Puntuale come vorremmo fossero anche i mezzi pubblici di molte città italiane, il rover della NASA Perseverance è “ammartato” con successo poco prima delle 22:00 (ore italiane) di ieri. Pochi minuti dopo, le prime foto “di prova”, giusto per dimostrare al mondo che il robot è sano e salvo, sono arrivate a terra, trasmettendoci l’ennesimo affascinante panorama di rocce e sabbia rossa (in bianco e nero per la verità ) cui ormai rover e lander NASA ci hanno abituato.
Nelle prossime ore i tecnici testeranno che tutte le attrezzature di bordo funzionino a dovere e poi la missione vera e propria avrà inizio e, si sperà , durerà per almeno i prossimi due anni. Data la longevità cui i robot NASA ci hanno abituato negli ultimi due decenni, frutto di una tecnologia ormai rodata, non ci stupiremo se la missione durerà molto di più. Basti ricordare i robottini Spirit e Opportunity giunti su Marte nel 2004 che avrebbero dovuto sopravvivere solo 90 giorni e che invece hanno prestato servizio per 6 e 14 anni.
Nonostante le 23 telecamere a bordo di Perseverance, ciò che cerca la NASA non sono delle belle foto di panorami marziani con cui far divertire i complottisti e gli amanti del mistero che scambiano (o fanno finta di scambiare) banali fenomeni di pareidolia con statue e palazzi appartenenti a civiltà ormai estinte, l’obiettivo dichiarato e, per una volta, messo nero su bianco, è quello di trovare prove che la vita, anche se solo in forma batterica, sul pianeta rosso ci sia o ci sia stata davvero.
Cosଠcome un altro dato che si vorrà appurare sarà quello di capire se l’acqua sulla superficie di Marte abbia fatto solo apparizioni sporadiche durate pochi secoli o, al massimo, millenni, oppure se questa sia stata presente in maniera massiccia e durevole per diversi milioni di anni. Non è un particolare di poco conto. Se verrà confermata la prima ipotesi e, quindi, che l’acqua ha fatto solo fugaci apparizioni sulla superfice, ciò significherebbe che, probabilmente, essa sia stata portata da qualche asteroide o cometa che ha impattato su Marte.
Tali impatti, come “materiale di risulta”, avrebbero prodotto acqua accumulatasi in bacini che, repentinamente, in virt๠di caratteristiche climatiche riscontrabili tutt’ora sul pianeta, è poi evaporata in pochi anni (anche se fossero stati pochi millenni, in termini geologici e biologici sarebbe comunque un nonnulla). Di contro, se il robot riuscisse a provare che l’acqua è esistita sulla superfice marziana per un tempo molto più lungo, non inferiore a qualche centinaio di milioni di anni, ciò avrebbe due implicazioni immediate: la prima, certa, sarebbe che il clima e l’atmosfera stessa di Marte per come li conosciamo oggi, milioni di anni fa erano del tutto differenti, la seconda, ipotetica, è che la vita avrebbe potuta davvero prosperare anche sul quarto pianeta del sistema solare. Non è un caso, quindi, se Perseverance è stato fatto “ammartare” nel cratere Jazero che si ritiene essere stato un bacino idrico, in prossimità di quella che sembra essere stata la foce di un fiume.
Ma il robot ha anche altre frecce nella sua faretra di strumentazione scientifica ipertecnologica per trovare la vita su Marte. Grazie ad uno strumento chiamato Supercam LIBS, infatti, Perseverance avrà l’opportunità di colpire le rocce marziane con uno speciale laser in grado di individuare la presenza di composti organici anche fossili. Su questo strumento la NASA punta molto perchè è una vera e propria prova del nove infallibile sull’esistenza della vita sul pianeta rosso. I campioni di suolo analizzati che risulteranno essere di maggiore interesse scientifico, verrano poi raccolti e conservati in degli speciali contenitori sotto vuoto che una serie di future missioni robotiche avranno il compito di recuperare e spedire a terra. Attenzione però: seppure la NASA non lo abbia mai detto esplicitamente, la realtà è che una grossa incognita aleggia su queste future missioni su Marte che, infatti, al momento sono ancora in fase di progettazione, tanto che la NASA “perderà ” volontariamente la prossima finestra di lancio verso il pianeta rosso che arriva ogni due anni circa. Per una volta i problemi non sono i soldi (o, almeno, non sono solo quelli) ma il riflettere sull’effettiva opportunità di realizzare queste missioni se i risultati degli esperimenti di Perseverance porteranno ad esiti deludenti se non del tutto negativi. Poniamo caso che il robot non rilevi tracce di vita nè presenti nè passate e, al contempo, confermi la teoria che vorrebbe che l’acqua sul suolo marziano sia stata una presenza del tutto effimera per durata e quantità , non è escluso che la NASA (e l’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea che dovrebbe collaborare nelle future missioni) decida di fermare i piani dell’esplorazione marziana per concentrare sforzi e fondi per missioni su altri pianeti che diventerebbero più interessanti agli occhi degli scenziati: Luna, innanzitutto (per motivi non legati all’esistenza della vita su di essa), e i satelliti ghiacciati di Giove e Saturno dove la vita potrebbe esistere negli oceani liquidi presenti sotto la superficie.
Da inguaribili sognatori speriamo che Perseverance trovi ciò che è andato a cercare ma se anche questi esperimenti dovessero dare esito negativo, un altro obiettivo fondamentale della missione potrà apportare una vera e propria rivoluzione nell’esplorazione meccanica dello spazio. Ci riferiamo all’elicottero Ingenuity che Perseverance porta in grembo. Non appena i tecnici saranno pronti, il veicolo verrà fatto librare in volo nell’atmosfera marziana e, se tutto andrà bene, ci fornirà un nuovo punto di vista nell’esplorazione interplanetaria, cosa che da sola basterà a farci affermare che un notevole passo avanti nella ricerca è stato fatto e che la missione Perseverance è stata un successo. Nei prossimi giorni, mesi e (speriamo) anni, studieremo foto e dati che il rover ci invierà e continueremo ad aggiornarvi sull’evolversi della missione, nella speranza di potervi comunicare un giorno che i marziani (anche se solo in forma batterica) esistono veramente!
Aggiornamento (19:39): la prima foto in alta risoluzione di Perseverance (Credit: NASA/JPL).
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