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Software open source per il prossimo rover NASA sulla Luna


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Aggiornato il: 03-05-2021 16:48
La NASA sta cercando di mettere il turbo al suo programma di esplorazione lunare e per preparare il campo a far ritornare un essere umano sul suolo del nostro satellite naturale nei prossimi anni – nelle intenzioni si parla di 2024, ma sembra più realistico pensare al 2026 – sono in fase avanzata di realizzazione anche missioni meccaniche affidate a sofisticati rover multifunzione: uno dei più interessanti è VIPER, il cui lancio è previsto nel 2023.

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Vice President Mike Pence examines the VIPER engineering test unit with VIPER project manager and director of engineering at NASA’s Ames Research Center Daniel Andrews (center) and VIPER project scientist Anthony Colaprete (left) at Ames on Thursday; in California’s Silicon Valley. Thursday; Nov. 14, 2019. Photo credit: NASA/Dominic Hart


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Il Rover VIPER: un balzo nel futuro.

Il compito principale del rover VIPER (acronimo di Volatiles Investigating Polar Exploration Rover) sarà  quello di investigare il Polo Sud della Luna, con lo scopo di studiare la concentrazione dei depositi di acqua ghiacciata in questa zona del nostro satellite, in modo tale che i futuri equipaggi umani possano utilizzarla per estrarne ossigeno sia per consentire loro di respirare sia per utilizzarlo come combustibile delle navi spaziali. Dotato di vari strumenti tecnologici di ultima generazione, VIPER consentirà  di approfondire il rapporto che c’è tra la Luna e l’acqua, permettendo agli astronauti di allunare con tutte le conoscenze necessarie per trovare e trattare anche lଠquesto bene cosଠprezioso che sulla Terra è relativamente abbondante (sottolineiamo il “relativamente”).

Ma se in questi giorni si sta parlando molto di questo rover su riviste e siti specializzati è perchè, a livello software, la NASA ha voluto compiere un innovativo “balzo in avanti” (parafrasando Armstrong) rendendolo open source.

Perchè su VIPER ci sarà  un software open source?

Questa piccola grande rivoluzione è stata pensata per avere almeno due importanti ritorni immediati: uno d’immagine e uno economico.

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Partiamo dal ritorno d’immagine: rendendo il software utilizzabile praticamente da tutti coloro dotati di buona volontà  e passione per l’informatica e l’astronautica, la NASA aprirà  a tutti la possibilità  di diventare programmatori degli esperimenti che VIPER dovrà  compiere sulla Luna e, quelli più innovativi, verranno selezionati per essere effettivamente svolti. Siamo dunque certi che, soprattutto in ambito universitario, ci sarà  una vera e propria corsa a cercare di sviluppare un programma-esperimento da poter far svolgere al rover e, chissà , magari anche qualche semplice smanettone o una scuola di grado inferiore a quello universitario, potrà  un giorno vedere il suo programma eseguito da una missione NASA sulla Luna.

Tutto ciò servirà  anche ad “imbonire” l’opinione pubblica (specie quella americana) che vedrà  una consistente fetta dei soldi provenienti dalle sue tasse, spesa nella imminente onerosissima seconda corsa alla Luna: ecco quindi che rendere il software open source avvicinerà  la gente a capire quali siano gli obiettivi della NASA, come li realizzerà , quali saranno i vantaggi che ne conseguiranno e, magari, chi ne è capace può provare anche a suggerire un esperimento da far svolgere a VIPER.

Ma non secondario sarà  il ritorno economico dell’iniziativa: mentre, infatti, gli esperimenti proposti da noi poveri smanettoni squattrinati saranno vagliati e cerniti dalla NASA che poi ne andrà  a selezionare una esigua quantità , chi avrà  grossi budget a disposizione (e non saranno pochi i gruppi industriali a investire) potrà  sottoporre il suo esperimento alla NASA e farlo eseguire al rover. Cosଠfacendo, l’ente aerospaziale americano si garantirà  una cospicuo introito dai privati che servirà  a finanziare altre missioni e ad alleggerire il peso economico che il programma spaziale ha sulle casse dello stato.

Una operazione simile, ma senza ritorno economico, la NASA l’ha già  messa in campo, con buon riscontro, con il robot ROS (Robot Operating System) installato a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. Anche questo dispositivo utilizza un software open source ed è gestito da una organizzazione no-profit chiamata Open Robotics.

Certamente, in futuro, le missioni NASA (e probabilmente anche quelle delle altre compagnie spaziali quali l’europea ESA) saranno sempre più incentrate su questa falsa riga: un software open source garantisce più idee da sperimentare, più controllo sul software stesso con maggiore possibilità  di scoprire bug e defaillance varie del sistema, più visibilità  ai progetti e, non ultimo, più soldi investiti nel settore da parte dei privati.

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Saverio Chiodo

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