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Eliza: il chatbot che sembra capirti quando ci parli

àˆ possibile creare un chatbot tanto realistico da sembrare umano? Per rispondere a questa domanda, che è in generale affermativa, bisogna risalire ad un celebre lavoro teatrale che mostrava la potenza del linguaggio e dell’espressività  verbale. Eliza Doolittle è la fioraia protagonista di una delle commedie più celebri di G. B. Shaw, ovvero Pigmalione; ispirata all’omonimo mito di Ovidio, racconta di una scommessa effettuata da un gentiluomo londinese (Henry Higgins) che consiste nel trasformare una fioraia popolana in una donna di buone maniere, semplicemente insegnandole i principi base della fonetica nell’alta società . L’esperimento riesce e la scommessa, almeno in parte, si realizza.

A questo punto viene il bello della storia che vi raccontiamo oggi: la figura dell’informatico “dissidente” Joseph Weizenbaum (come egli stesso amava definirsi) è legata allo sviluppo del linguaggio SLIP ma anche, per non dire soprattutto, ad Eliza: un bot software creato nel 1964 che anticipa la tendenza attuale dei chatbot in linguaggio naturale, sviluppato dallo studioso presso il MIT dove lavorava all’epoca. Lo scopo del bot era quello di dimostrare la superficialità  insita nella comunicazione tra uomo e macchina, e sfrutta una tecnica di pattern matching per dare l’illusione che il bot “capisse” quello che l’utente stava scrivendo. Per fare questo, Weizenbaum contestualizzò il tutto ad una seduta terapeutica virtuale, in cui il bot chiede all’utente come stia, sulla prime, e poi sviluppa un dialogo più o meno accurato in tal senso.


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Joseph Weizenbaum

Uno degli script più celebri installabili nel programma fu senza dubbio DOCTOR, che parodiava una psicologo di scuola rogeriana (Carl Rogers, secondo i suoi detrattori sostenitore di un approccio terapeutico poco efficace, basato sulla semplice ripetizione di qualsiasi cosa dicesse il paziente). In quanto tale, poi, ELIZA ha un’importanza storica fondamentale per l’informatica che conosciamo oggi, ed è stato anche uno dei primi programmi che ha provato ad implementare il test di Turing. All’epoca, molti di coloro che testarono il software ebbero la sensazione che ELIZA fosse umana (o umano), e che sviluppasse un certo grado di empatia con l’interlocutore, il tutto per via di un bias o distorsione cognitiva nota oggi come effetto alone: in genere consiste nell’attribuzione impropria di tratti positivi a soggetti sulla base di osservazioni scorrelate tra loro (classico esempio: giudicare altrettanto intelligente una persona molto avvenente). Cosa che, evidentemente, potrebbe dimostrare che un chatbot è forse più fascinoso di quanto potrebbe sembrare a prima vista, ancora adesso. Alla base dell’effetto ingannevole creato da ELIZA vi è probabilmente la semplicità  dell’implementazione di una chat ripetitiva ed “empatica”, cosଠcome la non-dimostrabilità  alla base del test di Turing sulla non distinguibilità  tra un interlocutore umano ed uno virtuale.

Chatbot ELIZA online in italiano

Di seguito una demo funzionante del chatbot ELIZA, tradotta in italiano.

Immagini usate nell’articolo: Joseph Weizenbaum, di Ulrich Hansen, Germany (Journalist)., CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons – Photo by Waldemar Brandt on Unsplash

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