Leggendo in giro i vari tutorial sull’argomento content marketing, il più delle volte traduzioni di post comparsi sui blog anglofoni, mi sembra che sul tema si sia ingenerata una certa confusione. Se ne parla, infatti, come se fosse qualcosa di arcano, che le aziende devono inventarsi grazie alla figura di un copy, un SEO-tuttofare o una specie di “scienziato pazzo” che si metta a scrivere in lungo e in largo sull’azienda e le sue attività . Qualcuno suggerisce addirittura che Google pianga, se non lo facciamo.
In primis, il content marketing è adatto soprattutto per determinate nicchie di mercato e, soprattutto, non è affatto idoneo per moltissimi settori commerciali: farne uso solo perchè c’è scritto in un blog SEO, per quanto autorevole sia, e senza fare i conti con la propria specifica realtà , rischia di diventare un buco nell’acqua.
In secondo luogo, il content marketing fatto male è tempo perso: se forziamo la mano a scrivere su argomenti su cui è difficile argomentare, o nel caso in cui si vogliano semplicemente aumentare le pagine indicizzate perchè “è sempre buono” (e non è vero), molto meglio dedicarsi ad altre attività .
Il content marketing, nella pratica, è tipico dei settori del web che cercano di aumentare le conversioni dei propri prodotti, e può essere utilizzato con successo soltanto con la giuste dose di utilità ed originalità dei contenuti.
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