Un parere ufficiale della Corte Federale degli Stati Uniti, in Virginia nello specifico, sembra essere destinato a fare storia: gli account pubblici dei politici americani non possono bloccare gli utenti che esprimano lecitamente dissenso. Secondo la sentenza emessa recentemente dall’U.S. District Judge nella persona del giudice James Cacheris, infatti, un’azione del genere andrebbe a violare il Primo Emendamento (quello che garantisce, tra l’altro, la libertà di stampa), e tra gli account interessati ci potrebbe essere anche quello del Presidente Donald Trump (che blocca spesso gli utenti sgraditi su Twitter).
La corte ha stabilito la questione sulla base di un caso specifico, relativo al cittadino americano Brian Davison, bloccato sui social per 12 ore dalla pagina ufficiale di Phyllis Randall, presidente della Loudoun County Board of Supervisors.Davison aveva partecipato a una riunione del municipio nel 2016, e sotto il profilo Facebook ufficiale “Virginia SGP” avrebbe accusato i membri del consiglio scolastico ed i loro familiari di corruzione e conflitto di interesse. Randall, per tutta risposta, aveva rimosso il post originale e tutti i commenti, incluso quello di Davison. Il giudice di circoscrizione James Wynn ha respinto l’argomentazione di Randall secondo cui la sua pagina Facebook sarebbe equiparabile ad un sito privato, concludendo che la “componente interattiva” (nella specifico) si trovava in un forum pubblico ed era, in tal senso, colpevole di una forma di discriminazione.
La sentenza, seppur confinata al modo USA, potrebbe fare scuola anche dalle nostre parti, dove il blocco degli utenti sgraditi da parte dei profili social di molti personaggi VIP e politici sembra essere molto diffusa (fonte).
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