Da qualche anno ormai non passa una settimana senza che il poliedrico e istrionico magnate delle nuove tecnologie, Elon Musk, non faccia parlare di sè per qualche nuova impresa compiuta o tentata dalle sue aziende oppure per qualche sua idea estemporanea.
Sulle idee alternative e a tratti pazzoidi Musk ha costruito il suo impero ma, forse, l’ultima sua uscita segna il primo passo per la creazione di un suo vero e proprio “piccolo impero” da crearsi in Texas, nella zona costiera desertica in cui la sua compagnia SpaceX ha allestito la rampa di lancio e atteraggio – con relative strutture amministrative e capannoni annessi – da cui partono e atterrano i razzi Starship.
Nelle intenzioni del magnate di origine sudafricana questo appezzamento di terreno sito nei pressi del minuscolo villaggio di Boca Chica, alla foce del Rio Grande, dovrà diventare la “base delle stelle”, Starbase, appunto, una città dedita al raggiungimento degli scopi prefissati dalle aziende e dai desideri di Musk – primo su tutto andare su Marte -Â che si doti di leggi proprie, magari da esportare in futuro nel mondo e nel resto del cosmo. Come detto poc’anzi e come noto ai più, Musk non è nuovo a uscite estemporanee sugli argomenti più variegati e molto del suo successo e del suo patromonio sono figli proprio del “fumo” che è riuscito a vendere a cui ha accompagnato dell’ottimo “arrosto” con idee davvero geniali, di successo e che hanno cambiato il nostro modo di vivere il mondo (Paypal e Tesla su tutte). Siamo sicuri che le autorità Texane prima e federali dopo, se di certo non avranno nulla dire sulla creazione dal nulla di una nuova città dove sicuramente verranno prodotti e spesi miliardi di dollari, sicuramente non permetteranno che questa abbia vita in maniera difforme dalle leggi americane, proprio perchè una sorta di micronazione con un considerevole giro di denaro e attività produttive, nel bel mezzo del Texas, è difficilmente immaginabile.
Nelle idee di Musk, Starbase, dovrà essere una città ipertecnologica e a basso impatto ambientale, che funga da modello per le città del domani. E, a ben pensare, per far sଠche determinati obiettivi vengano raggiunti, non bastano le leggi attuali, soprattutto americane, troppo devote al Dio Denaro che punta al guadagno a tutti i costi, anche a discapito dell’ambiente. Quindi, probabilmente, il miglior modo che Musk ha per cambiare le cose, nell’ambito delle leggi americane, è quello di farsi eleggere sindaco della sua città e adattarne i regolamenti comunali alle politiche ambientali e di sviluppo tecnologico che propugna da anni. Per inglobare il villaggio di Boca Chica nel territorio del suo centro ricerche dovrebbe innanzitutto promuovere un referendum tra la popolazione per sondarne la disponibilità a entrare a far parte della “città ” di Starbase. Su questo crediamo che Musk non avrà alcuna difficoltà se si considera che nel villaggio, a oggi, non esiste neanche una rete idrica e l’acqua arriva tramite autobotti. Poi dovrà vedersela con le autorità che, per bocca del giudice locale, hanno affermato che qualora Musk volesse intraprendere questa via, dovrà farlo seguendo la legge americana. Le affermazioni del giudice non sono una chiusura – tutt’altro, sembra ormai scontato l’appoggio popolare all’iniziativa di Musk, cui basterà portare una condotta idrica decente al villaggio per ingraziarsi gli abitanti di Boca Chica – ma di certo ha voluto sottolineare che nessuna iniziativa fuorilegge o borderline verrà tollerata. Siamo sicuri che Musk non compirà errori in tal senso: un po’ come avvenuto nella Sylicon Valley dei giganti della prima generazione dell’era dell’informatica, a lui una “città ” che abbia il ruolo di quartier generale di tutte le sue aziende serve come il pane. La sola Tesla ha 70.000 dipendenti (dislocati in varie parti del mondo, certo, ma gli uffici amministrativi si potrebbero centralizare in un unico luogo), SpaceX ne ha 8.000, poi c’è Hyperloop che sta vivendo un grande momento di crescita e ha già 800 dipendenti, numeri enormi che giustificherebbero le spese per creare un unico luogo per la gestione centralizzata delle sue attività , almeno per quanto riguarda i settori amministrattivi, commerciali e pubblicitari (non faccio alcuna difficoltà ad immaginare un enorme parco giochi a “tema stellare” alla periferia di Starbase).
Se poi questa sua uscita sia solo una sorta di “allenamento” per capire come “si comanda un impero” in vista del tanto agognato viaggio su Marte, ancora non è dato sapersi. In fondo, la sua idea fissa – quella che buca sempre la cortina fumogena che ama far alzare intorno alle sue idee spericolate – è proprio quella di essere il primo uomo a mettere piede su Marte e tanti sono i miliardi che ha già investito per l’impresa… chissà che non voglia anche restarci e diventare il sovrano indiscusso del Pianeta Rosso, luogo in cui, di certo, nessuno manderà un esercito per spodestarlo? Vedo già il titolo: Elon Musk, da sindaco di Starbase a imperatore di Marte.
Photo by Jonathan Riley on Unsplash
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