Con questo articolo ho deciso di riprendere un vecchio argomento che mi sta molto a cuore, ovvero i possibili guadagni online mediante siti web, ed ho pensato di riproporlo in veste riveduta e corretta mostrando un caso pratico – quello del sito che avete sotto gli occhi, Trovalost.it. Il modello qui descritto è stato applicato, con qualche limitazione dovuta alle diverse politiche editoriali, anche su altri siti per cui ho avuto modo di lavorare in questi mesi, tra cui il mio sito personale ed uno di carte di credito.
Partirò dal sito che avete davanti agli occhi, che ormai fa parte del mio fatturato grazie alle visite che riesce a portare.
Caso studio: il sito Trovalost.it
Trovalost.it è stato registrato ormai un po’ di anni fa, derivato da un esperimento di EMD (dominio a chiave di ricerca esatta) sul vecchi dominio migliorhosting.biz; la mia idea, di fatto, era quella di realizzare un comparatore prezzi verticale, specifico del settore degli hosting e basato su un sistema commissionale di guadagno. A differenza di altri giganti del settore, la mia esperienza è sempre stata reale – realizzo ed ottimizzo siti per mestiere, da quasi 20 anni – per cui mi sembrava un buon modo di approcciare al problema. La concorrenza del settore lavora quasi esclusivamente sul content marketing (scrivono articoli in cui consigliano le offerte, cosa che faccio anch’io del resto), per quanto riguarda l’Italia, e spingono parecchio sul confronto delle migliori offerte (intese come più economiche o più attrezzate, a seconda dei casi), soprattutto nel caso di siti anglofili.
La base del mio modello di business è basata su un mix di qualità dei contenuti ed individuazione dei mercati di riferimento: da ingegnere informatico non avrei potuto farlo su un settore che non conosco affatto (come quello bancario, ad esempio), tantomeno avrei potuto farlo sulla programmazione pura, visto che – pur essendo al centro di affari milionari – difficilmente la figura del programmatore che cerca i tutorial è la stessa disposta o abilitata a spendere per acquistare servizi informatici. Questo si ricollega ad un discorso di profilazione delle personas che visitano il mio sito, cosa che – devo riconoscerlo – ho fatto dall’inizio senza quasi rendermene conto: individuare il profilo ideale dell’utente che visita il mio sito ed è disposto o interessato a spendere è cruciale per il successo dello stesso. Non si tratta, quindi, semplicemente di mettere in piedi un sito ed infarcirlo di annunci alla meno peggio, o creare un e-commerce ed aspettare da qui ad infinito che la gente compri.
Ad oggi, Trovalost.it incide su mio fatturato di quasi il 70% del totale annuo, ovvero su 10 fatture 7 sono relative a servizi venduti qui, in varia forma.
Come si guadagna con un sito
Come è possibile guadagnare con un blog? Non è un mistero che, sotto questo punto di vista, ad oggi nel panorama italiano (che considero per semplicità di scrittura, non per provincialismo) ci siano pochi blog di livello. Ovvero una minoranza tende a vivere alle spalle di tutti gli altri (che spesso li foraggiano indirettamente e li linkano pure!), cosicchè riescano:
- ad incassare qualcosa per potersi mantenere l’hosting e le spese vive;
- a tirare fuori un fatturato consistente.
Il tutto è basato apparentemente sul modello di business più diffuso, noto e frainteso sul Web: quello basato sulle pubblicità sul web secondo le tre opzioni del pay per lead, pay-per-click, pay per sale (a cui per completezza dovremmo aggiungere la vendita diretta di contenuti agli inserzionisti, mediante content marketing o similari). I guadagni, in questo caso, dipenderanno direttamente dalle prestazioni degli stessi (oppure, a seconda dei casi, dal prezzo contrattato) per cui sarà agevole capire meglio una cosa poco ovvia per molti: ovvero, chi paga i blogger?
Il modello di business delle pagine web
Quando pensiamo a siti web famosi come Trivago o Facile.it sappiamo bene di cosa stiamo parlando, ma il modello di mercato che utilizzano queste realtà potrebbe essere meno ovvio: se si tratta di servizi basati sul numero di esposizioni al pubblico, in molti casi (anche se non in tutti) c’è un modello di business basato sulle pubblicità online. In ambito blog, due modelli ampiamente sfruttati per cercare di guadagnare qualcosa, e che godono di una discreta popolarità , sono i blog di cucina e quelli di viaggi, seguiti da vari sporadici che si occupano invece di tecnologia. A pagare questi siti, dunque, blogger inclusi, sono gli inserzionisti che investono determinate somme sulle pagine dei siti più popolari, ovviamente nella speranza di ottenerne un rientro in termini di acquisti diretti, iscrizioni di utenti, incremento di visibilità e tanto altro ancora.
Nessun dubbio, poi, sul fatto che una guida per guadagnare on-line con un blog rischi di diventare un qualcosa di fine a se stesso: non posso nascondere di aver lavorato parecchio su vari blog di questi anni, e non sempre i risultati che ho ottenuto sono stati all’altezza delle aspettative. Nonostante questo, credo di essere in grado di poter dare una serie di consigli per tutti coloro che volessero provare ad intraprendere questa strada.
La dura realtà dei guadagni online
Guadagnare con un blog è un sogno per molti blogger che scrivono, tutti i giorni o quasi, sui loro rispettivi spazi web. Si tratta però – e questo sento di doverlo premettere per correttezza – di un sogno (e null’altro, purtroppo) per la grande maggioranza le blogger italiani: può sembrare una cattiveria gratuita quello che sto scrivendo, ma bisogna fare i conti con la dura realtà . I banner che pubblicate, secondo vari studi ed analisi pubblicate, vengono cliccati mediamente nel 2% dei casi: cioè su 1000 visualizzazioni, in media i click che arrivano sono soltanto 20. Tale percentuale diventa ancora più scoraggiante se si considera che:
- non tutti i click saranno considerati validi, per varie ragioni (utenti fake, ecc.);
- non tutti i click sono, pertanto, finalizzati ad un guadagno diretto (a volte servono solo come esposizione o per incentivare un lead);
- non tutti i click fanno guadagnare qualcosa di significativo (ci sono click a 10 centesimi di euro ciascuno, per capirci).
La maggior parte dei blog italiani, anche qualora si mette in testa di voler monetizzare, difficilmente riescono a farlo in modo stabile e sicuro. Non è un caso che non sempre si conoscano le cifre precise degli incassi dei blog più celebri (come quello di Salvatore Aranzulla o Beppe Grillo, ad esempio), perchè (in breve) non c’è l’interesse nè la convenienza nel farlo: e fa sempre comodo far credere all’esterno che i guadagni siano elevati, in modo da accrescere il “valore recepito” delle nostre pagine web. Di fatto quindi, sembra essere un dato di fatto che i guadagni di un sito sono influenzati, in termini di pubblicità online, anche da fattori indiretti come gli argomenti trattati, l’autorevolezza media del blog, la disposizione degli annunci nel layout del sito, il dispositivo utilizzato per visualizzare le pagine e cosଠvia.
Ne possiamo concludere, in questa fase, che:
- non sempre i blogger riescono a monetizzare semplicemente inserendo delle pubblicità nelle proprie pagine, e/o scrivendo molti articoli;
- ci sono delle difficoltà legate al mondo dell’advertising online, non ultime: l’uso massiccio di Adblocker e la diffusa “cecità ai banner” (non si fa caso ai banner);
- non tutti gli argomenti trattati nei blog fanno guadagnare allo stesso modo: in generale, se c’è un mercato su quell’argomento, il potenziale aumenta (ma non è l’unico criterio).
Le motivazioni legate ai guadagni scarsi di alcuni blogger sono molto numerose, anche se – nella mia esperienza di consulenze passate – si riconducono:
- ad una scarsa attitudine imprenditoriale;
- alla bassa qualità del blog in termini di contenuti;
- alla scarsa fruibilità del blog (difficoltà ad accedere da mobile, UX progettata male ecc.);
- alla scarsa o nulla “commerciabilità ” / commercial intent degli argomenti da noi trattati rispetto agli inserzionisti;
- alla scarsa comprensione delle dinamiche dei banner: il modello per cui si guadagna a click, ad esempio, è spesso solo un aspetto della realtà delle cose;
- al comportamento imprevedibile degli utenti (ad es. c’è chi non clicca per partito preso o blocca i banner che dovrebbero farci guadagnare);
- alle dinamiche di Internet più in generale (altri aspetti non citati per brevità ).
Sembra una cosa di poco conto, ma abbiamo già elencato 5 o 6 aspetti che potrebbero interessare problemi di cui il vostro blog soffre da tempo: andiamo a vederli meglio, a questo punto.
Non tutti blog sono uguali
Ci impegnamo un po’ tutti per scrivere post di qualità , mediante corsi o buonsenso o professionalità in gioco: di fatto, pero’, non tutti i siti sono adatti ad essere “monetizzati“. Anche tra quelli monetizzabili, ovvero che rendano conveniente l’uso di un determinato modello di guadagno piuttosto che di altri, senza dubbio vi è una enorme quantità di blogger che scrivono male, le solite chiacchiere pointless, che poco interessano o piacciono ai lettori e, ancor meno, agli inserzionisti che pagherebbero in teoria le esposizioni, i click, le iscrizioni al proprio servizio o gli acquisti.
Ad ogni modo, un buon modo per iniziare con questo mondo può essere quello di provare ad aprire un proprio blog gratuitamente, e poi cercare di trovare gli argomenti che piacciono, che sappiamo trattare e su cui pensiamo di poter dare valore aggiunto (e su cui ci sia un mercato).
Chi sa essere “commerciale”?
Una delle prime cose che ho imparato frequentando il forum di Google AdSense, anni fa, era legato una domanda interessante posta da un utente: la persona in questione, infatti, chiedeva di valutare l’opportunità di inserire annunci pubblicitari all’interno di pagine tanto visitate quanto “dubbie” (scarsa qualità , argomenti borderline ecc.) dal punto di vista dei contenuti. La risposta che è stata data dagli amministratori, secondo me, era coerente con quello che suggerirei in una buona consulenza di settore: non si può pensare che “basta inserire gli annunci pubblicitari nelle pagine più visitate“, perchà© bisogna sempre valutare – in modo più estensivo – a favorire l’interesse degli inserzionisti dal comparire in quella pagina. Posizionare annunci ottimizzati in una certa pagina risponde a due esigenze generali: da un lato la massima pertinenza (annunci di hosting in pagine che parlano di hosting, oppure annunci tecnologici in pagine che parlano di tecnologia) dall’altro l’interesse degli inserzionisti. Fare gli interessi degli inserzionisti, in particolare, mediante i contenuti del nostro blog, la loro struttura e via dicendo: questo è un primo aspetto, spesso cruciale, per i guadagni via blog.
Guadagnare con i comparatori di prezzo
Esempio pratico: i comparatori di prezzo (pensate a quello che ho pubblicato su questo portale). Carico offerte commerciali nel più ampio raggio possibile, e mostro in modo tabellare prezzi, caratteristiche e valutazioni utenti. àˆ chiaro, in questo caso, che tutti i competitor che vengono confrontati abbiano interesse che le informazioni riportate siano attendibili, se possibile a loro favorevoli: anche se non si tratta di un post di un blog, rende l’idea di cosa significhi, davvero, fare l’ interesse degli inserzionisti. In questo modello di business, molto usato in vari portali di successo, si stimola la “commerciabilità ” dei servizi in vari modi:
- mediante la possibilità che offro ai vari servizi di pubblicizzarsi “in esclusiva”;
- mediante link affiliati che portino ai vari prodotti (con annesse commissioni sull’acquisto mediante il mio sito).
Questo modello vale anche per i blog, anzi vale a maggior ragione per i blog: pensate ad un fashion blogger che confronti vari tipi di prodotto per eleggerne, se possibile in modo autonomo ed obiettivo, il migliore. Quando sarebbe utile per gli utenti (oltre che, spesso, indirettamente convincente!) una cosa del genere? Secondo me parecchio, ed è un esempio molto concreto di ciò che funziona davvero bene per i guadagni online.
Altro esempio possibile in questo settore potrebbe essere: raccontare un’esperienza particolarmente positiva con un brand (ma anche, in casi particolari e facendo attenzione a moderare i termini, un’esperienza particolarmente negativa) ed inserire all’interno della pagina un banner o un link che ne incentivi all’acquisto. Si tratta di un modello di business utilizzato da alcuni blogger di settore, ma che si estende al mondo dei testimonial (molto di moda negli USA, ed anche dalle nostre parti da qualche tempo).
Si consideri comunque che questo tipo di modello può portare scarsa popolarità presso i nostri lettori, che potrebbero non vedere di buon occhio il fatto che ci siamo letteralmente “venduti” ad un brand. Per ovviare a questo inconveniente, molti colleghi mi hanno riferito che vengono pagati separatamente (quindi non ci sono link rintracciabili o banner, in questo caso) a patto di scrivere articoli di buona qualità , o comunque attinenti ai requisiti degli inserzionisti. In questi termini, quello che succede si ricollega a quanto scritto all’inizio: non c’è un reale interesse, neanche stavolta, che i blogger pubblichino dati effettivi sui propri guadagni.
Scrivere di ciò che “serve”
In quest’ottica esiste un discorso che è necessario affrontare, legato alla convenienza di occuparsi di determinati contenuti: se scriviamo il nostro diario personale, a meno che non trattiamo argomenti decisamente particolari o attrattivi, sarà difficile riuscire a monetizzare il tutto. All’inverso, vale anche il discorso che occuparsi di settori “facili” da monetizzare – o almeno, relativamente tali, come gli hosting web (di cui scrivono un po’ tutti, ormai), oppure le assicurazioni, o ancora le carte di credito del settore finanziario in genere.
Scrivere “bene”
Non è facile scrivere bene, e la cosa “tragica”, se vogliamo, è che – esattamente come nel mercato editoriale – non tutti coloro che sanno scrivere bene, in modo gradevole o scorrevole, siano poi in condizione di pubblicare libri. In termini di visibilità sul web, vale un principio generale: ogni tipologia di mercato e di “pubblico” si aspetta articoli scritti mediante un determinato standard qualitativo.
Non sempre l’iper-specializzazione paga bene in termini di rientro economico (con questo blog l’ho sperimentato in prima persona), non sempre gli articoli banali fanno lo stesso, in genere i guadagni online elevati sono legati a blogger che abbiano individuato 1) un settore commerciale redditizio, oltre che “adatto” alle loro capacità 2) una tipologia di pubblico (principianti, professionisti, intermedi, generalisti, specializzati, …) quanto più possibile ben focalizzata e definita.
Scrivi su ciò che ha un mercato
Moltissimi blogger credono di riuscire a guadagnare giocando sul puro riciclo: ma al di là del fatto che agire cosଠporta più complicazioni che altro (almeno nella mia esperienza), vi è un problema di sovraffollamento di informazioni con cui fare i conti. Troppi, infatti, nei blog scrivono le stesse cose, riadattandole alla meno peggio, e spesso su argomenti su cui non sanno praticamente nulla; anche l’idea stessa stessa di puntare certe nicchie di mercato appetibili (tipo quelle dei famosi info-prodotti) allo scopo di targetizzare al meglio il traffico sembra a volte destinata a crollare. Ciò tuttavia può essere visto anche in un’ottica più costruttivo considerando uno dei principali criteri che vengono utilizzati anche per ottimizzare lato SEO i siti web: migliorare perennemente i propri contenuti, ed inserire informazioni sempre utili, aggiornate e su misura per gli utenti. Questo criterio, che coincide col mantenere un’altra freschezza (freshness secondo il gergo dei SEO americani e di Google), è probabilmente il criterio più semplice ed immediato per realizzare un blog che funziona, e per cui contenuti rispondono bene anche in termini di inserzioni pubblicitaria.
Ma quali tipi di blog fanno guadagnare?
Non è possibile stabilire a priori su blog farà guadagnare e quanto: per cautela, per non illudere nessuno, preferisco metterlo subito in chiaro (sono consapevole di dire, ancora una volta, una cosa forse impopolare: ma dove lo trovate un blog cosଠsincero, a confronto degli altri? :-) ). Il punto dolente è questo: i blog che fanno guadagnare sono meno di uno su 10 di quelli che conosciamo: la maggioranza di essi, di fatto, regala pubblicità gratuita ai vari marchi senza guadagnarci che pochi spiccioli (se va bene).
Possiamo quindi interrogarci su criteri che rendono un blog più “appetibile” per gli inserzionisti, e quindi con potenziali maggiori guadagni. Il guadagno online dei blogger si basa in genere su due assunti, che ho derivato in questi anni di test e lavoro effettuato (spesso praticamente gratuito, a conti fatti):
- la proposizione di contenuti utili per gli utenti, linkabili (sia in positivo che in negativo, in effetti: “guardate questo genio cosa scrive” vale quasi quanto “guardate questo idiota cosa scrive“), con propensione alla condivisione e/o alle grosse quantità di traffico via motori di ricerca; in questo senso, l’affiliazione si lega alla SEO in modo quasi indissolubile.
- l’utilizzo di programmi di affiliazione adeguati (e su questo torno tra un attimo);
- ultimo ma non ultimo, l’accettazione incondizionata dell’assunto “non tutti i blog sono fatti per garantire margini di guadagno adeguati“, ovvero nella mia esperienza solo determinate nicchie sono redditizie, ed i blog settoriali sembrano rendere meglio di quelli generalisti.
Individuate le affiliazioni più convenienti per voi, lasciate perdere le chiacchiare e tutte le altre che sui vostri blog non fruttano: questo è quello che sento di suggerire alla maggioranza dei blogger. Resta il fatto che ci sono dei punti fondamentali di affiliate marketing che solitamente non dice mai nessuno (molto spesso perchè, paradossalmente, puntano ad ulteriori obiettivi di mercato e sarebbe sconveniente, per loro, metterla su questo piano).
Scegli con cura con chi affiliarti
La scelta dei banner di affiliazione deve essere effettuata con grande cura: da un certo punto di vista, infatti, si tratta di una scelta che determina guadagni più o meno alti. C’è da dire, a tale proposito, che utilizzare Google Adsense è la scelta più comoda, ma spesso ci possono essere alternative molto più valide e redditizie. Se usate un marketplace di annunci, in generale, è vero che avrete la possibilità di ottenere annunci generati in automatico e diversi (pertinenti, utili ecc.) per ogni singola pagina, ma facendo cosଠandrete a cedere parte dei guadagni al gestore del market!
Personalmente ho trovato molto più conveniente, in molti casi pratici:
- ricorrere ad affiliazioni dirette (sono disponibili spesso sui siti ufficiali dei venditori di prodotti e servizi);
- accordarmi diversamente per un banner a tempo (esposto per un certo periodo).
Secondo me il vero guadagno online passa da qui, e quantomeno da valutazioni di questo tipo. Bisogna quindi stare molto attenti a quello che si fa, e non dare per scontato che la prima scelta che ci viene in mente o ci esce fuori da Google sia per forza la migliore in assoluto per il nostro sito specifico.
Quanto si guadagna con un blog?
Avevo dimenticato di dare qualche cifra concreta, cosa che solitamente in questo ambito non si fa mai: in genere, i blog medi riescono a tirare fuori somme intorno alle centinaia, per non dire decine di euro al mese. Insomma un qualcosa di molto distante da uno stipendio, se si conta che l’editoria online è da anni in crisi e soffre, soprattutto, di uno scarso adeguamento tecnologico (i banner Flash sono deprecati in generale non si vedono sui comunissimi dispositivi Apple, ad esempio, eppure continuano a farne uso un po’ tutti). C’è anche un problema di cattiva percezione della pubblicità (ci sono clienti che non cliccano, per ignoranza ma anche paura di essere infettati, pura rivalsa o addirittura invidia nei tuoi confronti), per cui spesso gli ordini di grandezza di guadagno si abbattono: da decine di euro a pochi spiccioli.
Di contro, se un blog riesce a trovare una formula di successo sono fiducioso che possa campare, se non di click sui banner (abbastanza irrealistico e poco sicuro nel lungo periodo, credo) quantomeno di contatti, consulenze ed esposizioni dovuti alla vendita di banner permanenti: si parla anche di migliaia di euro al mese, ad esempio per un sito di notizie locali di mia conoscenza (noto anche perchè esagera un po’ le notizie e spesso rischia conseguenze sul piano legale: questione di valutazione rischi / benefici, anche qui). Per fare questo, pero’, bisogna lavorare molto bene lato SEO, saper dare al pubblico ciò che vuole, individuare e distinguere l’utente cliccatore casuale (che rende poco o nulla) da quello realmente interessato all’aquisto (che rende quasi sempre, in condizioni ottimali), e – soprattutto – saper arrivare a cifre di traffico naturale, possibilmente mirato / pertinente, molto molto consistenti.
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