Opero da molti anni a stretto contatto con le realtà dell’ hosting web: mi sono fatto un’idea su come lavorino la maggioranza di essi, quantomeno per quello che ho visto, e credo che in molti casi si siano creati dilemmi pressocchè insignificanti per la gestione del mercato. In molti casi, non tutti per fortuna, il cliente provider di hosting tende a complicarsi la vita più del necessario.
Quando parlo di mercato, in questa sede, mi riferisco particolarmente a quello dei motori di ricerca: un potenziale cliente cerca ad esempio “nuove estensioni di dominio” su Google, alla ricerca di informazioni e/o di un provider a cui rivolgersi. Le offerte non mancano, ma oltre a soffrire di una generica disuniformità (dovuta al fatto che non esiste neanche una terminologia standardizzata. Si usa il termine banda per indicare due cose ben distinte, ad esempio; oppure si pensi a virtual server – che ha un significato preciso – che fa riferimento a volte a soluzioni condivise, altre a VPS o cloud hosting). Il tutto tende a mandare “nel pallone” il cliente meno esperto, e come se non bastasse dobbiamo sommare a questa ambiguità il mito delle “nuove estensioni”.
Secondo la percezione comune, infatti, un dominio con estensione .hotel servirebbe a favorire l’identificazione del sito di un albergo, cosଠcome un .shop identifica univocamente un e-commerce o .xxx un sito per adulti. Di riflesso, questo varrebbe – secondo una logica di causa-effetto tutt’altro che ovvia – di riflesso anche sui motori di ricerca: idea sbagliata, conclusione peggio che peggio. In questa logica, semplicistica come in fondo esigono le “regole” del marketing (“farsi capire” da più gente possibile, anche a costo di semplificare eccessivamente i termini) manca la considerazione di un fattore importante: ovvero l’esistenza di molti altri domini, quasi sempre brandizzati, che fanno concorrenza spietata nel settore. E che sono difficilissimi comunque da superare sui motori di ricerca, per inciso. Attenzione, poi, a non prendersi domini di brand altrui, per evitare problemi come capitato nel caso di WalMart.
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A me appare improbabile che basti un dominio come porno.xxx (che è in parking da un bel po’, per la cronaca) possa entrare in concorrenza con Youporn, per dire, solo per il fatto che possiede quell’estensione “magica”. Stessa cosa vale ovviamente per un sito di alberghi, uno shop online e via discorrendo. Le nuove estensioni servono ad ampliare lo spazio degli indirizzi web registrabili, e questa è una gran cosa: ma è diverso dal pensare che i nuovi TLD siano “meglio” o “peggio”, di per sè, dei domini tradizionali. Dipende sempre dall’uso che se ne fa!
Si è creato questo mito sui nuovi TLD – un po’ sulla scia di campagne di web marketing grossolane, un po’ per colpa di articoli di blog molto poco precisi – un po’ come accaduto, tempo fa, con i domini a chiave di ricerca esatta. Ma queste ripercussioni sono del tutto generiche, abbastanza qualunquiste e spesso servono solo come trampolino di lancio delle campagne di marketing. Da quello che ho visto, inoltre, sono i provider stessi a voler credere per forza a questa idea. Qual’è il problema è presto detto: pensarla cosଠporta più limitazioni che altro. Senza contare che, se un cliente si convince della bontà dell’estensione .XXX, sarà difficile fargli cambiare idea, e questo rischierà di fargli sembrare inutile tutto il resto, come avere un buon sito (che è fondamentale), offrire contenuti interessanti (che è necessario, anche se spesso insufficente, per posizionarsi bene sui motori di ricerca) o aver bisogno di un SEO o di un consulente per una campagna decente sui social.
Del resto, quanti siti con estensione .hotel o .shop conoscete, consultate o ricordate periodicamente di visitare? Il mercato di internet non è (ancora, perlomeno) suddiviso per estensione di dominio, ma al limite per grossi brand che tendono a volte ad occupare (spesso forzosamente) il settore. Farsi queste domande non è male prima di comprare un dominio, anche perchè il rischio è quello di soffocare le proprie idee e farsi confinare in un mercato come quello di internet in cui, ricordiamo, la regola generale è che pochissimi ricevano la maggioranza del traffico (e questo, nota bene, a prescindere dal nome di dominio) e tutti gli altri competitor stiano a spartirsi le briciole. La tecnologia è sempre un mezzo, mai un fine.
Chiaro che poi, a conti fatti, la corrispondenza esatta di un dominio con una parola chiave, cosଠcome una “buona” nuova estensione (nel senso di accattivante qualora sia associata ad un nome di dominio altrettanto cool) possano aiutare a portare traffico sul sito o attirare l’attenzione: ma questo avviene sempre a determinate condizioni, che sono un mix di competenze, tempo a disposizione e (soprattutto) risorse da investire.
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