soprattutto, i suoi contenuti sono catalogati e classificati in categorie (presupponendo cosà¬, a monte, un’attività  editoriale da parte dei gestori del sito: si parla di “un’attività  di organizzazione o catalogazione” , di “team editoriale“, degli stessi “video correlati” – che in realtà  potrebbero essere generati in automatico – e di “intervento diretto anche nei contenuti”). In questi termini, il ruolo dell’hosting potrebbe passare – ed è passato, di fatto – da passivo (e “neutro”) fornitore di hardware / software a “sofisticato“, nel senso di attivo.

Nel frattempo, pare che giurisprudenza stia cercando di definire meglio proprio la figura di “hosting attivo” che vuol dire, per quello che ci interessa, responsabile anche dei contenuti che pubblica mediante la sua piattaforma e non di semplice intermediatore tecnologico commerciale: si tratta tuttavia di un processo ad oggi in corso di definizione. Del resto, da un punto di vista tecnologico, per un servizio di hosting sarebbe piuttosto complesso monitorare tutti i contenuti di tutti i siti web che ospita, rasentando quasi l’impossibile: si può, certamente, agevolare il processo facilitando il processo di identificazione dei siti che trasgrediscono le leggi, ma si tratta di un compromesso tra legislazione e tecnologia tutt’altro che ovvio da raggiungere.

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(fonti: dimt.it, Corriere.it, Camera.it)

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