Qualche tempo fa abbiamo parlato dei domini con estensione .sucks, pensati originariamente come adatti ai contenuti, alle cose ed alle passioni che “facciano schifo”, seguendo una tradizione piuttosto diffusa soprattutto negli Stati Uniti, in cui alcuni siti seguono la politica editoriale di scrivere contenuti “contro” un determinato marchio, al fine di attrarre l’attenzione degli utenti insoddisfatti – e monetizzare, in certi casi, di conseguenza.
Uscita sul mercato ormai un po’ di anni fa, l’estensione .sucks non sembrerebbe aver avuto, almeno finora, troppo successo: basta cercare su Google per rendersi conto che, almeno allo stato attuale, questa estensione di dominio (al contrario di altre) è ancora poco sfruttata mentre non moltissimi, probabilmente, se la sono sentita di sobbarcarsi una spesa in tale direzione. Eppure il register ufficiale dell’estensione – Vox Populi – ha rimarcato, in un post pubblicato sul proprio blog ufficiale, non sembrano credere che i domini .sucks siano semplicemente destinati alla diffamazione di persone, brand o aziende. Si tratterebbe invece di una vera e propria “piattaforma per l’innovazione, una calamita per la conversazione ed un hub di discussione per tutte le cose che agitino la passione“. Sicuramente si tratta di un tipo di estensione di dominio orientata a modelli di business non propriamente ordinari, sicuramente in lingua inglese e con il rischio non eliminabile di vedersi arrivare a casa una diffida legale per diffamazione.
In media un dominio .sucks costa una cifra non da poco rispetto alle altre nuove estensioni, andando dai 250 ai 300 dollari e toccando picchi considerevoli in certi casi, tanto da far indagare l’ICANN appositamente in questa direzione (come raccontato in questo articolo su Ars Technica). Di suo, il modello di business di Vox Populi sembra essere chiaro: il mercato dei domini .sucks è regolamentato come qualsiasi altra estensione, in effetti, ma vive su assunti in qualche modo opposti rispetto alle altre. In molti casi, infatti, il registrar ha la libertà di speculare sul timore di aziende e privati di vedere il proprio nome associato ad un’estensione del genere, il che porta ad operare in una direzione simile a chi registra il proprio dominio con tutte le estensioni.
Fa leva dunque sulla paura che i grossi brand hanno nei confronti di competitor sleali ed eventuali casi di cyber-squatting, per cui il registrar stesso vende (o ha già venduto) ai proprietari o detentori di diritti queste estensioni a prezzi, in alcuni casi, che arrivavano anche a circa 2,500 dollari. Ci saranno certamente, comunque, casi in cui l’estensione .sucks porterà alla creazione di forum, community o blog particolarmente costruttivi o originali.
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