Il sito in WP si blocca e non carica la pagina, dopo averti fatto aspettare per un bel po? Come risolvere l’errore di Timeout in WordPress? Lo vedremo in questa guida pratica.
In genere l’errore di Connection timeout si presenta in questa veste sul browser Chrome:
e può dipendere da uno di questi fattori, oppure da una combinazione degli stessi.
Limite di memoria PHP esaurito
Una causa comune dell’errore di timeout potrebbe essere la memoria RAM non allocata in modo corretto. Per aumentare il limite della memoria disponibile possiamo modificare il file wp-config.php. Lo troveremo all’interno della cartella root del nostro sito in WordPress, e quello che dovremo fare per agire in questa direzione sarà aggiungere la seguente riga e poi, naturalmente, salvare il file risultante..
define('WP_MEMORY_LIMIT', '128M')
In questo caso il limite sarà impostato a 128 Megabyte, e generalmente possiamo impostarlo liberamente fino ad uno o due giga (da scrivere come 1G o 2G). In genere WordPress richiede, in condizioni standard, circa 40MB di memoria RAM, ma su alcuni siti con requisiti specifici e personalizzazioni potrebbe richiedere limiti superiori.
Plugin buggati o non compatibili
In alcuni casi sono i plugin non compatibili o obsoleti a causare questo tipo di errore di timeout. La cosa migliore da fare è provare a disattivarli uno per uno, se il backend è accessibile, per capire quale causi l’errore. Diversamente, la cosa migliore è quella di accedere al sito via SSH oppure FTP e rinominare la cartella plugins dentro wp-content; in questo modo il sito funzionerà temporaneamente sbloccandosi, potrete riprendere il controllo del backend, potrete poi rinominare nuovamente la cartella plugins col nome corretto e poi, finalmente, provare ad attivare i plugin uno per uno fino ad individuare quello che provoca il timeout.
Theme buggato o non compatibile
In altri casi sono alcuni theme a risultare non compatibili o obsoleti, ed a causare questo errore di timeout. La cosa migliore da fare è provare installare un theme diverso e verificare se il sito funzioni. Da FTP o SSH, andiamo nella cartella wp-content e poi themes, rinominiamo la cartella del theme corrente con un nome qualsiasi e a quel punto wordpress dovrebbe prendere il theme di default in automatico (se non ci fosse, va caricato da FTP la cartella con Twenty ad esempio).
Aumentare il maximum execution time
L’errore di timeout in WordPress potrebbe anche essere causato da un parametro di maximum execution time settato troppo piccolo. Andiamo pertanto nel file php.ini ed impostiamo la seguente riga
max_execution_time=60;
dove il 60 può arrivare fino a 120 fino a determinare in modo sperimentale il valore che elimina l’errore.
Tutti coloro che hanno a che fare con il web, prima o poi, potranno avere a che fare con un servizio di web hosting: non solo chi avvia il sito di una startup o il blog aziendale, ma anche chi decide di cambiarlo perchè non è soddisfatto dal livello di quello attuale. Ognuno, inutile sottolinearlo, vorrebbe che il proprio sito sia veloce ed efficente, possibilmente senza dover spendere un capitale, e naturalmente ciò coincide con quello che la maggioranza dei provider di hosting promette. Trovare un buon servizio di hosting richiede un po’ di sana conoscenza di base della tecnologie e delle sue dinamiche: anche tu potrai farlo!
Quando si sceglie un servizio, dunque, le cose da sapere sono non poche, e le vedremo di seguito.
Tecnologie open source
La scelta più popolare in assoluto (praticamente da sempre) è legata alla “combo” MySQL, PHP, server Apache (o al limite Nginx) e macchine Linux (il cosiddetto stack LAMP); questa scelta viene ormai data per scontata, mentre le ragioni per cui avviene sarebbero da discutere a livello più che altro discorsivo. Non ci interessa quindi capire tanto perchè, ma sapere che il nostro hosting dovrà avere supporto ad una versione stable e recente di PHP, supportare database MySQL ed avere un server Apache. Questi software, infatti, offrono la maggioranza delle soluzioni open source di alto livello, e ciò fa “gola” a webmaster e web developer perchè si tratta, tra l’altro, di tecnologie:
facili da sviluppare, ad esempio sulla base delle indicazioni del codex di WordPress;
non difficili da espandere, sfruttando ad esempio il Composer di PHP;
dotate di numerosi plugin, librerie e CMS open source;
dotate di ampio supporto nella comunità e nei forum liberi: basta “chiedere” a Google, il più delle volte, e troverete la risposta che vi serve.
Del resto il succitato WordPress, una delle soluzioni software più usate per i siti web attuali, si basa su queste tecnologie, con una community di blogger e sviluppatori estremamente attiva e costantemente alla ricerca di bug, miglioramenti e proposte.
Scegliere l’hosting giusto per il tuo sito web passa, quindi, molto spesso per l’open source, peraltro l’unica sostanziale alternativa gratuita ai costosi software commerciali. Sfruttando il modello open source, inoltre, gli sviluppatori web hanno la possibilità di far pagare i propri servizi o consulenze al netto del costo del software, con la sola aggiunta del prezzo del dominio e dell’hosting web. Tieni conto di questo perchè, se scegli una soluzione open source come quelle succitate quando compri hosting e dominio, avrai bisogno di formarti o di farti seguire almeno in parte (e per la manutenzione a lungo periodo) da un esperto del settore.
Le alternative all’open source non mancano ma, per varie ragioni, si sono sviluppate in ambito web solo in ambiti relativamente “ristretti”, spesso soggetti ad accordi di non divulgazione.
Caratteristiche importanti degli hosting
Le principali feature che sono utili da valutare al fine di trovare un hosting di qualità sono le seguenti:
il livello di assistenza da parte dell’hosting, in caso di difficoltà ;
la presenza di un pannello DNS per gestire il dominio e reperire NS, DNS ed auth code;
la possibilità di disporre di banda (per supportare il traffico dei visitatori) e spazio web (per contenere i file del sito) abbastanza capienti e, in alcuni casi, illimitate;
la disponibilità dei servizi cPanel o Plesk per facilitare la gestione di uno o più siti web.
Non esiste una classificazione definitiva delle caratteristiche di un hosting che lo rendano migliore di altri: l’esperienza diretta, le aspettative e le proprie conoscenze tecnologiche possono influire parecchio sulle valutazioni.
Il costo dell’hosting può variare caso per caso, ma nella maggioranza dei casi è proporzionale al rischio che si assume l’impresa nell’operare sul web; ovviamente non tutte le soluzioni sono uguali, e tutto cambia radicalmente in funzione di ciò che l’hosting ci da’ a livello di servizi, utility ed assistenza personalizzata.
Di solito, comunque, gli hosting permettono di effettuare downgrade ed upgrade dei servizi che diventano così, di fatto, scalabili sulle esigenze effettive del momento.
Le soluzioni più diffuse di hosting sono i cloud ed i condivisi, almeno in questi anni.
HTTPS ti manda fuori di testa, e non riesci a capire come configurarlo? Nessun problema: in questa guida troverai tutto quello che c’è da sapere sull’argomento. Se sei alla ricerca di una guida per impostare HTTPS sul tuo sito WP, insomma, sei arrivato nel posto giusto.
Introduzione
Se hai installato WordPress (scopri qui come fare) sul tuo hosting e ti piacerebbe configurare HTTPS nel suo indirizzo – in modo da ottenere qualcosa tipo:
https://tuosito.it
su tutte le tue pagine, invece del solito
http://tuosito.it
Giusto? OK!
Configurare il certificato, come prima cosa
Avrai bisogno di effettuare, come prima cosa, la configurazione del tuo hosting per fare uso corretto di un certificato SSL. Quello che esternamente figura come HTTPS, infatti, è una tecnologia crittografica molto avanzata che può avere diversi tipi di implementazioni, cioè si può realizzare in più modi diversi, e che può essere realizzata con diversi tipi di certificato software:
certificati gratuiti come Let’s encrypt – vengono offerti dalla maggioranza degli hosting condivisi, ad esempio
certificati a pagamento di classe DV, OV o EV
La cosa essenziale quindi, prima di fare qualsiasi altra cosa, è assicurarsi che il nostro dominio abbia HTTPS installato; se non fosse installato, i principali pannelli di controllo come Plesk o cPanel permettono di abilitarlo seguendo apposite procedure. Se l’hai già fatto, assicurati che il certificato funzioni, cioè restituisca le pagine web correttamente (ma per evitare complicazioni prova a vedere se l’URL di un’immagine del tuo dominio, ad esempio, risponde sia in HTTP che in HTTPS); poi passa direttamente alla sezione in cui si parla dell’installazione del plugin per WordPress per installare – e rendere attivo pubblicamente, all’interno del sito – il tuo certificato.
Tipi di certificati: SSL e TLS
Per installare HTTPS sul tuo sito in WordPress devi sapere, anzitutto, che ci sono molti certificati che puoi scegliere, e che sono stati approfonditi in un articolo a parte di questo sito; non serve conoscerli tutti a memoria, ovviamente, anche perchè in generale la configurazione di base è piuttosto semplice, e non richiede passaggi complicati. Questo avviene soprattutto se decidiamo di fare uso di soluzioni free come Let’s Encrypt, che è diventato particolarmente facile da configurare tanto che molti pannelli di controllo degli hosting come Plesk e cPanel lo propongono come installazione 1-click. Let’s Encrypt ha il grande merito di aver messo HTTPS a disposizione gratuitamente per il grande pubblico, e questo ha cambiato i termini del discorso considerevolmente (all’inizio poteva sembrare che dietro la smania di far passare tutti in HTTPS ci fosse la volontà di commercializzare molti certificati da parte dei servizi di hosting, cosa vera solo in parte ormai). Tra l’altro Let’s Encrypt si auto-rinnova ogni mese, liberando il webmaster dal pensiero di doverlo fare da solo. I certificati scaduti infatti non sono una buona cosa, e fanno smettere il sito di funzionare correttamente.
Nella pratica, comunque, è possibile sfruttare tranquillamente soluzioni gratuite in cui l’ente che certifica il nostro sito è, ad oggi, Let’s Encrypt (va bene per qualsiasi tipo di sito, commerciale o amatoriale che sia). La cosa da tenere in considerazione, senza scendere in troppi dettagli tecnici o strutturali, è che in generale un certificato HTTPS potrebbe avere un costo: Let’s encrypt è un certificato firmato digitalmente dalla stessa, quindi è “generico” in tal senso. Per ottenere un certificato SSL che sia valido e sia di livello più alto si comprano certificati SSL che possono costare qualche centinaio di euro all’anno. Ad esempio in modo che compaia il nome della nostra azienda nel certificato stesso: Keliweb, Tophost, GoDaddy, Namecheap e molti altri tipi di hosting offrono questo servizio a canone annuale. Di solito lo vendono assieme ad un hosting dedicato o con IP dedicato, ma è solitamente possibile selezionare solo il certificato – e spendere qualcosa di meno.
Normalmente, quindi, è possibile configurare Let’s Encrypt ed altri equivalenti servizi di HTTPS gratuito mediante i pannelli di controllo del nostro hosting, quindi cPanel o Plesk (nell’immagine seguente ecco l’icona all’interno di Plesk per Let’s Encrypt). Per la cronaca SSL è il predecessore di TLS, che è invece la versione utilizzata maggiormente nei sistemi crittografici attuali. Una implementazione molto utilizzata sia dell’uno che dell’altro è attualmente rappresentata dal toolkit OpenSSL.
Come prima cosa da fare per installare HTTPS su WordPress, quindi, c’è la necessità di installare HTTPS mediante cPanel o Plesk, in modo tale che le pagine del nostro sito funzionino da subito in HTTPS senza generare errori.
Come configurare un certificato sul proprio dominio in WordPress (Plesk + Let’s encrypt)
Per configurare il certificato di Let’s encrypt e quindi abilitare HTTPS sul nostro sito, apriamo il pannello Plesk del dominio (utilizzerò Plesk in questo esempio, ma è uguale anche per hosting con cPanel), clicchiamo sull’icona di Let’s encrypt – che potete vedere qui in alto – e vedremo subito qualcosa del genere (ho utilizzato il dominio leultime.info giusto come prova).
Spuntiamo il dominio alternativo con www (opzionale, ma consigliato), e facciamo click su Installa per installare il certificato. Dopo qualche secondo di attesa, a questo punto, HTTPS dovrebbe essere confermato e funzionante!
La seconda cosa che bisogna fare per configurare il proprio sito con il protocollo HTTPS è quella di cambiare l’URL di base del sito, facendo login come amministratori ed andando a cliccare su Impostazioni e poi su Generali. Da qui, per i due campi Indirizzo WordPress (URL) e Indirizzo sito (URL), sarà necessario aggiungere una ‘s’ alla fine di http, ed ottenere un indirizzo del sito replicato nelle due caselle quale https://tuosito.it, come ho fatto nell’esempio riportato in basso (ovviamente dobbiamo inserire in questo campo il nome del sito che stiamo configurando: tuosito.it o leultime.info per seguire l’esempio precedente).
Ovviamente tali modifiche vanno confermate scorrendo in basso la pagina e facendo click sul bottone “Salva le modifiche“; questo è soltanto il secondo passo per la configurazione di HTTPS in WordPress, perchè ne è necessario un terzo che bisognerà effettuare modificando il file htaccess del sito web che stiamo configurando.
Configurare il redirect 301 da HTTP a HTTPS
In certi casi – ammesso che l’hosting disponga di particolari automatismi, o se non usate il plugin riportato alla fine di questo articolo – potreste avere la necessità di forzare il protocollo sicuro HTTPS per fare in modo che tutte le pagine in HTTP (in chiaro) siano redirezionate in automatico sul protocollo sicuro. L’impostazione non è banale ed è importantissima, perchè si rifletterà sia a livello di accessibilità degli URL che di indicizzazione sui motori di ricerca: vediamo quindi come sia possibile attivare questa impostazione.
Se non fosse chiaro o immediatamente comprensibile il perchè sia necessario configurare un redirect 301 o permanente è presto detto: prima dell’arrivo del certificato il nostro sito web funzionava normalmente mediante HTTP in chiaro, adesso funzioneranno entrambe le versioni, sia quella in chiaro (HTTP) che quella criptata (HTTPS), per cui tale situazione è ambigua è decisamente sconsigliato e da risolvere.
Infatti se lasciassimo in sospeso le cose fino a questo punto avremmo:
duplice indicizzazione su Google (URL duplicati);
utenti confusi, che non sapranno scegliere tra HTTP e HTTPS.
Quello che dobbiamo fare è quindi un redirect 301 da HTTP verso HTTPS, per tutti gli URL indistintamente per semplicità ; in alternativa, potremmo farlo soltanto per gli URL sensibili come quello di login o quelli di pagamento (se usiamo gateway di pagamento proprietari, ad esempio). Per semplicità vedremo la versione global redirect 301 da HTTP a HTTPS.
redirect 301 HTTP -> HTTPS: esempio di file .htaccess
Mediante FTP o file system di Plesk, basta andare nella root (ovvero la cartella base) del nostro sito (ad esempio /www) e modificare il file in remoto .htaccess (il . davanti indica che si tratta di un file nascosto), inserendo la configurazione seguente:
RewriteEngine On
RewriteCond %{SERVER_PORT} 80
RewriteRule ^(.*)$ https://www.tuosito.it/$1 [R,L]
Ovviamente tuosito.it andrà sostituito in tutti gli esempi con l’indirizzo del vostro sito web, e questo tipo di configurazione va bene nel 90% dei casi, quando i siti web in WP usano Apache.
redirect 301 HTTP -> HTTPS: esempio alternativo di .htaccess
Una ulteriore versione della stessa configurazione, che non richiede modifiche e può essere copia-incollata direttamente per il vostro sito, può essere la seguente:
RewriteEngine On
RewriteCond %{HTTPS} off
RewriteRule ^(.*)$ https://%{HTTP_HOST}%{REQUEST_URI} [L,R=301]
redirect 301 HTTP -> HTTPS: esempio per siti senza prefisso www [.htaccess]
Ecco una ulteriore versione del file htaccess utilizzabile su un sito web senza www davanti (nell’esempio, prova-sito.it):
redirect 301 HTTP -> HTTPS: esempio per siti con prefisso www [.htaccess]
Per i siti web per cui è presente una duplice versione con www davanti, già pre-configurata a dovere su HTTP, è possibile sfruttare questa configurazione.
Ricordatevi che questo tipo di configurazione andrà eventualmente amalgamata con quelle che siano eventualmente già presenti per il vostro sito, integrando le modifiche con eventuali configurazioni pre-esistenti. Se non lo farete correttamente, il vostro sito non funzionerà più! Se non siete molto esperti potrebbe essere opportuno testare una delle tre possibilità singolarmente, e verificare quella che effettivamente funziona.
Si ricorda che tutte queste impostazioni forniscono le direttive necessarie al sito per impostare HTTPS per tutte le pagine, senza distinzioni, che è un caso comune ma non sempre fitta con le nostre effettive necessità .
Da ricordare, mentre configurate HTTPS
Ricordatevi quindi che le modifiche sopra esposte vanno INTEGRATE CON LA CONFIGURAZIONE corrente di htaccess: se sostituite l’intero file “alla grezza” con la versione qui riportata, per intenderci, cancellerete le vecchie configurazioni di htaccess (una su tutte: i permalink) e rischierete di non fare funzionare più il vostro sito. Tenete quindi conto della corretta sintassi per integrare htaccess sia per i permalink che per HTTPS che per altri eventuali direttive che avevate inserito (redirect 301, ad esempio). In questi casi, in effetti, la cosa migliore è quella di salvarsi la vecchia configurazione in backup locale, e provare a mettere insieme le due configurazioni tenendo conto delle seguenti regole pratiche:
RewriteEngine On, se presente, deve comparire una volta sola nel file;
le due righe successive vanno inserite alla fine, in coda alle configurazioni che già avevate inserito, come nuova riga.
Di seguito un esempio di integrazione corretta: ho inserito in coda alla configurazione esistente, nello specifico, le due finali.
Usando server NGINX, in alternativa, la configurazione equivalente per passare da HTTP ad HTTPS sarà su questa falsariga:
server {
server_name tuosito.it www.tuosito.it
return 301 https://tuosito.it$request_uri
}
Questo tipo di configurazione permette di passare ad HTTPS su tutte le pagine del vostro sito, ed è in linea apparentemente con le indicazioni per i SEO che secondo Google rendono un fattore di ranking SSL stesso. Su questo mi sono sempre permesso di avere dei dubbi (che in generale vi possa essere stato un fraintendimento generale), perchè dal mio punto di vista ha più senso utilizzare HTTPS solo all’interno delle pagine su cui vanno a finire dati sensibili come avviene nelle pagine di login.
Configurare SSL solo per le pagine di login di WordPress
Se volete configurare HTTPS sulle pagine di login c’è un passo differente da compiere, che consiste in una modifica del file wp-config.php (e fermo restando il primo passo per la configurazione del certificato Let’s Encrypt, pre-condizione sempre necessaria prima di effettuare qualsiasi modifica).
La direttiva da aggiungere a fine di questo file, sia per siti WordPress singoli che per multi-siti, editandolo via FTP:
define('FORCE_SSL_ADMIN', true);
Tenete conto che passare ad HTTPS su un sito è in generale una modifica drastica alla configurazione che Google, ad esempio, potrebbe non recepire correttamente: la cosa importante in questi casi è che i precedenti risultati (quelli già indicizzati sul motore di ricerca) siano correttamente “informati” della modifica, e questo può avvenire tipicamente mediante un redirect 301. La modifica al file .htaccess / NGINX che abbiamo visto, in effetti, serve a venire incontro esattamente a questo genere di necessità .
Se avete eseguito correttamente tutti i passi indicati, browser come Chrome e Firefox indicheranno chiaramente nella barra degli indirizzi che il vostro sito è protetto da HTTPS. Se aveste difficoltà ad eseguire questi passi vi suggerisco di affidarvi alla consulenza di un esperto del settore o di personale qualificato.
E per la SEO, cosa comporta HTTPS?
Si considera ufficiale che l’uso di HTTPS per un sito web sia effettivamente un fattore di posizionamento SEO fondamentale, tanto più che esiste anche un articolo del blog di Google che ne parla (HTTPS as a ranking signal, per chi non l’avesse letto). In altri termini, se avete un sito web e siete passati da poco da HTTP ad HTTPS è lecito attendersi qualche miglioramento sul posizionamento di alcune pagine. Certo è che bisogna configurarlo correttamente, come abbiamo illustrato, e bisognerà fare attenzione a tre cose:
che non ci siano pagina frammiste tra alcuni URL interni in HTTP ed altri in HTTPS;
che i redirect 301 da HTTP a HTTPS siano tutti funzionanti e attivi;
che HTTPS sia funzionante e scansionabile da Google (verificare dalla Search Console e, se necessario, registrare un nuovo indirizzo del sito come HTTPS://nomesito.est);
In genere, non ho riscontrato particolari vantaggi su altri siti che curo passando semplicemente ad HTTPS, e non mi aspettavo che un fattore singolo, isolato rispetto al contesto, potesse essere così importante come in tanti scrivono. Certo è che si tratta di un fattore importante, anche perchè conferisce maggiore sicurezza al visitatore e, in linea di massima, è anche un fattore di ottimizzazione indiretto: incrementa la permanenza del sito, probabilmente riduce un po’ anche il ribalzo e, insomma, male certamente non fa.
Per attivarlo come ranking factor SEO, tuttavia, dovrebbe sempre far parte di una strategia editoriale solida o, se preferite, concorrere al posizionamento assieme ad altri elementi di ottimizzazione: i title, le descrizioni delle pagine, i link interni ben strutturati e soprattutto (direi) i backlink dall’esterno, che dovranno essere sempre di alta qualità e valore.
Se pensi che sia arrivata l’ora di passare il tuo sito in HTTPS, puoi seguire le indicazioni che ti darò in questo articolo. Non sarà difficile, aumenterà i tempi di caricamento del tuo sito (ammesso che sia stato fatto a regola d’arte), darà una maggiore autorevolezza e idea di professionalità allo stesso agli occhi dei tuoi visitatori (con il famoso lucchetto verde che si accenderà per ogni browser che ti visita) e non ti impedirà di utilizzare normalmente tutti i plugin ed i temi con cui lavori abitualmente.
Il miglior plugin per passare WordPress in HTTPS
Premessa: per fare quanto descritto in questa pagina, come prima cosa dovrai avere SSL abilitato sul tuo hosting. Questo significa che il tuo hosting dovrà supportare un certificato SSL qualsiasi e darti la possibilità di abilitarlo via Plesk o cPanel. In certi casi, come ad esempio per l’hosting Aruba, il certificato SSL può essere già disponibile senza che venga ancora utilizzato: significa che il sito risponde indifferentemente (ed in modo corretto e privo di errori) sia con HTTP://tuosito.it che con HTTPS://tuosito.it. Per abilitarlo e rendere effettiva la modifica per tutti i tuoi visitatori, dovrai farlo via sito con il plugin che adesso ti mostrerò.
Ricordati inoltre che:
via plugin sarà necessario attivarlo su tutte le pagine (non solo su quelle di login, e questo per evitare il problema del mixed content, cioè di pagine web “miste” con HTTP e HTTPS, il che è visto come una cosa negativa ed invalida il senso stesso di HTTPS);
basterà un click per farlo, non preoccuparti (…massimo due!);
sì, è necessario che lo attivi anche tu; certe diatribe del passato sulla necessità di farlo, con la grande diffusione di certificati gratuiti, lasciano ormai il tempo che trovano;
sarà possibile redirezionare tutto il traffico in HTTP automaticamente in HTTPS, ma questo, come vedremo, il plugin di cui parleremo lo farà in automatico.
Il plugin di cui parliamo è Really Simple SSL, che come suggerisce il nome è davvero semplice da usare ed altrettanto efficace. Really Simple SSL abilita con un paio di click il certificato SSL per il tuo sito in WordPress; ho avuto modo di testarlo con successo sia su un sito single site (le installazioni standard di WP) che su uno multisite ed ha funzionato egregiamente in entrambi i casi. Esistono due versioni di Really Simple SSL, quella free che trovate sul repository va bene per la maggioranza dei siti (inclusi i multisite gestiti mediante path), mentre quella premium a pagamento permette di attivare le caratteristiche selettivamente per i multisite (ad esempio su un sito attivare SSL, su un altro invece no). Nella versione premium inoltre sono inclusi degli utili tool che possono aiutarvi, ad esempio, a fare diagnostica nel caso abbiate problemi di mixed content.
Per installare Really Simple SSL:
Assicuratevi che SSL sia attivo e funzionante sul vostro hosting (dovrete attivarlo da Plesk o cPanel o chiedere all’assistenza dell’hosting che usate);
Installate il plugin sul vostro sito;
Attivatelo;
Seguite le indicazioni riportate a video per abilitare SSL;
Se tutto è andato nel verso giusto, dovrete fare login nuovamente e a questo punto tutto funzionerà come prima, solo che sarete in HTTPS.
Prima di procedere con le operazioni in questione si suggerisce di mettere temporaneamente offline il sito, giusto per evitare problemi di navigazione ai visitatori presenti sullo stesso in quel momento.
Non sono richieste impostazioni complicate perchè in genere viene fatto tutto in automatico, l’unica accortezza riguarda i domini con sottodomini annessi per cui non sempre è possibile attivare in automatico per tutti quelli richiesti.
Dove trovare l’URL di amministrazione di un qualsiasi sito in WordPress? La risposta è molto semplice: se il vostro sito è ad esempio miosito.it, l’URL di amministrazione generalmente si trova scrivendo /wp-admin subito dopo il nome del dominio (in alcuni casi: /login oppure, ancora, /wp-login.php. In altri casi ancora, ed in conseguenza di personalizzazioni regresse, potrebbe essere diverso: vediamo tutti i casi possibili, uno per volta.
Usare wp-admin
Quindi se ad esempio avete aperto nel browser il sito:
miosito.it
andrete a scrivere /wp-admin subito dopo, quindi:
miosito.it/wp-admin
Usare wp-login.php
Questa tecnica, pero’, funziona solo nel caso in cui non siano state fatte personalizzazioni al vostro sito in WordPress. In questo caso, quindi, potete fare un’ulteriore tentativo e provare ad entrare con /wp-login.php, ovvero:
miosito.it/wp-login.php
sarà il vostro URL in cui inserire username e password.
Usare un URL personalizzato
Per scoprire l’URL personalizzato, nel caso in cui il programmatore o il webmaster abbia preferito cambiarlo, la cosa più semplice è chiedere direttamente a lui:
come faccio ad accedere alla schermata di login di WordPress? Quale è l’URL?
In alcuni casi potrebbe essere uno dei seguenti:
miosito.it/accesso
miosito.it/login
miosito.it/admin
miosito.it/administrator
miosito.it/amministrazione
miosito.it/amministratore
E se non dovesse funzionare? Ci sono alcune cose che potete provare a fare, e vi serviranno SSH o FTP per farle.
Come disattivare tutti i plugin da FTP
Nell’ordine:
disattivare tutti i plugin attivi su WP, di fatto rinominando la cartella
wp-content/plugins
in
wp-content/plugins-OLD
in questo modo, aggiornando qualsiasi pagina del sito un paio di volte, i plugin non andranno in esecuzione.
Come cambiare theme da database
Se ci sono personalizzazioni nel theme, è necessario passare al tema base via database, operazione delicata che potrebbe compromettere del tutto il funzionamento del sito (ma a volte è l’unico modo): come primo requisito, assicuratevi di copiare la cartella di un theme standard all’interno della cartella wp-content/themese, ad esempio il classico Twentyseventeen. Poi dovete fare così
Da PHPMyAdmin, selezionate la tabella wp_options.
Dove trovate la colonna che si chiama option_name , individua le voci template e stylesheet
Salva da qualche parte (file di testo) i valori che attualmente compaiono per queste due righe in corrispondenza della colonna option_value
Provate a cambiare i due valori della colonna option_value con il nome di un altro theme scritto in minuscolo, ad esempio Twentyseventeen
Assicuratevi che i valori siano stati effettivamente salvati, e provate a ripetere la procedura di accesso qui descritta.
Se avete ancora difficoltà controllate che non ci siano blocchi di altro genere, se non riuscite ad accedere, come ad esempio firewall. L’URL di login di WP, infine, può essere cambiato seguendo questa guida, ma bisogna essere amministratori per farlo.
Come trovare l’hosting perfetto per il nostro sito web? Quando si cerca un servizio di web hosting le cose, molto spesso, non sono così semplici come potrebbero sembrare: si possono presentare numerose difficoltà relative a questa scelta, non tutti possiedono gli strumenti e le conoscenze tecnologiche per filtrare le varie offerte e, soprattutto, non sempre Google (ed i risultati che ci mostra) sono all’altezza della situazione.
Era da un po’ di tempo che avevo in mente di realizzare una guida per scegliere l’hosting calibrata direttamente alle necessità degli utenti, ed ho preso un po’ di appunti negli ultimi giorni; da qui, e facendo mente locale sulle esperienze che ho avuto in questi ultimi anni di lavoro, è uscita fuori una tabella che schematizza la situazione. Di che tipo di hosting ha bisogno il portale web di un periodico online? Ed uno dei tantissimi (abusati, ma su questo andrebbe fatto un discorso a parte) “sito vetrina” di un’azienda? In questa pagina, nella tabella interattiva che trovate qui sotto, proverò a rispondere a queste domande.
Cercando all’interno della stessa con l’apposito box di ricerca in alto a destra, infatti, avrete la possibilità di filtrare la ricerca e visionare l’hosting che dovrebbe fare al caso vostro; l’associazione tra tipo di sito (prima colonna) ed tipo di tecnologia da sfruttare (seconda colonna) è dettata da diversi fattori legati alle mie recenti esperienze lavorative, casi in cui scegliere un hosting è una scelta vitale per la migliore gestione possibile del vostro sito.
Cliccando su ogni tipo di hosting, inoltre, troverete le offerte più adatte al vostro progetto.
Tipologia di sito web
Offerte hosting consigliate
Sito di presentazione o “sito vetrina” di aziende (PMI) architetti, consulenti, ingegneri, geometri
Segui il nostro percorso guidato alla ricerca dell’hosting perfetto!
Se ad esempio dovete realizzare un semplice sito web personale, conviene orientarsi su un hosting gratuito, scelta che rimane valida sia per sperimentare le vostre soluzioni web che per testare il funzionamento del vostro sito “in piccolo”. In genere, comunque, i siti web non dovrebbero richiedere un ammontare eccessivo di risorse, considerando che Google indica come “tempo limite” di caricamento e restituzione di ogni pagina web un massimo di 200 millisecondi. Andando oltre questo limite il sito potrebbe risultare in un’esperienza di caricamento troppo lenta, e questo – nota bene – a prescindere dal tipo di hosting utilizzato, che deve essere visto come un miglioramento delle prestazioni e non come la soluzione di tutti i vostri problemi. Se un sito è fatto male e progettato peggio (o addirittura manca di una fase di progettazione) sarà comunque difficile lanciarlo e fargli avere successo.
Ovviamente considerate che per rendere valida questo genere di scelta è necessario che, a monte, il sito sia stato progettato in maniera adeguata, cosa spesso non scontata qualora ci si affidi a consulenti improvvisati o, come spesso mi è capitato, se le linee del progetto non siano state delineate correttamente. In questo caso è infatti necessario, prima di consultare la tabella proposta, mettere in chiaro le criticità del sito, individuare quali debbano essere le caratteristiche del sito web, come esso venga incontro alle richieste o ai bisogni dell’utente e così via. Solo così sarà possibile associare in modo corretto il tipo di hosting al progetto web in questione.
Come si creano gallerie di foto e più in generale di immagini su un sito WordPress? Vedremo in questo articolo come sia possibile crearle e gestirle nel modo più semplice possibile, sfruttando una funzione predefinita.
Devo premettere, per chi non lo sapesse, la funzione degli shortcode: uno shortcode (cliccando sul link trovate una guida dedicata interamente all’argomento) è un nome unico all’interno dell’ambiente WordPress, ed è un nome univoco programmabile, nel senso che può richiamare una funzione personala da noi creata (per intenderci in functions.php oppure nel codice di un plugin, per chi fosse pratico della procedura) il tutto semplicemente inserendo un nome univoco tra le parentesi quadre, quindi [ e ].
Come funziona lo shortcode [ Gallery ] di default
Creare gallerie di foto nei siti WordPress ha attraversato due fasi ben distinte nella storia delle varie versioni del CMS. Prima della versione 2.5 era indispensabile utilizzare un plugin esterno (NextGEN Gallery era, e rimane, una scelta molto comune per creare una gallery in WP) oppure inserire, ancora più semplicemente, delle immagini all’interno di pagine ed articoli, per poi sfruttare feature esterne del tema. In questo caso era obbligatorio ricorrere a photoblog o a theme che, comunque, avessero caratteristiche grafiche specifiche finalizzate alle gallerie di immagini.
Dalla 2.5 di WP in poi, invece, le cose sono migliorate: è stato introdotto un comodo shortcode nella forma usuale:
[ gallery ]
(nota: per esigenze di formattazione, negli esempi di questo articolo, se ricopiate gli shortcode dovrete rimuovere lo spazio dopo la [ e prima della ])
Shortcode che, poco dopo, è stato esteso con la possibilità ulteriore di parametri esterni:
[ gallery a=1 b=2 c=3 …]
A breve vedremo cosa permettono di fare i parametri dello shortcode gallery di WordPress: per adesso, la prima cosa da sapere è che nelle versioni più moderne, se stiamo utilizzando l’editor visuale ese inseriamo uno shortcode [ Gallery ], esso verrà renderizzato (cioè convertito in automatico) come galleria. Possiamo quindi specificare come parametri gli id delle immagini che vogliamo inserire:
[ gallery ids=”1,2,3,4,5″ ]
Come trovare gli id dei parametri dello shortcode Gallery
Per determinare gli id basta aprire, lato amministrativo o backend, la cartella Media, cliccare sull’immagine desiderata e ricopiare il numero intero dopo item=
Esempio shortcode con una singola immagine: [ gallery ids=36325 ]
Se creiamo uno shortcode possiamo anche, secondo me molto comodamente, editarlo lato visuale: abilitiamo l’editor Visuale (l’etichetta a destra dell’editor, a fianco di Testo) e poi clicchiamo prima sul blocco shortcode e poi sull’icona con la matita.
Esempio di uso dello shortcode Gallery
Vediamo un esempio visuale di come sia possibile farlo nella seguente screenshot.
Da qui, dunque, potremo aggiungere le immagine che più ci piacciono, cliccando su “Aggiungi alla galleria“.
Adesso non ci resta che selezionare le immagini che vogliamo (nota: per deselezionare basta cliccare una seconda volta). La spunta (√) in alto a destra ci servirà a capire che l’immagine è selezionata: quelle grigie sono state selezionate prima, quella evidenziata in azzurro è invece l’ultima scelta.
A questo punto non ci resta che cliccare su Aggiorna galleria in basso a destra per confermare le nostre scelte.
Eccovi, infine, un esempio che mostra alcune immagini casuali usate negli articoli di questo blog, tanto per capire l’effetto visuale che riusciamo a produrre nel concreto. L’ordine scelto è casuale, e la dimensione delle immagini è la più piccola qui disponibile per ragioni di spazio.
Queste sono le impostazioni per tutte le gallery che avrete a disposizione, di base.
Da solo, uno shortcode Gallery consente di pubblicare una galleria con tutte le immagini che vogliamo (precedentemente uploadate o caricate nella sezione Media del backend di WordPress) che vogliamo; con i parametri abbiamo inoltre la possibilità di gestire caratteristiche extra come quelle che vedremo adesso.
Come funzionano i parametri dello shortcode Gallery
Il parametro ids permette di specificare, separati da virgola, gli id delle immagini che vogliamo inserire: se vogliamo farlo a mano, siamo liberi di farlo, ma se vogliamo usare la procedura visuale che abbiamo appena illustrato è la stessa cosa, ovviamente. Il parametro id permette di specificare, volendo, le immagini di un singolo post: se vogliamo includere una galleria di tutte le immagini del post con id 123, scriveremo quindi:
[ gallery id=123 ]
Il parametro columns permette, invece, di specificare il numero di colonne su cui vogliamo disporre le immagini: stabilire questo numero precisamente dipende dalle caratteristiche del theme che stiamo usando, e di default saranno 3 colonne se non lo specifichiamo noi diversamente. order e orderby permettono di ordinare le immagini con vari criteri (per titolo, id, casualmente ecc.). Il parametro link=”file” permette di specificare, inoltre, il link ai singoli file immagine piuttosto che alla pagina di allegato standard del theme WP.
Come attivare le finestre modali nelle Gallery
Una cosa molto richiesta dagli utenti sono inoltre le lightbox, cioè le finestre modali all’interno delle gallery: per abilitarle esistono molti plugin, come ad esempio Responsive Lightbox che permette di creare finestre modali responsive per le immagini del proprio sito. La scelta potrebbe non essere banale a questo punto, perchè il plugin dovrebbe usare la stessa formattazione del theme che stiamo usando e, ad esempio, cambiando il theme potremmo perdere alcune caratteristiche della gallery: per cui tariamo sempre con grande attenzione questo e gli altri parametri delle Gallery WordPress.
Impostare correttamente i permessi sui file e sulle directory di WordPress è fondamentale per garantire la sicurezza e il buon funzionamento del tuo sito. Ci sono due modi per verificare i permessi WordPress: usando un client FTP e usando il terminale remoto SSH.
Ecco una guida su come impostare i permessi chmod sui file WordPress, in entrambi i casi.
Per chi va di fretta
Quando gestisci un sito WordPress su un server Linux, soprattutto in ambiente VPS o remoto con web server come nginx o Apache, è fondamentale configurare correttamente permessi e proprietà dei file. Questo garantisce sia la sicurezza che il corretto funzionamento delle applicazioni web, evitando problemi di accesso o modifiche indesiderate.
Qui di seguito trovi tre comandi essenziali per impostare i permessi e la proprietà dei file e delle cartelle nella directory principale del tuo sito web, /var/www/html/, in modo rapido ed efficace. In alcuni casi, i percorsi potrebbero cambiare.
Problemi potenziali di WordPress che potrebbero portarti qui
Quali sono gli errori che genera WordPress in caso di permessi male impostati? Quando i permessi dei file e delle directory in WordPress sono impostati in modo errato, possono verificarsi vari errori e problemi.
Impostare correttamente i permessi dei file e delle directory è fondamentale per il corretto funzionamento di WordPress. Gli errori di permessi possono causare una varietà di problemi, dall’impossibilità di caricare file al malfunzionamento di funzionalità cruciali. Assicurati di configurare i permessi e la proprietà dei file correttamente per evitare questi problemi e mantenere il tuo sito WordPress funzionante e sicuro.
Ecco un elenco degli errori più comuni che potresti incontrare e cosa significano, uno per uno.
Errore di Scrittura del File
Messaggio di Errore:
“Impossibile scrivere nel file.”
“Impossibile caricare il file.”
Causa: Questo errore si verifica quando WordPress non ha i permessi necessari per scrivere o modificare i file sul server. Potrebbe succedere durante il caricamento di file, l’installazione di plugin o temi, o l’aggiornamento del sistema.
Soluzione:
Verifica e correggi i permessi dei file e delle directory, assicurandoti che le directory siano generalmente impostate su 755 e i file su 644.
Assicurati che il file wp-content e le sue sottodirectory abbiano i permessi adeguati e siano di proprietà dell’utente corretto (ad es. www-data o apache).
Errore di Accesso al Database
Messaggio di Errore:
“Impossibile connettersi al database.”
“Errore di connessione al database.”
Causa: Questo errore potrebbe essere causato da permessi errati sul file wp-config.php, che contiene le credenziali del database. Se WordPress non può leggere questo file, non può connettersi al database.
Soluzione:
Imposta i permessi del file wp-config.php su 600 o 640.
Assicurati che il file sia di proprietà dell’utente corretto e che non ci siano problemi di accesso al file.
Errori di Accesso ai File .htaccess
Messaggio di Errore:
“Impossibile scrivere nel file .htaccess.”
“Errore di accesso al file .htaccess.”
Causa: Gli errori di accesso ai file .htaccess si verificano quando WordPress non può leggere o modificare il file .htaccess, che è essenziale per la gestione delle URL e delle regole di riscrittura.
Soluzione:
Imposta i permessi del file .htaccess su 644.
Assicurati che il file sia di proprietà dell’utente corretto.
Problemi con l’Editor di Temi e Plugin
Messaggio di Errore:
“Impossibile modificare il file.”
“Errore durante il salvataggio delle modifiche.”
Causa: Quando usi l’editor di temi o plugin incorporato in WordPress, un errore di permessi può impedire la modifica dei file. Questo può succedere se i file non sono scrivibili dal gruppo o dall’utente.
Soluzione:
Assicurati che i file dei temi e dei plugin siano scrivibili dal gruppo con permessi 664 e le directory con permessi 755.
Controlla che i file siano di proprietà dell’utente corretto o di un gruppo a cui l’utente appartiene.
Errori di Accesso alle Directory di Upload
Messaggio di Errore:
“Impossibile caricare il file.”
“Errore durante l’upload del file.”
Causa: Questo errore si verifica quando WordPress non ha i permessi necessari per scrivere nella directory di upload (wp-content/uploads), impedendo il caricamento di file multimediali.
Soluzione:
Imposta i permessi della directory uploads su 755 o 775, a seconda delle esigenze del server.
Assicurati che la directory sia di proprietà dell’utente corretto.
Messaggi di Errore Generali di Permessi
Messaggio di Errore:
“Permesso negato.”
“Non hai i permessi necessari per accedere a questa pagina.”
Causa: Questi errori generali possono verificarsi in vari contesti, come l’accesso a file o directory specifici per cui i permessi non sono configurati correttamente.
Soluzione:
Verifica e correggi i permessi per i file e le directory in questione.
Assicurati che il server web e WordPress abbiano i permessi necessari per accedere ai file e alle directory richiesti.
Errori di Plugin e Temi
Messaggio di Errore:
“Plugin non attivo.”
“Tema non trovato.”
Causa: I permessi errati sui file dei plugin o dei temi possono impedire a WordPress di caricare e attivare i plugin o i temi correttamente.
Soluzione:
Imposta i permessi dei file dei plugin e dei temi su 644 e delle directory su 755.
Verifica la proprietà dei file e assicurati che siano di proprietà dell’utente corretto.
Come impostare i permessi chmod per WordPress su Cyberduck
Impostare i permessi dei file e delle directory su WordPress utilizzando Cyberduck è un processo piuttosto semplice. Ecco una guida dettagliata su come farlo:
1. Collegati al Server
Apri Cyberduck e seleziona “Nuova connessione” o utilizza una connessione esistente per collegarti al tuo server.
Inserisci le credenziali FTP (host, nome utente, password e porta) e connettiti al tuo sito web.
2. Naviga alla Directory o al File
Una volta collegato, naviga nella directory del tuo sito web nel pannello di sinistra, che mostra i file e le directory del server.
3. Seleziona il File o la Directory
Trova il file o la directory per cui desideri modificare i permessi.
Fai clic destro sul file o sulla directory e seleziona “Info” o “Mostra info” dal menu contestuale.
4. Modifica i Permessi
Si aprirà una finestra chiamata “Info” o “Proprietà” con dettagli sul file o sulla directory.
Nella finestra delle informazioni, cerca la sezione “Permessi” o “File Permissions”.
Per le directory, imposta i permessi su 755:
Owner (proprietario): Lettura, scrittura ed esecuzione
Group (gruppo): Lettura ed esecuzione
Others (altri): Lettura ed esecuzione
Per i file, imposta i permessi su 644:
Owner (proprietario): Lettura e scrittura
Group (gruppo): Lettura
Others (altri): Lettura
Per il file wp-config.php, imposta i permessi su 600:
Owner (proprietario): Lettura e scrittura
Group (gruppo): Nessun permesso
Others (altri): Nessun permesso
Per la cartella wp-content/uploads, i permessi possono essere 755 o 775, a seconda delle necessità.
Modifica i permessi utilizzando il selettore numerico o le caselle di controllo corrispondenti. Se necessario, utilizza le opzioni per applicare i permessi ricorsivamente (a tutte le sottodirectory e file).
5. Applica i Cambiamenti
Dopo aver impostato i permessi desiderati, clicca su “OK” o “Applica” per salvare le modifiche.
6. Verifica i Permessi
Per confermare che i permessi siano stati applicati correttamente, fai clic destro sul file o sulla directory e seleziona di nuovo “Info” o “Mostra info” per controllare i valori.
Nota
Se non hai l’opzione di modificare i permessi, verifica se il tuo account FTP ha i diritti necessari. In tal caso, potrebbe essere necessario contattare il supporto del tuo provider di hosting.
Come impostare i permessi chmod per WordPress su FileZilla
Impostare i permessi dei file e delle directory su FileZilla è abbastanza semplice, come abbiamo visto. In pratica si tratta sempre di effettuare le operazioni nell’ordine corretto, qui è un po’ più agevole per l’utente secondo noi, ma la sostanza quella rimane.
1. Collegati al Server
Apri FileZilla e collega il tuo sito web utilizzando le credenziali FTP (host, nome utente, password e porta).
2. Naviga alla Directory o al File
Una volta collegato, naviga nella directory del tuo sito web nel pannello di destra, che mostra i file e le directory del server.
3. Seleziona il File o la Directory
Trova il file o la directory per cui desideri modificare i permessi.
Fai clic destro sul file o sulla directory e seleziona “Permessi file…” dal menu contestuale.
4. Modifica i Permessi
Si aprirà una finestra chiamata “Permessi file”.
Nella finestra, vedrai un campo chiamato “Valore numerico”. Puoi inserire direttamente il valore dei permessi che desideri, ad esempio:
755 per le directory
644 per i file
600 per wp-config.php
775 per wp-content/uploads se necessario
Oppure puoi selezionare le caselle di controllo per impostare i permessi, come:
Lettura (Read)
Scrittura (Write)
Esecuzione (Execute)
Per le directory, dovresti abilitare l’opzione “Ricorsiva” per applicare i permessi a tutte le sottodirectory e file all’interno. Per i file, non è necessario selezionare “Ricorsiva”.
5. Applica i Cambiamenti
Dopo aver impostato i permessi desiderati, fai clic su “OK” per applicare i cambiamenti.
6. Verifica i Permessi
Per assicurarti che i permessi siano stati applicati correttamente, puoi fare clic destro sul file o sulla directory e selezionare “Permessi file…” di nuovo per verificare i valori.
Nota
Assicurati di avere le autorizzazioni adeguate per modificare i permessi. Se non riesci a modificare i permessi, potrebbe essere necessario contattare il tuo provider di hosting.
Seguendo questi passaggi, dovresti essere in grado di impostare i permessi dei file e delle directory su FileZilla in modo semplice e veloce. Se hai bisogno di ulteriori chiarimenti o aiuti, fammi sapere!
Cambiare i permessi in WordPress (spiegazione teorica)
Nei file system (quello di WordPress è solo un esempio, ogni sito e ogni app ne avrà uno) i permessi specificano chi e cosa può leggere, scrivere, modificare e accedere ai file e alle directory. Questo è particolarmente importante per WordPress, che potrebbe aver bisogno di accesso in scrittura a determinati file nella directory wp-content per abilitare alcune funzioni, ma ha anche bisogno che soltanto chi è autorizzato a compiere determinate operazioni possa farlo, evitando abusi di utenti malevoli e malware. Stando alla guida ufficiale di WordPress, le regole stabiliscono cosa e chi possa accedere, ricordando che WordPress è un sistema che lavora su Linux tipicamente, e che permette a più utenze definite con chown di accedere – aspetto spesso sottovalutato dai principianti che tendono a pensare che l’utente sia unico o sia sempre root, quando in realtà ce ne sono almeno due operativi!
Il comando chown
Il comando chown è essenziale per garantire che i file e le directory di WordPress abbiano il proprietario e il gruppo corretti, il che è cruciale per il funzionamento sicuro e corretto di WordPress. Assicurati sempre, pertanto, di combinare correttamente chown con chmod per gestire sia i permessi che la proprietà dei file e delle directory.
Quando si tratta di gestire i permessi dei file e delle directory per WordPress, non solo i permessi (chmod) sono importanti, ma anche la proprietà dei file e delle directory (chown) gioca un ruolo cruciale. Ecco come si inserisce il comando chown nel contesto dei permessi.
Il comando chown viene utilizzato per cambiare il proprietario e/o il gruppo di file e directory. Questo è essenziale perché WordPress e il server web devono avere il controllo appropriato sui file per poter funzionare correttamente.
Per esempio, potrebbe essere necessario reimpostare i permessi chwon in questo modo (ideale per Debian / Ubuntu Linux):
chown -R www-data:www-data /var/www/html/ (ad esempio)
Nel comando sopra:
-R indica che il cambiamento di proprietà deve essere applicato ricorsivamente a tutte le directory e file all’interno di /percorso/wordpress.
www-data:www-data indica che sia il proprietario che il gruppo devono essere impostati su www-data (un comune utente e gruppo per il server web in ambienti Debian/Ubuntu).
In alternativa potremmo impostare chwon solo per un file:
chown www-data /var/www/html/wp-config.php
Il comando chown è essenziale per garantire che i file e le directory di WordPress abbiano il proprietario e il gruppo corretti, il che è cruciale per il funzionamento sicuro e corretto di WordPress. Assicurati di combinare correttamente chown con chmod per gestire sia i permessi che la proprietà dei file e delle directory.
In genere si tratta quasi sempre di combinare le due cose, per poter usare WordPress senza difficoltà, quindi ad esempio:
I permessi dei file su Linux consistono principalmente di tre componenti:
Permessi del proprietario del file o della directory.
Permessi del gruppo che possiede il file o la directory.
Permessi per tutti gli altri che vogliono accedere o modificare il file o la directory.
Questi tre componenti di permesso sono solitamente rappresentati da tre numeri, che indicano rispettivamente i permessi per il proprietario, il gruppo e tutti gli altri.
Tipi di Accesso
Ci sono tre tipi di accesso per ciascun utente, gruppo e altri:
Accesso in lettura: Permette di leggere il contenuto del file o della directory.
Accesso in scrittura: Permette di modificare il file o la directory.
Accesso in esecuzione: Permette di eseguire il file come un programma o uno script.
Permessi
I permessi sono calcolati sommando i seguenti valori per l’utente, il gruppo e tutti gli altri:
0677: -rw-rwxrwx (Il proprietario ha solo lettura e scrittura (6), gruppo e altri hanno lettura, scrittura ed esecuzione (7)).
0670: -rw-rwx— (Il proprietario ha solo lettura e scrittura, il gruppo ha lettura, scrittura ed esecuzione, e gli altri non hanno permessi).
0666: -rw-rw-rw- (Tutti hanno solo lettura e scrittura (6)).
0600: -rw——- (Il proprietario ha solo lettura e scrittura, il gruppo e gli altri non hanno permessi).
Lo schema dei Permessi per WordPress
I permessi possono variare leggermente a seconda dell’hosting, quindi questa guida cerca di fornire il criterio generale. Per esperienza in questi anni possiamo dire che difficilmente si trova subito la quadra copia-incollando il primo comando che si trova, ma è sempre necessario fare un po’ di test.
Ricordatevi inoltre che i comandi ricorsivi richiedono in genere almeno qualche minuto per essere terminati.
I criteri generali da seguire per un corretto CHMOD su WordPress sono i seguenti.
Proprietario e Permessi: Di solito, tutti i file dovrebbero essere di proprietà del tuo account (FTP) sul server web e dovrebbero essere scrivibili da questo account. Nei server condivisi, i file non dovrebbero mai essere di proprietà del processo del server web stesso (a volte www, apache, o nobody).
Accesso in Scrittura: Qualsiasi file che necessita di accesso in scrittura da parte di WordPress dovrebbe essere di proprietà o appartenere al gruppo dell’account utente usato da WordPress (che può essere diverso dall’account del server). Ad esempio, se WordPress sta girando come account FTP, quell’account deve avere accesso in scrittura, ossia deve essere il proprietario dei file o appartenere a un gruppo che ha accesso in scrittura. In tal caso, i permessi potrebbero essere più permissivi del default (per esempio, 775 anziché 755 per le directory e 664 anziché 644 per i file).
Permessi del File wp-config.php: Questo file contiene informazioni sensibili e deve essere “irrobustito” con permessi più severi. Inizialmente, il file è creato con permessi 644, ma è rischioso lasciarlo così. È consigliabile impostarlo su 600.
Permessi Generali: Tutti i file core di WordPress dovrebbero essere scrivibili solo dal tuo account utente (o dall’account httpd, se diverso). Tuttavia, se utilizzi Permalink con mod_rewrite o altre funzionalità di .htaccess, assicurati che WordPress possa anche scrivere nel file /.htaccess.
Editor di Temi: Se desideri utilizzare l’editor di temi incorporato, tutti i file devono essere scrivibili dal gruppo. Verifica la funzionalità prima di modificare i permessi.
Plugin e Directory di Cache: Alcuni plugin richiedono che la cartella /wp-content/ sia scrivibile. Questo può richiedere permessi 755 o, in alcuni casi, 775. Lo stesso vale per /wp-content/cache/ e /wp-content/uploads/. Se utilizzi MultiSite, potrebbe essere necessario applicare gli stessi permessi a /wp-content/blogs.dir/.
Hosting con modulo “suexec”
Le informazioni sopra possono non applicarsi agli hosting condivisi che utilizzano il metodo “suexec” per eseguire i file PHP. In questi sistemi, il processo PHP viene eseguito come il proprietario dei file PHP stessi, consentendo una configurazione più semplice e un ambiente più sicuro. In tal caso:
Tutti i file dovrebbero essere di proprietà dell’account utente reale, non dell’account usato per il processo httpd.
La proprietà di gruppo non è rilevante, a meno che non ci siano requisiti specifici per i permessi del processo web-server.
Tutte le directory dovrebbero avere permessi 755 o 750.
Tutti i file dovrebbero avere permessi 644 o 640, con l’eccezione di wp-config.php, che dovrebbe essere 440 o 400 per prevenire la lettura da parte di altri utenti sul server.
Nessuna directory dovrebbe mai avere permessi 777, nemmeno le directory di upload. Il processo PHP, essendo l’owner dei file, può scrivere anche in una directory 755.
In una configurazione suexec, WordPress rileverà che può creare file direttamente con la proprietà corretta e non richiederà credenziali FTP per aggiornamenti o installazioni di plugin.
Metodi popolari per questa configurazione:
suPHP: Esegue tramite php-cgi, attualmente non mantenuto dal 2013.
mod_ruid2: Modulo Apache, attualmente non mantenuto dal 2013.
mpm-itk: Modulo Apache.
mod_fcgid: Modulo Apache e server FastCGI con configurazione più estesa.
PHP-FPM: Un’alternativa FastCGI con OPCode condiviso, utilizzabile con Apache e Nginx.
Come impostare i permessi delle directory WordPress – SSH
Le directory di WordPress devono avere permessi impostati su 755, in modo ricorsivo (per le cartelle principali e per tutte quelle contenute al loro interno). Questo significa:
Il proprietario potrà leggere, scrivere ed eseguire.
Il gruppo potrà leggere ed eseguire.
Gli altri utenti potranno leggere ed eseguire.
Per applicare questi permessi a tutte le directory, puoi scrivere da terminale SSH:
find /percorso/wordpress -type d -exec chmod 755 {} \;
Sostituisci /percorso/wordpress con il percorso reale della tua installazione WP.
I percorsi tipici possono essere variabili (vanno checkati nella pratica del server e non c’è un modo per saperlo a priori, quindi verificate bene questa cosa):
/var/www/html
/var/www/wordpress
...
Permessi dei File WordPress (644) – SSH
I file di WordPress devono avere permessi impostati su 644, in modo ricorsivo (per le cartelle principali e per tutte quelle contenute al loro interno). Questo significa:
Il proprietario può leggere e scrivere.
Il gruppo può solo leggere.
Gli altri utenti possono solo leggere.
Per applicare questi permessi a tutti i file, usa il comando: find /percorso/wordpress -type f -exec chmod 644 {} \; Sostituisci /percorso/wordpress con il percorso reale della tua installazione di WordPress.
3. Permessi per wp-config.php
Il file wp-config.php contiene informazioni sensibili e dovrebbe avere permessi impostati su 600. Questo significa:
Il proprietario può leggere e scrivere.
Il gruppo e gli altri utenti non hanno alcun permesso.
Per impostare questi permessi per wp-config.php, usa il comando:
chmod 600 /percorso/wordpress/wp-config.php
Sostituisci /percorso/wordpress con il percorso reale della tua installazione WordPress.
Permessi per la Cartella di Uploads
La cartella wp-content/uploads potrebbe richiedere permessi di scrittura per il server web. Generalmente, 755 è sufficiente, ma in alcuni casi potrebbe essere necessario 775.
Per impostare i permessi su 755, usa il comando:
chmod 755 /percorso/wordpress/wp-content/uploads
Se hai bisogno di 775 (su alcuni host è obbligatorio), usa:
chmod 775 /percorso/wordpress/wp-content/uploads
Impostazioni di Proprietario e Gruppo
Assicurati che i file e le directory siano di proprietà dell’utente e del gruppo corretti. Di solito, l’utente e il gruppo dovrebbero essere quelli con cui il server web è in esecuzione, come www-data su sistemi basati su Debian/Ubuntu.
Per cambiare proprietario e gruppo, usa il comando:
chown -R www-data:www-data /percorso/wordpress
Sostituisci /percorso/wordpress con il percorso reale della tua installazione di WordPress.
Come controllare se i permessi sono corretti – SSH
Per controllare che i permessi siano OK da SSH, verifica i permessi con il comando
ls -l .
Esegui regolarmente backup e aggiornamenti per mantenere la sicurezza del tuo sito WordPress.
Vuoi installare Google analytics nel tuo sito e stai impazzendo tra tutorial vecchi, poco chiari o incomprensibili? Niente paura, la guida di Trovalost.it ti porterà sulla giusta strada in pochi click.
Creare un account Gmail (o usare il proprio)
Per usare Google Analytics su WordPress è indispensabile, come prima cosa, avere un account Gmail: sarà la nostra chiave di accesso ai dati delle visite del nostro sito, ed eventualmente condividere l’accesso con altri collaboratori. Se abbiamo già un account Gmail, possiamo utilizzare direttamente il nostro: altrimenti è comodo crearne uno per i nostri clienti, oppure per il nostro sito a seconda dei casi – insomma un indirizzo email appositamente creato per
Per aprire un account Gmail clicca su questo link:
https://accounts.google.com/SignUp
(si apre in una nuova finestra) e poi continua a leggere le istruzioni 🙂
Come creare una proprietà di Google Analytics
Questo primo passaggio serve a creare il “contenitore” con tutti i dati sulle visite del tuo sito. Devi fare così:
Entra dentro Google Analytics con la mail di Gmail e la password (esattamente come se stessi facendo l’accesso alla tua email);
Una volta dentro Analytics, clicca in alto nel menu sulla voce Amministratore;
Nella schermata che vedrai a questo punto, dovrai fornire le informazioni sul tuo sito in WordPress, lo stesso per cui desideri installare Google Analytics. Prima di tutto, qui, specifica un nome (identificativo) a tua scelta per il dominio, per semplicità puoi mettere il nome del sito; poi devi indicare l’URL cioè l’indirizzo del sito (comprensivo di HTTP:// o HTTPS://, nello specifico), nuovamente il nome del sito e poi il tuo fuso orario EU/Rome o altro (ti servirà per vedere a che ora ricevi visite).
Eccoti una schermata di esempio con tutti i campi da compilare
Clicca ora sul bottone “Ottieni l’ID di monitoraggio” per procedere oltre (si trova a fondo pagina); dopo qualche secondo dovresti aver ottenuto l’ID (cioè il codice univoco) di monitoraggio del sito. Questo serve a Google ad identificare il tuo sito web, e capire quante e quali visite ci stiano arrivando.
Ora devi passare di nuovo al menu amministratore, e fare caso alla seconda colonna delle tre che dovresti vedere: dovresti vedere un pulsante con su scritto Informazioni sul monitoraggio. Cliccaci: si aprirà una colonna con varie opzioni: clicca su Codice di monitoraggio.
Adesso sotto Monitoraggio del sito web dovresti trovare una finestra con del codice HTML da copiare ed incollare (potrebbe esserci scritto Tag globale del sito (gtag.js) ); clicca nella finestra di codice, sarà selezionata in automatico. Adesso clicca col tasto destro e vedrai un menu: seleziona Copia. Adesso sei pronto ad incollare il codice: qui fai attenzione, perchè è facile sbagliarsi.
Per introdurre il codice di monitoraggio dentro WordPress ci sono vari modi: di solito, bisognerebbe inserire il tutto dentro il file header.php del tuo theme child. Ma non tutti sono programmatori e non tutti hanno un theme child: per cui suggerirò un modo molto semplice per integrare il codice, via plugin, senza impazzire in altri modi o perdere la modifica con successivi aggiornamenti.
Come prima cosa installare il plugin di WordPress:
Simple Custom CSS and JS
e naturalmente attivatelo. Adesso dal menu a destra di amministrazione di WP dovreste vedere un’opzione:
Custom CSS and JS
A questo punto:
Cliccateci e selezionate l’opzione Add Custom HTML.
Come titolo inserite Google Analytics.
Nel testo incollate il codice di Google analytics copiato in precedenza.
Selezionate l’opzione Header sotto Where on page (si trova a destra dell’editor)
Cliccate su Pubblica
…fatto! Google Analytics è ora installato felicemente nel vostro sito web.
Se WordPress è la tua passione o il tuo lavoro, e stai facendo funzionare uno o più siti con questo CMS, un plugin SEO può aiutarti concretamente a migliorare le prestazioni del tuo sito su Google. Un buon plugin per l’ottimizzazione sui motori di ricerca può aiutare ad evitare, arginare o eliminare problemi nella scansione, nell’indicizzazione e nel posizionamento del nostro sito, garantendo una perfetta interazione con l’utente per quello che riguarda la SEO onsite. Ma quale plugin scegliere per la SEO?
In questo articolo proporremo una rassegna dei principali a nostra disposizione gratuitamente. Continuate a leggere e scoprirete facilmente quale sia più adatto per il vostro caso!
Le attività di ottimizzazione di un sito web, a livello sia tecnico che di contenuti e sia internamente che esternamente al sito va sotto l’acronimo generale SEO, che significa Search Engine Optimization o Ottimizzazione per i Motori di Ricerca. Ottimizzare il sito in questo senso significa effettuare vari tipi di operazioni, diverse tra loro nella sostanza ma sempre simili tecnicamente, finalizzate a portare un buon numero di visitatori utili sul portale.
Come qualsiasi altro CMS moderno, WordPress è ben predisposto per la SEO, e si presenta in modo molto comodo per l’utente: essendo orientato ai contenuti, e disponendo di un buon CMS di fondo, permette di intervenire direttamente sulle modifiche ai title e meta-description, ad esempio, e di modificare i contenuti mediante un comodo editor di testo.
I plugin SEO servono a potenziare e valorizzare meglio alcune caratteristiche del CMS stesso.
Premessa: come impostare correttamente i permalink
Non installate plugin SEO aspettandovi chissà cosa in automatico: nulla nella SEO è davvero automatico se non c’è un SEO abile che manovri e pianifichi le varie operazioni. La prima cosa da tenere in conto (e che vi servirà davvero conoscere) è che, di suo, WordPress offre un discreto supporto nativo alle basilari attività di questo, in particolare alle cosiddette onsite: basta attivare fin da subito i Permalink (da Impostazioni->Permalink), infatti, ed impostarli in modo tale che siano SEO friendly o che abbiano la forma cosiddetta “parlante”.
Non serve usare alcun plugin per questo: una volta impostati gli URL SEO friendly in modo corretto, non sarà necessario effettuare altri passi: tutti gli URL del sito saranno adattati alla nuova forma. Una selezione standard è ad esempio Data e nome oppure Mese e nome, più essenziale è Nome articolo (senza data, stavolta), meno comune è quella Numerico. In generale esiste anche una sintassi opportuna per valorizzare gli URL di WordPress e dare loro un template, cioè una “forma generale” da seguire nel sito.
Alcuni suggerimenti SEO per scrivere e determinare buone strutture di permalink:
inserite la data nell’URL solo se l’elemento temporale è importante per il sito (ad esempio sito di news);
inserire il post_id degli articoli è un modo sicuro, in molti casi, per generare URL univoci e distinguibili (non è il metodo più user-friendly, comunque);
inserite soltanto il nome del post senza data se la data non è essenziale (sito di tutorial, ad esempio) – attenzione: nascondere un dato dall’URL non equivale a nasconderlo a Google!
inserite la categoria se ritenete che il nome della categoria sia importante per far capire all’utente il contenuto dell’articolo;
ricordate che non è possibile (e non converrebbe comunque, a pensarci bene) inserire i tag nei permalink, in generale; non confondete l’uso delle categorie con quello dei tag, infatti i primi dividono i secondi uniscono gli argomenti del vostro sito;
per tutto il resto non esistono regole a priori: tutto sta alla vostra perizia e capacità di evidenziare gli elementi giusti per utenti e motori di ricerca (fonte).
Esempio pratico di uso dei permalink WordPress
Ad esempio, se intitoliamo un articolo Mille modi per cazzare la randa un URL amichevole lato SEO sarà del tipo:
miosito.it/…/…/mille-modi-cazzare-randa.html
dove il nome dell’URL ricalca il titolo, mentre le parti con i puntini possono mancare o essere presenti: allo scopo di URL user friendly, di fatto, non ci interessa. Di norma è opportuno lasciare i riferimenti alla data (almeno al mese e all’anno dell’articolo), per quanto non sia una regola generale e molti siti web preferiscano omettere questa informazione.
Come informazione extra, sappiate che è anche possibile modificare il titolo dell’articolo in seguito e lasciare l’URL, nel frattempo, invariato: questa operazione permette di generare contenuti più flessibili lato SEO e più ad ampio respiro, in qualche modo, ed è consigliato in generale non ripetere identiche parole nell’URL e nel titolo: in fondo, da un punto di vista SEO sono spazi a nostra disposizione, per cui tanto vale sfruttarli in modo multi-dimensionale.
L’uso tipico della cache è quello di velocizzare il caricamento delle pagine, specie se critiche o molto visitate, a condizione di impostarne correttamente i parametri, ed ammesso che sussistano le condizioni per farlo: ad esempio, se attiviamo un plugin del genere per WordPress su un sito, possiamo riuscire a ridurre i tempi caricamento attivando una pre-carica dei contenuti HTML, CSS e JS, e fornendo al visitatore una copia statica del sito: questo sarà tutto a vantaggio della velocità , perchè evita che il sito debba richiamare PHP e database MySQL. Lo svantaggio è che se una cache è male impostata, di fatto, i visitatori potrebbero non vedere necessariamente l’ultima versione di un articolo o di altro tipo di contenuto.
Prima di fare uso di un qualsiasi plugin SEO per WP, è indispensabile conoscere i principi base dell’ottimizzazione: valgono in generale, e sono stati descritti approfonditamente nell’articolo Come ottimizzare WordPress per la SEO.
Come scegliere il miglior plugin SEO
La scelta tra i vari plugin di SEO, in generale, è influenzata da una serie di valutazioni:
interfaccia di funzionamento: non tutte sono equivalenti, quasi tutti sono intuitive ma non forniscono per forza lo stesso livello di dettaglio;
funzionalità : tutti i plugin di cache sono simili tra loro, sebbene si presentino all’utente in maniera diversa tra loro. Le differenze tra le possibilità offerte sono legate al tipo di tecnologie coinvolte, al server utilizzato (Apache, NGINX, …) ed al tipo di implementazione del codice.
Supporto online: tutti i plugin presentati in questa pagina possiedono buone community di supporto, in grado di dare risposte a chiunque abbia difficoltà .
Rank Math SEO
Questo plugin è uno strumento per gestire la SEO onsite del proprio blog, e si distingue per la chiarezza d’uso, le opzioni compatte e le opportunità concrete che vengono offerte. Una volta compreso il suo funzionamento, avrete la possibilità di gestire le impostazioni del vostro sito per l’ottimizzazione sui motori senza intoppi, ed il più delle volte non dovrete più cambiare le impostazioni stesse in futuro.
In particolare, potete impostare liberamente title e description (sia con un template globale per ogni tipo di contenuto che, nello specifico, sui singoli contenuti), evitare l’indicizzazione di parti inutili, impostare il robots.txt, le sitemap oltre sfruttare l’intelligenza artificiale per ricevere specifici suggerimenti e automazioni operative.
Piaccia o meno è il plugin SEO più popolare al mondo, e certamente molto del suo successo deriva dal mix tra facilità di uso e potenzialità sfruttate. Analizzato per primo non a caso, poichè si tratta della scelta più frequente, per quello che mi riguarda, al fine di attivare un controllo snello e veloce sulla SEO del proprio sito.
Consigliato (tutto sommato) perchè:
è facile da configurare;
mostra davvero l’essenziale;
limita la possibilità di errore (ma al tempo stesso potrebbe “guidare” male alcune nostre scelte);
genera la sitemap XML correttamente nel 99% dei casi;
permette di controllare vari aspetti legati alla Search Console;
gli snippet con title e description sono modificabili direttamente
Svantaggi potenziali sono:
alcune sezioni sono fuorvianti, per non dire errate (il limite di 300 parole di cui parla mentre editi un articolo è arbitrario, ed i semafori di Yoast sono – con tutte le buone intenzioni del mondo, s’intende – semplicemente ingannevoli);
non permette facilmente di differenziare il title dal tag h1 dell’articolo; è possibile farlo solo editando i singoli articoli;
presenta indici di leggibilità e semaforo SEO poco chiari, poco utili (parere personale) o del tutto fuorvianti;
non permette di gestire feature avanzate di cui invece altri plugin dispongono.
Altro plugin un po’ più tecnico, ma molto comodo da personalizzare. Come alternativa a Yoast è decisamente buono, e presenta tutto quello che ci serve per una buona SEO onsite.
Consigliato perchè:
è abbastanza facile da configurare;
presenta più opzioni di altri plugin e permette di configurare la parte onsite con maggiori libertà , incluse le sezioni noindex, nofollow;
mostra l’essenziale senza i fronzoli e le opzioni inutili di altri;
limita la possibilità di errore;
genera la sitemap XML correttamente nel 99% dei casi;
permette di controllare vari aspetti legati alla Search Console;
gli snippet con title e description sono, anche quim modificabili direttamente o per singolo articolo o pagina
Svantaggi potenziali sono:
alcune sezioni non sono immediate
l’interfaccia è meno user-friendly di altri plugin
Lo riporto per completezza, anche se non è consigliabile utilizzarlo dato che non viene aggiornato da qualche tempo (3 anni fanno pensare che non sarà più aggiornato). A suo tempo consigliato perchè:
molto ricco di opzioni, si adatta a qualsiasi tipologia di situazione di sito;
permette un controllo molto raffinato e “granulare” alle pagine mediante una pratica tabella unificata (esempio: potete impostare a parte title e meta description delle pagine senza dover editare l’articolo, permettendovi così di differenziare <h1> e <title> se necessario); vale per post, pagine, tipi personalizzati e media;
permette di gestire facilmente i link interni (deep links) mediante un meccanismo ad hoc: tutte le anchor text possono essere auto linkate di default, volendo;
dispone di un’enorme numero di moduli (circa una ventina) per robots.txt, per noindex, nofollow ecc.
i moduli si possono disabilitare, se non utilizzati
ha un’eccellente sitemap XML e permette di generarla in più modi (per data e per categorie, ad esempio).
Svantaggi potenziali:
non è un plugin per principianti;
molte sezioni possono confondere;
c’è forse qualche modulo che andrebbe semplicemente rimosso, troppo specifico o troppo poco utile.
Secondo me, al limite, potrebbe essere una discreta base open source per sviluppare un plugin SEO nuovo di zecca. I SEO non tecnici farebbero bene a puntare su altri lidi, in generale.
Vuoi cambiare colori delle tue pagine web, oppure definire un nuovo stile per il corsivo della tua pagina? Eccoti una guida diretta, senza fronzoli e semplicemente ideale per i principianti.
Che cos’è il CSS
CSS è il modo che viene offerto all’interno del markup HTML per modificare lo stile delle pagine web, ovvero definire nei minimi dettagli come debbano apparire i vari “pezzi” che compongono la pagina. Tradizionalmente, questo genere di modifiche veniva fatto da codice: si andava a modificare il file .HTML, e si interveniva sulla sezione inclusa nei tag <style> oppure, in molti casi, si modificano i file .css che erano inclusi nella pagina stessa. Con l’avvento dei CMS dinamici le cose sono radicalmente cambiate, visto che è WordPress (ma anche Joomla! e via dicendo) a stabilire la politica di inserimento degli script.
Come modificare il CSS delle pagine in WordPress
Modificare il CSS di una pagina in WordPress, pertanto, passa necessariamente per un minimo di conoscenza di questi “meccanismi” di inserimento. In genere, WordPress include i file di stile in due modi:
mediante il theme che si sta usando (ed il file di solito si chiama style.css);
mediante plugin che eventualmente modificano lo stile della pagina
Entrambi i casi sono complessi da analizzare e soprattutto poco ideali per i principianti: non fosse altro che, alla fine dei conti, bisogna saperne di più sul Codex di WordPress (cioè su come funziona internamente a livello di codice PHP).
Per aggirare questo problema, solitamente consiglio un approccio più leggero e gestibile, che si basa su un plugin molto facile da usare che si chiama:
questo plugin fa una cosa molto utile, ovvero permette di inserire blocchi di stile in CSS, frammenti HTML e codice JS dentro tutte le pagine, oppure (volendo) solo in pagine specifiche (utilizzando la versione premium). La versione free ad ogni modo va bene, direi per il 70% dei casi in cui avete bisogno di modificare il CSS del vostro sito, e la cosa interessante è che in genere questo sistema funziona anche sui theme proprietari o fatti da altri webmaster, senza costringervi a toccare o muovere una sola riga di codice PHP. Quindi lasciate perdere qualsiasi altro approccio vi sia stato proposto, perchè credetemi che questo è un modo davvero facile per personalizzare il vostro sito e, con un po’ di furbizia e di esperienza, fare tutte le modifiche che volete anche dove sembrano praticamente impossibili.
Struttura di una pagina HTML
Ecco la generica struttura comune a qualsiasi pagina HTML, da Google.it a Wikipedia passando per Trovalost e per il sito della vostra banca. Se da un lato c’è una struttura fatta di tag HTML (delimitati da < e >), dall’altra c’è il risultato che viene, come si dice in gergo, renderizzato dal vostro browser quando provate ad aprirla.
Anche se è generata da WordPress, la pagina HTML sempre quella rimane: in pratica, è suddivisa in 3 sezioni base che sono l’HEADER (la parte alta della pagina, il BODY (il corpo) ed il FOOTER (la parte finale).
Per quello che ci interessa, nella parte HEADER andranno a finire i file CSS, nel body metterete solo markup HTML e nel FOOTER, infine, andremo a mettere gli script (una pagina HTML in questo caso si dice “ben formata“). Simple Custom CSS & JS permette di intervenire a questo livello, e lo fa (cosa davvero fantastica, secondo me) direttamente da backend. Nello specifico permette di:
aggiungere uno o più blocchi di CSS nell’HEADER, per ogni pagina;
aggiungere uno o più script in JS nel FOOTER, per ogni pagina;
aggiungere uno o più blocchi HTML per ogni pagina (utile per validare il sito presso i programmi di affiliazione o la search console, ad esempio)
Di default, quello che inserirete andrà a finire su tutte le pagine. Una volta installato, il plugin aggiungerà un menù laterale sulla sinistra, nel quale troverete (vedi immagine in basso) 4 voci: clicchiamo sulla seconda, ad esempio, dove c’è scritto Add Custom CSS (All custom code permette di vedere tutti i blocchi che avete già inserito).
Ci torneremo tra un attimo, non prima di aver fatto un mini-corso davvero essenziale su come funziona il CSS e come si usa.
Come funziona il CSS
Il CSS (fogli di stile a cascata, o Cascading Style Sheet) si basa essenzialmente su definizioni di proprietà , che possono essere singole oppure di gruppo.
Sintassi base CSS
Ad esempio, per definire un colore rosso, andremo a scrivere una proprietà color con valore red:
color: red;
molto semplice e leggibile, insomma, per quanto si usi più spesso la notazione esadecimale per i colori – il rosso è ad esempio #ff0000, e potrete mappare tutti i colori che volete ad esempio qui). Quindi la cosa di prima potete scriverla in modo equivalente come:
color: #ff0000;
Attenzione alla sintassi: bisogna sempre scrivere il nome della proprietà seguito da :, poi uno spazio, poi il valore della proprietà , poi sempre un ; finale.
Chiarito questo, possiamo scrivere qualsiasi altra proprietà che riguardi non solo i colori, ma anche forma dei caratteri, spaziatura e posizionedi qualsiasi elemento HTML che vogliamo. Qui arriva l’inghippo: se usassimo solo questo formato “nudo”, il browser non saprebbe a quale elemento HTML associarlo.
Uso dei selettori CSS
E allora che cosa si fa? Si utilizzano tre tipi di selettori, ovvero di elementi che servono ad identificare – nell’esempio qui sopra – cosa vogliamo colorare di rosso. Primo selettore è il nome dell’elemento HTML, quindi ad esempio se scrivessimo:
h1{
color: #ff0000;
}
significherebbe “colora tutti gli H1 del sito di rosso nella gradazione #ff0000“. Questo selettore non deve essere per forza un H1, ma può essere un tag <em>, un <a> (link), uno <span>, un <div> e così via. Un secondo tipo di selettore potrebbe essere un ID, ovvero un attributo che identifica nell’HTML originale l’elemento, quindi ad esempio se abbiamo in HTML:
<div id=”contenitore_principale”>
se poi vado a scrivere nel CSS il nome dell’ID con il # davanti:
#contenitore_principale{
color: #ff0000;
}
avrò fatto in modo che tutti i div identificati da contenitore_principale siano colorati di rosso. Questo per il colore del testo, ma per lo sfondo, ad esempio, come si fa? Facile, basta cambiare il nome della proprietà ed usare background-color:
#contenitore_principale{
background-color: #ff0000;
}
Un terzo ed ultimo tipo di selettore è la classe, che funziona in modo simile all’ID ma che in CSS viene identificato da un . prima del nome:
.container13{
background-color: #ff0000;
}
che andrà a colorare lo sfondo di un HTML fatto così:
<div class=”container13″>
In breve, è tutto qui, e serve ovviamente un pochino di pratica per capire davvero come funzioni il tutto. Le varie proprietà del CSS sono molto, molto numerose, ovviamente, e si possono anche combinare tra di loro, ma per quello che ci serve è opportuno fermarci qui e tornare un attimo al funzionamento del plugin che abbiamo installato.
Pubblicare CSS personalizzato in WordPress: passo-passo
Torniamo quindi al menu principale del plugin:
e clicchiamo direttamente su Add Custom CSS, che permette di inserire la definizione di stile che abbiamo spulciato prima direttamente nel vostro sito in WordPress. Poniamo di voler colorare di rosso, ad esempio, tutti gli H1 del vostro sito web: per farlo, facciamo click sulla voce in esame, ed incolliamo il seguente codice nella schermata, avendo cura di inserire un titolo significativo per ricordarci a cosa serve quello snippet.
Esempio:
sulla sinistra troviamo opzioni che in genere potete lasciare così come sono. Linking type lasciamo selezionato “Internal“, per una questione di efficenza di caricamento (vedi ottimizzazione del PageSpeed Insights); Where on page lasciamo selezionato Header, così il CSS andrà dove deve andare. Where in site, infine, ovviamente lasciamo selezionato In frontend, che è la parte pubblica del sito.
Fatto questo, pubblichiamo le modifiche:
e a questo punto dovreste già vedere gli H1, cioè i titoli degli articoli del vostro sito, colorati di rosso. Se non dovesse funzionare in prima istanza, potete forzare la proprietà inserendo un !important dopo la definizione e prima del ;, che quindi diventerebbe:
color: #ff0000!important;
Una volta pubblicato questo snippet, ne potete pubblicare anche altri secondo la politica che più preferite; io consiglio sempre di mantenere separati logicamente i vari pezzi di codice, in ottica di ordine e di gestione efficente e veloce del sito web. Separati logicamente in altre parole significa: creo un widget per i colori, uno per il posizionamento dei pezzi della pagina, uno per le accortezze topigrafiche e così via.
Disattivare e attivare il CSS all’occorrenza
La grandezza di questo plugin è che vi permette di innestare CSS per personalizzare il sito senza dover toccare nulla nella struttura dello stesso, e anzi potendolo disabilitare all’occorrenza. Se cliccate su All custom code, nello specifico, troverete quello che avrete creato e potrete disabilitarlo all’occorrenza (ad esempio quando fate debug) cliccando su Deactivate:
Non finisce qui, ed anzi abbiamo appena cominciato: sul web trovate un sacco di guide più o meno avanzate al CSS, e non avrete che consultarle dopo aver letto questa guida base che, mi auguro, vi sia stata utile.
Gestisci Consenso
Per comprendere il flusso di utenti e poter garantire una migliore esperienza d'uso utilizziamo un unico cookie per l'analisi del traffico web. Ci teniamo alla tua privacy e non raccogliamo nulla che non ci interessa e non cediamo nessun dato. Per saperne di più leggi la nostra Privacy Policy.
Funzionale
Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
Cookie necessario al corretto funzionamento di Matomo Analytics per l'anali del traffico web.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.