La notizia è rimbalzata sui media con titoli generalmente altisonanti: Elon Musk contro lo smart working, Musk dice no allo smartworking, il che possiede una base di verità ma è una generalizzazione indebita. Anzitutto Musk si riferisce ai dipendenti Tesla, la sua più celebre azienda, poi quello che è trapelato sembra arrivare da una mail interna che è stata pubblicata su Twitter (più volte associato a Musk, peraltro, in questi giorni) da un utente, Sam Nissim.
Nella mail, datata 31 maggio e da cui sono stati cancellati alcuni dettagli per privacy, il titolo della mail è inequivocabile: “il lavoro da remoto non è più accettabile“. Un messaggio chiaro che pero’ non implica automaticamente che Musk si sia “scagliato” contro lo smartworking in generale, ma soltanto che abbia deciso di toglierlo dalla propria azienda. “Chiunque voglia fare lavoro da remoto” scrive Elon Musk nella mail in questione “dovrà garantire un minimo di 40 ore settimanali in ufficio, ed intendo un MINIMO, a settimana“. Il che tradotto nelle classiche 8 ore al giorno significa 5×8 = 40 ore, ovvero 5 giorni a settimana, dal lunedଠal venerdà¬, minimo. Viene spontaneo chiedersi anche che trattamento contrattuale ricevano i dipendenti, sia pur lavorando per un’azienda prestigiosa e nota in tutto il mondo… per quello che vale chiederselo, ovviamente.
40 ore a settimana è più del doppio di quanto fa al massimo un insegnante di scuola, per intenderci (che di ore ne fa in genere 18), che non è sicuramente poco ma che apre, implicitamente, da quello che capiamo alla possibilità di farne un molto di meno. Ciò che chiede Musk in altri termini è di evitare lo smartworking sia pur usando una logica velata, che dice e non dice, ma che di fatto lo impedisce, per quanto si possa essere tentati a pensare che sia un modo per ridimensionarlo e gestire il tempo garantendo, di fatto, massima presenza in azienda. Cosa peraltro ragionevole, se vogliamo, dato che chi produce Tesla è plausibile che con la presenza in ufficio possa lavorare meglio, a differenza ad esempio di chi sviluppa software che può essere testato e sviluppato anche da casa. Tutto dipende da come vengono trattati i lavoratori e quando vengono pagati, a nostro giudizio.
In casi eccezionali, ha scritto ancora Musk, sarà possibile prorogare personalmente l’indicazione per chi non potesse essere presente in ufficio, ma saranno più che altro eccezioni. Che tutti possano lavorare da casa, insomma, in questo caso sembra essere più che altro l’eccezione che conferma la regola, la differenza rispetto al caso generale in cui il lavoro da casa è sempre più accettato: ma come al solito, dipende dai casi.
#Tesla no longer allowing remote work@TeslaPodcast @SawyerMerritt @WholeMarsBlog @garyblack00 @GerberKawasaki pic.twitter.com/DKAgh9ptSX
— Sam Nissim (@SamNissim) June 1, 2022
Nota: lo abbiamo chiamato smartworking seguendo il significato che ha assunto in Italia in particolare da quando se n’è parlato per le prime volte, ma il modo corretto di chiamarlo dovrebbe essere come viene definito da Musk stesso, ovvero in questo caso “lavoro da remoto”, remote work.
Foto di Shakti Shekhawat da Pixabayt;
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