Il primo smartphone, per come commercialmente lo conosciamo oggi, ha visto la luce nel 2007 con il primo modello di iPhone, presentato in pompa magna tra lo scetticismo generale da Steve Jobs, all’epoca ancora pressochà© sconosciuto a chi non era particolarmente attento al mondo dei computer e delle nuove tecnologie. Da quel momento però il mondo e le nostre vite sono cambiati, gli smartphone sono diventati nostri inseparabili compagni di viaggio e ogni nuovo dispositivo che acquistiamo è un mondo tutto da scoprire in grado di regalare inaspettate sorprese e, a volte, cocenti delusioni. Ma dove si sta dirigendo l’attenzione degli ingegneri nel progettare gli smartphone del futuro? Qule sarà la prossima rivoluzione tecnologica che potremo esplorare dal palmo della nostra mano?
Connessione satellitare
La prima, ennesima, rivoluzione epocale nel mondo degli smartphone sembra essere distante appena pochi mesi e porterà la firma solita: quella della Apple. L’iPhone 13, di imminente uscita, avrà infatti al suo interno il chip Qualcomm X65 che consentirà ai nuovi dispositivi della casa di Cupertino di connettersi con i satelliti LEO (Low Earth Orbit) in modo tale da sfruttare il segnale satellitare anzichè quello dei ripetitori terrestri per connettersi alla rete internet e telefonare. Questa funzione renderà i nuovi iPhone raggiungibili praticamente in ogni singolo punto del globo non appena la galassia di satelliti Starlink sarà completamente schierata nei cieli della bassa orbita terrestre (operazione che dovrebbe concludersi entro i prossimi mesi).
L’attesa per usufruire di questa fantastica evoluzione nel mondo della telefonia è ancora poca ma, probabilmente, i primi esemplari del nuovo iPhone, in vendita entro la fine dell’anno, non potranno ancora accedere alla rete satellitare perchè, oltre ad alcune caratteristiche tecniche ancora da testare, prima le compagnie telefoniche dovranno provvedere a discutere con Starlink e compagnie simili modi e costi di connessione alla rete satellitare. E’ probabile quindi che per l’utilizzo di tale tecnologia bisognerà attendere la prossima estate.
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Schermo olografico
Se per quanto riguarda la connessione satellitare il futuro sembra essere davvero ad un passo, ora passeremo a parlare di tecnologie quasi fantascientifiche per lo sviluppo delle quali si è ancora in fase sperimentale se non addirittura di studio concettuale.
E’ il caso dello schermo olografico.
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La tecnologia olografica, sebbene sia protagonista delle storie di fantascienza almeno dai tempi dei primi episodi di Star Wars (se non prima), nel mondo reale ha visto ben poche applicazioni reali, quasi tutte con finalità artistiche o di design ed è ancora lontana dall’avere un’interfaccia a cui un utente possa dare istruzioni. Al momento è possibile usufruire degli ologrammi solo come immagini tridimensionali da proiettare come le immagini di un film senza schermo ma l’interazione con le stesse si svolge sempre tramite dispositivi esterni. Insomma, affinchà© la tecnologia olografica possa essere implementata in uno smartphone, oltre ad un modo per proiettare le immagini da un’unica sorgente – lo schermo, appunto, mentre oggi servono almeno tre sorgenti per dare vita ad un ologramma – bisognerebbe trovare il modo di poter “clickare” (mi si passi il termine) sull’immagine per poter interagire direttamente con la stessa.
Un video presentato qualche anno fa mostra quello che potrebbe essere uno smartphone olografico: l’idea sembra bellissima, peccato che il video sia un fake e un siffatto dispositivo ancora non esista!
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Smartphone flessibili
Se lo schermo olografico è un qualcosa di ancora parecchio fantascientifico, lo sviluppo di smartphone più o meno flessibili è in fase avanzata, tant’è che i primi modelli di smartphone con lo schermo pieghevole sono già in commercio da qualche mese e non si segnalano particolari criticità sul loro funzionamento e sulla loro fruizione (o, almeno, non cosଠtante quanto ci si sarebbe potuto aspettare). Certo, la via tra il fare piegare lo schermo (e tutto il resto dello smartphone) in un solo punto e quella di far flettere e piegare l’intero dispositivo senza che questo si distrugga è ancora lunga ma i primi prototipi sono già stati presentati e i risultati sembrano incoraggianti.
Uno smartphone flessibile avrebbe una miriade di vantaggi che renderebbero più agevole il loro utilizzo. Pensate solo a tutte le volte che sbadatamente ci sediamo con il telefono in tasca (peggio ancora se nella tasca posteriore) con il relativo rischio di sottoporlo a torsioni letali (a me è successo già due volte di distruggere uno smartphone in questa maniera): uno smartphone flessibile non risentirebbe della sollecitazione e si adatterebbe facilmente al nostro corpo.Allo stesso modo uno smartphone flessibile potrebbe essere indossato come un bracciale per favorire le attività di sportivi e determinate categorie di professionisti. Già una decina di anni fa la Nokia aveva presentato il prototipo del modello Morph che racchiude molte delle caratteristiche che uno smartphone flessibile dovrebbe avere ma, a distanza di tutti questi anni, non ha mai visto la luce per una produzione di massa.
Probabilmente la tecnologia per siffatti devices, soprattuto per quanto riguarda l’affidabilità e il contenimento dei prezzi, non è ancora al passo con le necessità degli utenti ma almeno un euro sul fatto che da qui alla fine del decennio gli smartphone flessibili saranno una realtà nelle mani di molti siamo disposti a scommetterlo.
Batterie a ricarica rapida e durata extra lunga
Non è un mistero che mediamente le batterie dei cellulari danno il meglio di loro entro i primi duecento cicli di ricarica dopodichè, per mille motivi, la loro durata è destinata a diminuire gradualmente fino a dimezzarsi entro il secondo anno di utilizzo.
Le batterie attuali per gli smartphone, nelle mani di chi ne fa un utilizzo medio (2-3 ore di traffico dati e 1-2 ore di telefonate e utilizzo di app di messaggistica quotidiani) entro i duecento cicli di ricarica hanno una durata che oscilla tra le 24 e le 48 ore. Questa autonomia è sufficiente quasi per tutti anche per la facilità di trovare un punto in cui ricaricare il dispositivo in caso esso sia scarico ma una durata maggiore delle batterie servirebbe a toglierci un pensiero dalla testa, soprattutto quando siamo in viaggio. La tecnologia attuale degli ioni di litio su cui si basa il funzionamento delle batterie ricaricabili degli smartphone, al momento non sembra poter fornire molta autonomia più di quella attuale, a patto di non voler ingrandire le batterie stesse con il conseguente aumento di peso e volume dell’intero dispositivo, eventualità che l’utente non sembra disposta ad accettare.
Se per il momento non esiste un’alternativa alle batterie agli ioni di litio (ma siamo sicuri che anche questa a breve arriverà ) l’idea che è venuta inmente ad alcuni ricercatori è quella di permettere una ricarica tramite energia solare. Il prototipo presentato qualche anno fa dalla Kyocera sembrava essere promettente, ma da allora non se ne è saputo più nulla. Peccato perchè questa potrebbe essere una tecnologia pulita e facilmente accessibile.
Altre idee allo studio per ricaricare i telefoni in modi oggi “non convenzionali” propongono di realizzare dispositivi in grado di ricaricarsi tramite lo stesso segnale WiFi dal quale ci colleghiamo alla rete internet. Se questa strada si dimostrasse percorribile probabilmente potremmo dire addio ai caricabatterie, siano essi con o senza cavo e, anche in questo caso, un euro sulla sua realizzabilità e messa in commercio siamo disposti a scommetterlo.
Smartphone veggenti
L’ultima categoria di ipotetici smartphone del futuro di cui vogliamo parlarvi è quella dei dispositivi “veggenti”.
Quotidianamente a chiunque capita che il nostro smartphone sia in grado di capire ciò che stiamo pensando tanto che a volte sembra che non appena iniziamo a digitare su google un concetto da fargli ricercare, i suggerimenti di ricerca sembrano anticipare le parole che ci apprestiamo a scrivere. Tutto ciò, in realtà , avviene perchè noi involontariamente “istruiamo” i nostri dispositivi tecnologici a “pensare” come noi poichè nelle nostre ricerche li immergiamo in un mare di cookies che identificano le nostre ricerche e, per sommi capi, tracciano un quadro abbastanza realistico dei nostri interessi cui la rete internet (più che i nostri dispositivi tecnologici) risponde di riflesso.
Allo studio però ci sarebbero dei dispositivi che, “imparando” la nostra gestualità , il nostro sguardo e il modo in cui impugnamo lo smartphone in un determinato momento, saranno in grado di aprire in automatico l’app che vogliamo utilizzare e, magari, aprire la chat precisa con cui vogliamo interagire su WhatsApp o il profilo Instagram su cui vogliamo curiosare. Questa tecnologia “veggente” è in parte già disponibile (pensiamo ai dispositivi in grado di leggere i movimenti oculari delle persone affette da SLA o altre gravi malattie neurologiche o traumi spinali) e siamo sicuri verrà velocemente implementata e potenziata ma, arrivati a quel punto, forse dovremmo porci la domanda se la tecnologia può davvero spingersi cosଠoltre.
Photo by Rodion Kutsaev on Unsplash
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