Cleverbot: abbiamo testato la chat artificiale (ed è stato divertente)


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Oggi anche le aziende più seriose fanno uso delle chat per rispondere ai clienti, uno strumento considerato frivolo per gran parte di quetsi anni ma che, grazie alle tecniche di intelligenza artificiale, assume ad oggi una valenza molto differente. Cleverbot era un chatbot evoluto in tal senso, e da tempo funzionava in inglese: adesso funziona e “capisce” anche l’italiano, per cui ci siamo divertiti a testarlo un po’ per capire lo stato dell’arte.

Molto prima dei deepfake video e delle intelligenze artificiali in grado di definire le parole e creare visi umani realistici, erano i chatbot realistici: quelli che, come questo, se ci parli ti rispondono dandoti l’illusione che dall’altra parte ci sia un altro essere umano, un po’ sulla falsariga del famoso articolo di Turing: già  negli anni 50 il seminale informatico si era chiesto se fosse possibile creare un gioco dell’imitazione, in cui un chatbot non fosse distinguibile con assoluta certezza da un essere umano. Lo abbiamo appena provato (la chat completa è qui), ed il risultato della chat evidenzia vari punti che possono essere messi in evidenza.

Prova Cleverbot: la chat automatica e “intelligente” (riconosce anche l’italiano)

Se esordisci in chat buongiorno, ti chiede (probabilmente sorteggiando a caso la risposta tra più simili, per essere più realistico) se hai dormito bene: la discussione sarebbe realistica se non fosse per la frase finale, che forse non tiene conto del concetto di “confidenza” con l’interlocutore ed esprime, sia pur involontariamente, una certa vaga ironia.

Altri estratti interessanti dalla chat in questione riguardano la classica risposta a “specchio riflesso”, ovviamente addestrato a rispondere in rima:

Ho inserito, poi, anche un riferimento al nostro sito, e mi ha dato l’idea che gli sia piaciuto :-)

senza contare poi l’ennesima ironia:

Le chat artificiali come questa sono, se vogliamo, un po’ un gioco di sospensione dell’incredulità , in cui bisogna essere disposti ad accettarne i presupposti. àˆ chiaro che, come si dice spesso in questo ambito, che una chat del genere si possa ricreare (almeno in teoria) anche mediante numerose condizioni IF scritte in qualsiasi linguaggio di programmazione. Il problema è che cosଠfacendo, sfruttando tale paradigma procedurale, il codice diventa troppo lungo e troppo complesso da mantenere.

Motivo per cui è possibile sfruttare, alla peggio, algoritmi su base statistica o probabilistica, che possa dare risposte diverse in base alle situazioni, e dando cosଠl’idea di non essere troppo “automatico”.

Photo by JESHOOTS.COM on Unsplash

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