GDPR: molti siti di news USA non sono raggiungibili dall’Europa. Ancora oggi


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La nuova normativa sulla privacy (cosiddetto GDPR) è entrato in vigore da circa un anno, ma ancora oggi – incredibilmente – molti siti di notizie americani hanno trovato non ricevibile la normativa: ed è il motivo per cui, ad esempio, il New York Daily News risulta non accessibile dai paesi europei, e fornisce il seguente messaggio di errore se si prova ad accedere.

La notifica del New York Daily News non è l’unica presente attualmente sul web, ed in sostanza si appella alla mancanza di soluzioni tecniche (lato cookie e privacy, nel dettaglio) che possano soddisfare appieno i requisiti imposti; a costo di perdere una fetta di traffico molto consistente proveniente dall’Europa, pertanto, questi siti hanno sostanzialmente rinunciato all’impresa di adeguarsi. Cosa che alcuni siti in Europa hanno fatto anch’essi, per la verità , in un gioco di imitazione e replica di possibili soluzioni ideate da altri competitor, spesso senza alcuna conoscenza e competenza tecnica nello specifico, a volte inserendo la dicitura lapidaria “questo sito non utilizza cookie“.

Al di là  di quanto, ad oggi, questa scelta possa sembrare assurda o discutibile, resta il fatto che il GDPR ha avuto l’effetto che molti temevano: ovvero quello di allontanare molti utenti da internet e di renderlo meno fruibile di quanto non fosse in passato, agendo come una sorta di blocco anche in termini, se vogliamo, di net neutrality (il principio secondo il quale tutte le connettività , di ogni paese, dovrebbero sempre essere equivalenti e far accedere a qualsiasi sito). La mia perplessità  di fondo, pertanto, rimane la seguente: che senso ha una direttiva dettagliata e complessa da studiare ed attuare, se poi ci si riduce ad aver imposto un blocco sostanziale nell’accesso? Senza considerare che poi, alla fine, gli utenti più esperti potranno comunque accedere dall’Europa ai siti bloccati sfruttando TOR o, meglio ancora, una VPN. Il mercato dei proxy in genere sentitamente ringrazia per il “favore”, ed il tutto si riduce ancora una volta a come poter guadagnare e far business su una legge: da un lato chi si sforza di proporre soluzioni adeguate sul mercato (vedi i vari consulenti sulla privacy sbucati come funghi, fin dai tempi della legge italiana sui cookie), dall’altra chi cerca di trovare scappatoie più o meno discutibili.

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