Possibile che ad alcune persone la tecnologia generi avversione o addirittura spaventi al punto di indurre un atteggiamento evitante? Pensare alla tecnologia come ad un qualcosa che ci terrorizza sembrerebbe fuori questione: nel mondo digitalizzato di oggi, del resto, sembra un atteggiamento fuori dal mondo. Eppure tutto questo, oggi, è un dato di fatto per moltissime persone, che avversano le nuove tecnologie in nome di teorie del complotto, in alcuni casi, ma anche per via di una conoscenza non troppo approfondita del loro effettivo funzionamento.
Di fatto, questa mancanza di conoscenza denota varie lacune che, di fatto, non sempre (per non dire quasi mai) sono dovute agli stessi utenti tecnofobici, anzi: sono indotte dall’uso stesso del digitale, che spesso sembra più “cieco” di quanto effettivamente dovrebbe essere.
Definizione di tecnofobia
La tecnofobia (in inglese tecno-fear) è la paura per la tecnologia, dal greco τέχνη (arte, capacità, skill) e φόβος (paura), ovvero paura e rientra anche nel manuale diagnostico dei disturbi mentali (DSM-5). Poco su cui scherzare o anche solo ironizzare, in teoria, per quanto si tratti di un atteggiamento abbastanza subdolo e purtroppo tipico di molte persone, tra cui ad esempio quelle che avversano lo smartworking.
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Di questo problema si discute da quasi cinquant’anni, alla fine, per quanto non ci sia uniformità di giudizi e valutazioni in merito: se è stato definito come una sorta di stato d’ansia relativo all’uso di computer e tecnologie affini (Larry & Maguire, 1990), di fatto si pone l’accento anche sull’impatto sociale di questa scelta. Chi rifiuta le nuove tecnologie oggi lo fa in nome di qualcosa, che può essere anche solo semplice nichilismo o addirittura primitivismo: non sembra un caso che, ad esempio, che molte teorie del complotto finiscano per basarsi su questo assunto. In genere il tecnofobico, secondo la definizione molto funzionale dello psicologo Rosen, caratterizza tre possibili tipi di tecnofobie: gli utenti che non sono a proprio agio con il digitale, gli utenti che non li usano perchè credo di non capirne abbastanza e quelli che, ancora peggio, soffrono apertamente di ansia al solo pensiero di farne uso.
Tecnofobia non solo come paura, quindi, ma anche come causa di preoccupazione e disagio nonchè, di fatto, come possibile atteggiamento evitante. Dietro la diffidenza tecnologica (e parlo da addetto ai lavori, per cui perdonerete l’eventuale imprecisione a livello clinico-psicologico) deriva essenzialmente da un livello di ignoranza: livello di ignoranza che, di fatto, non è semplicisticamente attribuibile a chi è tecno-fobico, bensଠè spesso indotta dalle aziende IT stesse. Aziende che, ancora oggi, vivono di scarsa, ambigua o comunque relativa trasparenza, degeneranti in veri e propri sotterfugi in alcuni casi, i quali non fanno capire cosa fanno e come trattino i dati degli utenti: basti pensare agli utenti Facebook vittime di un’ennesima exfiltration, sulla quale tendenzialmente in molti hanno finito per fare “spallucce” e tirare avanti.
In questo articolo ho cercato di riassumere le principali possibili tecnofobie che ho individuato a campione leggendo sul tema e parlandone tra amici, colleghi e conoscenti, cercando di documentarmi sull’argomento e constatando come il problema sia molto più radicato e formalizzato (cosa che, onestamente, mi ha parzialmente sorpreso e stimolato). In genere ho sempre percepito questa fobia come inevitabile, frutto dei tempi che viviamo e già formalizzata da alcuni inquietanti film degli anni 90 (ad esempio Brainscan).
Paura delle chat
La paura delle chat si esprime spesso in un timore che l’altro possa invadere indebitamente i nostri spazi, ferirci o ingannarci in vari modi: sono numerose, e molto amplificati dai media, i casi di truffe effettuate via chat, tra cui quella ormai celebre della truffa alla nigeriana con varianti annesse e connesse. Il truffatore spesso si presenta, in questa veste, come un uomo o una donna ricca o particolarmente avvenente, e questo ovviamente finisce per farci credere che le chat siano strumenti pericolosi, da cui la paura in questione.
Se può aiutare a razionalizzare la questione, si pensi che le chat sono popolate dalle stesse persone che possiamo trovare anche per strada, e che di fatto riflette la realtà in cui viviamo nei lati peggiori, certamente, ma anche in quelli più empatici e tranquillizzanti. Di fatto, le chat sono solo un mezzo come un altro per socializzare, da usare con attenzione e consapevolezza che non diventino, soprattutto, l’unica alternativa possibile alla socialità .
Paura di internet
Internet, secondo questa diffusa vulgata (che dobbiamo in parte a fake news, in parte a notizie reali molto amplificate), sarebbe non uno strumento dalle potenzialità sconfinate bensଠuno strumento in cui avvengono delitti, truffe e raggiri di ogni genere. Conoscere meglio internet si può fare (nel nostro piccolo, lo facciamo anche nel nostro blog con articoli divulgativi), ed è sicuramente meglio usare criticamente qualcosa che si conosce anzichè, di fatto, aver paura a prescindere del mezzo.
Paura dei social media
La paura dei social è spesso sintomatica di una paura più profonda: quella di essere derisi o giudicati male dagli altri. Di fatto, anche i social network sono popolati di persone di ogni genere, con pregi e difetti, con la differenza che i social in genere amplificano entrambi. La paura dei social è abbastanza complicata da formalizzare e da affrontare, senza contare che spesso la viviamo senza rendercene conto. Se ci rendiamo conto di averla, è bene valutare la possibilità di affrontare l’argomento con un esperto e farci aiutare di conseguenza, senza vergognarcene.
Diversamente, una maggiore leggerezza unita alla consapevolezza che sui social tante cose non sono reali (anche se poi lo sembrano) può essere una piccola mano d’aiuto per poter superare questa paura.
Paura del digitale nella PA
La diffidenza del digitale nella Pubblica Amministrazione è ben nota, e lo vediamo anche con le difficoltà nella digitalizzazione dell’Italia preda del coronavirus: una difficoltà che si esplica in servizi online spesso affidati agli “amici degli amici“, con molta forma e scarsa sostanza, non coerenti con gli standard di usabilità e spesso affidati ai “cuggini bravi col computer“. La paura in questione sembra molto subdola, perchè coincide spesso con la paura di confrontarsi con idee più grandi di noi e sforzarsi di uscire dalla dimensione provincialistica e fin troppo burocratizzata dell’informatica nostrana (non tutta, ovviamente, ma in parte è ancora cosà¬).
Paura del digitale nelle scuole
Tutti gli insegnanti stanno avendo o hanno avuto difficoltà a digitalizzarsi, cosa prevedibile considerando che prima del 2020 fare una lezione in videochat non sarebbe stato pensabile neanche proponendo un aumento di stipendio in busta paga, forse. Ad oggi, tutti dovranno fare uso della Didattica A Distanza periodicamente, almeno fino a quest’estate, e questo non è detto che sia una cosa “digeribile” o indigesta. Vedremo cosa succederà , ma la speranza è che una maggiore flessibilità mentale possa aiutarci a superare questa ennesima paura.
Paura del digitale nella PMI
Anche nelle PMI e anche in quelle informatiche, incredibilmente, il digitale e lo smartworking fanno fatica: senza stare più in ufficio, molta gente a volte diventa transadata, poco organizzata e si rivela poco efficiente. Ai “piani alti” dirigenziali questa cosa non va già¹, chiaramente, e ciò si traduce in una fobà¬a isterica contro lo smartworking, considerato causa di tutti i mali. Ma anche qui: il problema è più come le persone sono abituate a pensare e a ragionare, non il mezzo che si usa. Sarebbe quantomeno il caso di riflettere un po’, prima di prendere decisioni avventate e rischiose per i propri dipendenti.
Paura dei robot
Boston Dynamics lavora sui robot avanzati da anni, e questi ultimi sono motivo di terrore e timori per molti di noi (specie i fan della saga Terminator, probabilmente). Paura immotivata o reale? In questo caso ci riserviamo qualche dubbio in merito, anche considerando i video divulgativi che vengono diffusi e che a volte, di fatti, sono semplici esperimenti da non prendere troppo sul serio. O forse sà¬: difficile dirlo, visto che la tecnologia dovrà sempre rimanere allacciata ad una componente umana (e anche umanistica, probabilmente) per essere sostenibile, almeno a nostro modesto avviso.
Paura dell’intelligenza artificiale
L’intelligenza artificiale, peraltro, ci terrorizza un po’ per gli stessi motivi per cui ci spaventano i robot: forse per l’idea che possano sostituirsi alla scelte umane fino a dominarci. Cosa che, almeno ad oggi, siamo ancora tranquillamente nelle condizioni di non permettergli, togliendogli potere come strumenti insostituibili e tornando a considerarli come mezzi, non come fini.
Paura del 5G
Le inchieste ed i timori sul 5G sono alimentati il più delle volte da varie teorie del complotto, che non elenco per brevità e che tutti abbiamo sentito nominare. La rete 5G è davvero pericolosa per la salute? In genere possiamo rispondere che no, non lo è, o quantomeno non ci sono prove o motivi per pensarlo. Pi๠che altro, quel genere di paure viene spesso indotta da una narrativa paradossalmente molto diffusa via internet, spesso sfruttando le stesse reti 5G che si demonizzano. Ci sono molti articoli che considerano bufale questo genere di paure, ed è ovviamente su ciò che bisogna basarsi e non farsi prendere da timori immotivati.
Leggi anche: Tecnofobia di S. Capolupo
Photo by Sydney Sims on Unsplash
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