Essere accusati di contraffazione, senza nemmeno capire perchè: se vi è capitato, potreste essere stati vittime di patent trolling. Un fenomeno che nasce negli USA e che consiste nell’intentare cause legali contro aziende di qualsiasi dimensione, soprattutto nel settore tecnologico ed informatico, con l’accusa di aver violato un brevetto altrui.
Sappiamo tutti cos’è un troll: un utente internet che infastidisce gli altri mostrandosi al di sopra di qualsiasi policy, spesso anche al di sopra della legge. Per estensione, troll di brevetti è un termine giornalistico che descrive la pratica di speculare su brevetti scaduti molto vecchi, spesso altrettanto generici e farne uso per reclamare diritti su prodotti o servizi di grosse multinazionali come di piccole startup.
Molte delle aziende vittima di patent trolling ricevono raccomandate in cui si intima di pagare per non fare una lunga (e spesso controversissima) causa legale, e anche se sanno che si tratta di un abuso o che il brevetto sia addirittura fake, a volte, decidono di pagare – perchè gli costa comunque meno di una causa in tribunale. E non sono solo i piccoli a fare le spese di questa controversa pratica, anzi: il tema è stato recentemente messo in risalto da BMW, Microsoft ed Apple in sede Europea, dove si chiede finalmente una regolamentazione più flessibile e che non impedisca lo sviluppo tecnologico. Apple, ad esempio, è una delle aziende più bersagliate dai troll di brevetti.
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I brevetti (patents in inglese) sono regolamentati legalmente in modo diverso a seconda della nazione, e in genere assolvono ad un compito nobile: tutelare le opere d’ingegno e le invenzioni altrui, in modo che nessuno possa farne uso indebitamente. Molti brevetti sono coperti ad esempio dal segreto industriale, proprio per non fornire vantaggi indebiti ai competitor e garantirsi, in qualche modo, una certa “fetta” di mercato. Ciò che fanno i patent troll è aspettare che un brevetto scada, acquisirne i diritti e poi minacciare di fare causa a tutti quelli che facevano uso, loro malgrado, di quel brevetto. In informatica il gioco di “riciclo” del software è parte dello sviluppo stesso del settore, è ineludibile e proprio su questo giocano questi soggetti: è successo in passato, ad esempio, addirittura per il protocollo HTTPS, che viene usato quasi dalla totalità dei siti internet.
Se la cosa può sembrare anomala a prima vista, infatti, in realtà è molto concreta, e per capirlo è bene riassumere come funzionano i brevetti e come si contestualizzino nel processo i troll di brevetti. Ho un’idea innovativa tecnologica, registro un brevetto, e lo detengo – finchè pago; se smetto di pagare, ad esempio perchè la mia azienda fallisce o cambia il target di mercato, quel brevetto può essere registrato da altri, pagando a loro volta. A quel punto è chiaro che uno possa registrare un brevetto scaduto altrui, millantarne il possesso e poi farne uso come “arma” legale per fare causa ad aziende di ogni dimensione, che magari fanno uso di quell’idea, anche qualora la stessa sia estremamente generica.
Il tutto si può capire ancora meglio con un esempio ipotetico: se io brevettassi un software che “controlla le cose a distanza“, ad esempio (i brevetti non sono progetti, non sono articoli scientifici ma sono semplicemente idee, a volte addirittura palesemente irrealizzabili), potrei fare causa a tutte le grosse aziende che fanno uso di tecnologie IoT (Internet of Things). Ovviamente questo non vale per i brevetti di invenzioni effettivamente uniche nel loro genere, ma in ambito tecnologico ed IT è una pratica purtroppo molto diffusa, di cui si è registrato qualche caso anche in Europa (la maggioranza di questi casi sono oggetto di dibattimento continuo negli USA).
Di fatto un patent troll spara nel mucchio, praticando una sorta di “pesca a strascico” in cui si aspetta che qualcuno prima o poi risponda positivamente. Ma a differenza delle pratiche ingannevoli pure, in cui ad esempio si inviano SMS truffa o email contraffatte, nel caso del patent troll c’è un vuoto normativo ed una vaghezza di applicabilità delle norme che, di fatto, favorisce questi broker senza scrupoli del settore, che spesso arrivano a costruire il proprio business model interamente su questo processo.
Come fare a difendersi? SEP e FRAND
Per una startup o un’azienda non troppo attrezzata in materia, il patent trolling può essere un “pericolo” relativamente concreto.
Uno dei modi più comunemente adottati per difendersi dalle cause dei Patent Troll rimane quello di conoscere i cosiddetti Standard Essential Patents (SEP), ovvero i brevetti talmente basici ed essenziali che nello sviluppo tecnologico risultino fondanti. Il senso è proprio fare in modo che nessuno possa denunciarti per aver fatto uso, ad esempio, di un database MySQL all’interno di un sito web.
Al tempo stesso, i titolari dei brevetti SEP sono tenuti a concederli in regime FRAND (Fair, Reasonable And Non-Discriminatory), ovvero evitando posizioni monopolistiche o abusi di posizione dominante che ne deriverebbero. Photo by Grianghraf on UnsplashÂ
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