Tag: Mondo Internet 😱

  • #septemberdump

    #septemberdump

    Il significato della september dump non è difficile da capire o da realizzare, e fa riferimento ad un qualcosa di virale, divertente e accattivante. L’hashtag associato dagli utenti in questi casi è di solito…

    #septemberdump

    ovviamente, direi! 😉

    september dump

    La tendenza dell’september Dump non è presente solo su Instagram: ne abbiamo trovato fugace traccia su Tiktok, Facebook, Twitter e Whatsapp. Diciamo “fugace” perchè si tratta di stories, che scompaiono dopo massimo 24 ore, e che il più delle volte riguardano tutto quello che viene scartato dal proprio profilo che in molti mostrano comunque in pubblicano.

    Solitamente i contenuti dell’september Dump vengono postati tra le proprie stories creando una sorta di collage di foto. Sì, insomma, le foto vengono raccolte in una singola immagine con diverse varianti della stessa.

    L’intento dell’september Dump su Instagram è condividere le storie durante il mese di agosto nelle Storie di Instagram, per ricapitolare. L’september Dump rappresenta i momenti fotografici e video durante il mese di agosto, e solo durante quello.

    Questi momenti comprendono momenti tristi, felici o comunque significativi, e sono una delle mode più diffuse del momento tra gli utenti più popolari sui social. Il contenuto dell’september Dump su Instagram durerà quanto una storia, quindi al massimo per 24 ore (poi rimarrà visibile solo a te).

    Mentre aspettiamo con ansia (?) la prossima Dump, inevitabilmente, ripensiamo che ne abbiamo avuta una per ogni mese: January Dump, February Dump, March Dump, April Dump, May Dump, June Dump, July Dump, August Dump e così via, per ogni mese dell’anno!

    Puoi vedere alcuni esempi di #septemberdump qui.

  • L’importanza di avere un sito web nei nostri giorni

    L’importanza di avere un sito web nei nostri giorni

    Ai giorni nostri il sito web riveste ancora una grande importanza e oggi la maggior parte delle aziende ha compreso l’utilità  della Realizzazione Siti Web Roma. Oggi l’uso del sito web è ampio e questo strumento di comunicazione è usato dalle aziende per ottenere visibilità  di prodotti e servizi. Tanti sono i motivi che spingono aziende di ogni dimensione a realizzare un sito web, anche e soprattutto nel 2021.

    I vantaggi del sito web professionale

    La diffusione dei siti Internet e degli ecommerce è in costante crescita e tanti sono i vantaggi che un sito web professionale può offrire anche alla tua azienda. Vediamo quali sono.


    1. Visibilità 


    Acquisire sempre nuovi clienti richiede una buona visibilità  online dato che sempre più persone si affidano ai motori di ricerca per trovare informazioni su servizi e prodotti. In particolare il 93% delle decisioni di acquisto inizia con una ricerca online e il 60% delle ricerche effettuate è svolta tramite Google.

    Anche chi ha già  sentito parlare di una data azienda sceglie di reperire maggiori informazioni online e di visitare il sito web, ad esempio per trovare i dati di contatto e le indicazioni stradali. In questo modo i potenziali clienti possono contattare l’azienda: basti pensare che oggi sono 2,5 miliardi le persone online in tutto il mondo.


    1. Accessibilità 


    A differenza del negozio e del punto vendita fisico il sito web è accessibile 24 ore al giorno e tutti i giorni dell’anno. Per questo la realizzazione siti web a Roma diventa lo strumento ideale per offrire informazioni su prodotti e servizi ogni volta che il cliente ne ha bisogno. Il sito web diventa una risorsa preziosa e sempre disponibile per dare supporto e assistenza e fornire informazioni altrimenti accessibili solo in orario lavorativi.


    1. Vendite


    Il business deve essere conosciuto per generare vendite e fatturato e chi non è online perde l’opportunità  di fare brand awareness e distinguersi dalla concorrenza. La maggior parte delle persone, come detto, comincia il percorso di acquisto online e chi non è presente non può far conoscere a un pubblico potenzialmente illimitato i prodotti e servizi che offre. Un sito non è limitato né dal punto di vista geografico, né degli orari di lavoro e nel caso dell’ecommerce i prodotti sono sempre disponibili. Affiancare al negozio tradizionale il punto vendita online significa dare una spinta considerevole alle vendite.


    1. Credibilità 


    Il consumatore che non trova la vostra azienda online diventa diffidente, si chiede se esista veramente e teme una truffa. Con l’avvento di internet le persone sono diventate più scettiche e prima di ogni acquisto, anche quello che si fa nel negozio tradizionale, il consumatore cerca online prodotti, servizi e soprattutto pareri e opinioni. Per questo è fondamentale affidarsi a professionisti della realizzazione siti web a Roma come Romaweblab.


    1. Pubblicità  a basso costo


    Il web mette a disposizione della PMI una forma di pubblicità  efficace e a basso costo, capace di portare immediatamente a risultati importanti in termini di traffico, lead generation, conversioni e crescita del fatturato. Grazie al sito web si possono creare anche campagne di PPC con Google Ads e sui social media, lavorando con il passaparola. Per il 92% dei consumatori le raccomandazioni di amici e parenti sono influenti quando si deve prendere una decisione di acquisto e rappresentano per le aziende un buon modo per fare brand awareness.

    Il sito web permette di raccontare un’azienda, un prodotto e un servizio e si tratta di uno strumento flessibile che aiuta l’evoluzione dell’attività , costruendo una buona reputazione che non passa inosservata agli occhi di milioni di persone in tutto il mondo. Tutti cercano online buone recensioni di prodotti e servizi e l’azienda innovativa deve saper usare i nuovi strumenti del web.

    Avere un sito web rappresenta un’enorme opportunità  per ogni business, ma deve essere fatto bene per avere un ritorno sull’investimento in tempi brevi. Per questo il consiglio è rivolgersi a specialisti della Realizzazione Siti Web a Roma come Romaweblab.

    Meglio il sito o i social?

    Quando si lavora alla strategia di comunicazione dell’azienda ci si chiede se sia meglio usare i social media o creare un sito web. Si tratta, tuttavia, di un confronto che non regge dato che si tratta di strumenti con caratteristiche diverse e pensati per raggiungere obiettivi diversi.

    I social media si basano sulla diffusione immediata e sulla condivisione di contenuti multimediali, mentre il sito web è uno strumento che va ampliato e ottimizzato man mano per supportare il marketing, la comunicazione e le vendite di prodotti e servizi. Un sito non esclude i social e viceversa ed entrambi amplificano le potenzialità  dell’altro strumento. Per questo la scelta degli strumenti di web marketing da usare dipende dalla strategia individuata per l’azienda e dal valore che di volta in volta assumono i social media e il sito web.

    Ecommerce: il nuovo ruolo di questo strumento

    Con la pandemia da COVID-19 è cresciuto il ruolo dell’eCommerce che ha permesso alle aziende di vendere prodotti e servizi anche durante il lockdown. Vendere online è tuttavia sempre più difficile data la grande concorrenza del settore e anche in questo caso solo professionisti della Realizzazione Ecommerce Roma possono dar vita ad un progetto destinato ad avere successo.

    Creare un eCommerce richiede competenze avanzate che non tutti i web designer possiedono, ma in Romaweblab siamo aggiornati anche in questo ambito e proponiamo ad ogni azienda il migliore eCommerce al prezzo più vantaggioso e competitivo del mercato. Contattaci per richiedere il tuo preventivo e dare alla tua azienda maggiori opportunità  di farsi conoscere online!

    Foto di 200 Degrees da Pixabay

  • Pirateria informatica: cos’è e quali ambiti riguarda

    Pirateria informatica: cos’è e quali ambiti riguarda

    La “pirateria informatica” si riferisce all’atto di violare le leggi relative all’uso non autorizzato, alla copia, alla distribuzione o alla manipolazione non autorizzata di software, dati o risorse informatiche. In termini più semplici, la pirateria informatica coinvolge attività illegali legate all’informatica, in particolare all’uso improprio o alla distribuzione non autorizzata di software e contenuti digitali.

    Ecco alcuni esempi comuni di pirateria informatica:

    1. Pirateria del Software: Questo è uno dei tipi più noti di pirateria informatica ed è associato all’uso non autorizzato o alla copia illegale di software protetto da copyright. Questo include la condivisione di chiavi di licenza o l’installazione di software su più dispositivi senza la debita licenza.
    2. Pirateria dei Media Digitali: Questo tipo di pirateria coinvolge la distribuzione o il download illegale di film, musica, libri e altri contenuti digitali protetti da copyright senza il consenso dei detentori dei diritti d’autore.
    3. Hacking e Accesso Non Autorizzato: Gli hacker possono violare sistemi informatici, reti o account online senza autorizzazione, causando danni o rubando dati sensibili.
    4. Frode Informatica: Questo tipo di pirateria coinvolge l’uso fraudolento di sistemi informatici per truffe finanziarie o per ottenere informazioni personali o finanziarie illegalmente.
    5. Distribuzione di Malware: Alcuni pirati informatici creano e diffondono malware (software dannoso) per rubare dati o danneggiare sistemi informatici.

    La pirateria informatica è illegale e può comportare conseguenze legali, tra cui sanzioni penali e civili. Le leggi sulla pirateria variano da paese a paese, ma in genere proteggono i diritti d’autore e gli interessi delle aziende e dei creatori di contenuti digitali. La pirateria informatica può avere un impatto negativo sull’industria del software, dell’intrattenimento e su altri settori, oltre a rappresentare una minaccia per la sicurezza informatica e la privacy degli utenti.

    Regolamentazione in Italia

    In Italia, la legge per la pirateria informatica è principalmente regolamentata dal Codice della Proprietà Industriale (Legge 10 febbraio 2005, n. 30) e dal Codice Penale (Libro II, Titolo II, Capo IV – Delitti contro la Proprietà Industriale). Queste leggi stabiliscono i diritti d’autore e le protezioni legali contro la pirateria e la violazione dei diritti di proprietà intellettuale. Di recente, la cosiddetta legge antipirateria di luglio 2023 ha stabilito ulteriori norme soprattutto in fatto di pirateria per i servizi di streaming di calcio e della serie A.

    Ecco alcuni punti chiave relativi alla legge italiana sulla pirateria informatica:

    1. Diritto d’Autore: Il Codice della Proprietà Industriale stabilisce i diritti d’autore e le protezioni legali per le opere creative, compresi i software, i film, la musica, i libri e altri contenuti digitali. La legge protegge i diritti dei creatori e dei detentori di copyright.
    2. Illegale Copia e Distribuzione: Fare copie non autorizzate di software, film, musica o altri contenuti protetti da copyright e distribuirli senza il consenso del detentore dei diritti è considerato illegale.
    3. Punizioni Penali e Civili: La violazione dei diritti d’autore può comportare sanzioni penali e civili. Gli autori di reati di pirateria informatica possono essere perseguibili penalmente e soggetti a multe o pene detentive. Possono anche essere costretti a risarcire i danni ai detentori dei diritti d’autore.
    4. Rispetto dei Diritti Digitali: La legge italiana richiede il rispetto dei DRM (Digital Rights Management) e di altre tecnologie di protezione dei contenuti digitali. La rimozione o la violazione di tali misure è considerata un reato.
    5. Frode Informatica e Hacking: L’accesso non autorizzato a sistemi informatici o la manipolazione di dati informatici al fine di ottenere un vantaggio illegale sono considerati reati di frode informatica e hacking, punibili secondo il Codice Penale.
    6. I detentori dei diritti d’autore hanno il diritto di avviare azioni legali contro i pirati informatici per far valere i loro diritti. Queste procedure possono includere azioni penali e civili, tra cui richieste di risarcimento danni.

    Secondo il Decreto di luglio 2023, inoltre, una specifica disposizione dell’AGCOM (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) stabilisce la possibilità dell’AGCOM di emettere ordini per impedire l’accesso a contenuti diffusi illegalmente su Internet. Nello specifico opererebbe nei seguenti termini:

    1. Blocco della Risoluzione DNS: Il DNS (Domain Name System) è un sistema che associa nomi di dominio, come www.sitopirata.com, agli indirizzi IP dei server web corrispondenti. L’AGCOM ha il potere di ordinare ai fornitori di servizi di accesso a Internet di impedire l’accesso a contenuti illegali bloccando la risoluzione dei nomi di dominio associati a questi siti. In pratica, questo significa che quando un utente tenta di visitare un sito web illegalmente diffuso, il suo computer non sarà in grado di trovare l’indirizzo IP corrispondente e non potrà accedere al sito.
    2. Blocco dell’Instradamento del Traffico di Rete: L’AGCOM può anche ordinare ai fornitori di servizi di Internet di impedire l’accesso a contenuti illegali bloccando l’instradamento del traffico di rete verso gli indirizzi IP associati a tali contenuti. Questo significa che i pacchetti di dati destinati a questi indirizzi IP saranno bloccati o reindirizzati in modo che non raggiungano il loro obiettivo previsto.
    3. Blocco di Altri Elementi Associati: L’AGCOM può emettere ordini di blocco non solo per nomi di dominio e indirizzi IP specifici ma anche per ogni loro variante o estensione che consenta ancora l’accesso ai contenuti illegali. Ad esempio, se un sito web viene bloccato, l’AGCOM può ordinare il blocco di tutti i suoi sottodomini o altre estensioni del dominio.
    4. Provvedimenti Cautelari in Casi di Gravità e Urgenza: In situazioni di gravità e urgenza, ad esempio quando sono coinvolti contenuti trasmessi in diretta, prime visioni di film o eventi di grande interesse pubblico, l’AGCOM può emettere provvedimenti cautelari che richiedono ai fornitori di servizi Internet di bloccare immediatamente l’accesso ai contenuti illegali, senza la necessità di una procedura legale completa.

    Questa disposizione conferisce all’AGCOM il potere di ordinare ai fornitori di servizi Internet di impedire l’accesso a contenuti illegali su Internet attraverso il blocco dei nomi di dominio e degli indirizzi IP. Ciò è finalizzato a contrastare la pirateria online e a proteggere i diritti d’autore e gli interessi degli autori e dei detentori dei diritti d’autore. È importante notare che la legge italiana sulla pirateria informatica è in linea con le direttive dell’Unione Europea sulla protezione dei diritti di proprietà intellettuale e della proprietà industriale. Le autorità italiane collaborano con le forze dell’ordine e le autorità giudiziarie per contrastare la pirateria informatica e proteggere i diritti degli autori e dei detentori dei diritti d’autore.

    Queste informazioni sono state ricavate dal web a scopo divulgativo generalista, e non costituiscono un parere ufficiale da parte di un legale.

  • Piracy shield anti-pezzotto, come sta funzionando

    Piracy shield anti-pezzotto, come sta funzionando

    Tutto nasce negli anni Novanta, con il consolidamento del termine pezzotto atto ad indicare un qualcosa di falsificato: sulle prime, ad esempio, i CD pirata venduti per strada a Napoli. Il termine si è poi esteso a tutte le regioni d’Italia, e rappresenta ad oggi soprattutto quei servizi online non legali che propongono la visione delle partite a prezzi molto più passi, senza averne autorizzazione dai detentori dei diritto. Secondo una ricerca condotta di recente, nel 2022 il giro d’affari della pirateria nel calcio si aggira attorno ai 41 milioni di euro. Il fenomeno coinvolge, a quanto pare, un ampio spettro della popolazione, con circa tre milioni di abbonati alle IPTV illegali. In Italia è stata considerata una vera e propria priorità, da parte del Governo: il contrasto alla pirateria nello sport è diventato una priorità chiara, affrontata inizialmente attraverso il Decreto legge Caivano della scorsa estate, e con l’introduzione di norme più severe per contrastarla.

    Multa a chi trasmette (e anche a chi guarda) le partite su piattaforme pirata

    Il Decreto-legge ha come obiettivo principale il contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile. Di conseguenza, la pirateria è stata elevata al rango di reato, con pene che vanno dalla reclusione da uno a quattro anni e multe che oscillano tra i 2.500 e i 15.000 euro per chi effettua trasmissioni illegali. Coloro che consumano contenuti piratati possono essere multati fino a 5.000 euro. Questa nuova legislazione rappresenta un passo significativo nella lotta contro la pirateria, garantendo una maggiore protezione dei diritti degli operatori e promuovendo un ambiente più equo nel settore sportivo.

    Il fenomeno della pirateria sportiva, da sempre difficile da contrastare, ha trovato un nuovo avversario in Piracy Shield, uno strumento tecnologico sviluppato dalla Lega Serie A e gestito dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom). Dopo settimane di lavoro, Piracy Shield è stato lanciato ufficialmente lo scorso febbraio, introducendo un sistema di monitoraggio e blocco in tempo reale dei siti illegali che trasmettono eventi sportivi. Questo sistema, unico nel suo genere, permette di oscurare i siti entro trenta minuti dall’avvio delle trasmissioni illegali, grazie alla collaborazione tra operatori autorizzati, Garante e provider di servizi web. Per supportare l’applicazione di Piracy Shield la Guardia di Finanza e la Procura di Roma hanno firmato un protocollo d’intesa che permette alle autorità di incrociare i dati e procedere con le indagini contro gli indirizzi IP sospetti senza richiedere l’autorizzazione della magistratura. Questa nuova collaborazione accelera il processo sanzionatorio e rende più efficace l’identificazione dei responsabili della pirateria sportiva (fonte).

    Come funziona Piracy Shield

    Il funzionamento di Piracy Shield si basa su segnalazioni di operatori autorizzati, che indicano le pagine web e le app che stanno trasmettendo illegalmente gli eventi sportivi. Una volta accertato il reato dall’Agcom, gli Internet Service Provider (ISP) hanno l’obbligo di bloccare tempestivamente il sito segnalato, in modo che non si possa più raggiungere dall’Italia. Successivamente, le prove raccolte vengono condivise con le Procure per l’identificazione dei responsabili delle piattaforme illegali, oltre che degli utenti che accedono ai contenuti piratati.

    Wired aveva spiegato nel dettaglio il funzionamento della piattaforma della Sp Tech, una startup informatica focalizzata sulla lotta alla pirateria online. Piracy Shield funziona sul cloud di Microsoft Azure, da quello che sappiamo, ed è raggiungibile solo mediante VPN in dotazione agli operatori (non esiste un IP pubblico per motivi di sicurezza, in altri termini).  Su questa piattaforma le aziende titolari dei diritti (Sky e Dazn per intenderci) inseriscono progressivamente gli indirizzi IP e/o i Fully Qualified Domain Name (FQDN), ovvero nomi di dominio univoci che identificano in modo univoco una risorsa online, dei siti pirata che trasmettono contenuti senza autorizzazione. Questi dati sono inoltre accompagnati da prove forensi che certificano la violazione dei diritti d’autore.Chi effettua la segnalazione ha solo pochi minuti per correggere eventuali errori, perchè Piracy Shield genera immediatamente un ticket e aggiunge la segnalazione alla lista dei siti non consentiti. La lista è consultata dagli operatori di telecomunicazioni e di rete, che dispongono il blocco entro 30 minuti, a quanto pare senza intervento da parte di un operatore umano (da cui il rischio di commettere errori, a nostro avviso, per via del bias dell’automazione).

    Nonostante i risultati positivi (da quello che sappiamo, quantomeno, finora riferiti dai promotori di Piracy Shield) sembra permanere un certo margine di errore nelle segnalazioni degli IP, con il rischio di oscurare pagine errate (soprattutto nel caso di IP condivisi o di servizio, come quelli per le CDN). Nel frattempo altri paesi come la Spagna starebbero, nel frattempo, prendendo in considerazione interventi anti-pirateria analoghi. Un’ordinanza del tribunale del commercio di Barcellona potrebbe presto obbligare i principali operatori internet locali, tra cui Telefónica, Vodafone, Orange, MásMovil e Digi, a collaborare con le autorità competenti fornendo dati e informazioni su coloro che si collegano ai server che trasmettono contenuti ritenuti illegali.

    Conclusioni

    L’implementazione di una piattaforma governativa per il blocco degli indirizzi IP dei siti pirata può (e dovrebbe, a nostro avviso) essere monitorata e migliorata costantemente, in quanto soggetta a vari, potenziali, problemi tecnici:

    1. Errore umano: Esiste il rischio che vengano bloccati indirizzi IP non correlati alla pirateria o che vengano segnalati erroneamente, come è stato segnalato sempre da Wired. Questo potrebbe causare interruzioni dei servizi legittimi e danni alla reputazione degli operatori.
    2. False positivi: La tecnologia impiegata potrebbe identificare erroneamente siti legittimi come pirata a causa di somiglianze nei nomi di dominio o nella struttura del sito. Ciò potrebbe comportare il blocco ingiustificato di risorse legali.
    3. Falsi negativi: Al contrario, alcuni siti pirata potrebbero riuscire a eludere il sistema di blocco, ad esempio modificando frequentemente il proprio indirizzo IP o utilizzando tecniche avanzate di mascheramento.
    4. Protezione della privacy: La raccolta e l’elaborazione dei dati degli utenti coinvolti potrebbero sollevare preoccupazioni in materia di privacy e sicurezza dei dati personali. È fondamentale garantire che vengano rispettate tutte le normative sulla privacy durante la raccolta e l’utilizzo di tali informazioni.
    5. Sovraccarico dei server: Se la piattaforma viene sottoposta a un’elevata quantità di segnalazioni o richieste di blocco, potrebbe verificarsi un sovraccarico dei server, causando ritardi nel processo di blocco o interruzioni dei servizi.
    6. Crittografia e tunneling: Alcuni siti pirata potrebbero utilizzare connessioni crittografate o tunneling per mascherare il traffico e sfuggire al rilevamento e al blocco degli indirizzi IP.

    Per mitigare questi problemi, è importante adottare tecnologie avanzate di monitoraggio e analisi del traffico, implementare procedure di verifica e ricorso, e garantire la trasparenza e l’apertura nel processo di blocco degli indirizzi IP pirata. Inoltre, è essenziale collaborare con gli operatori internet e le autorità competenti per sviluppare strategie efficaci e rispettare i diritti degli utenti e delle aziende legittime.

  • Che significa l’emoji «cuore giallo»

    Che significa l’emoji «cuore giallo»

    Le emoji, quei piccoli simboli digitali che arricchiscono le nostre conversazioni online, sono diventate un linguaggio universale della comunicazione moderna. Dal semplice sorriso al cuore pulsante, queste immagini colorate e espressive sono diventate fondamentali per trasmettere emozioni, concetti e persino intere storie attraverso piattaforme digitali e social media.

    Le emoji sono diventate un modo essenziale per comunicare emozioni e concetti complessi in modo rapido e universale. La loro storia, partendo dalle loro umili origini in Giappone fino alla loro adozione su scala globale, riflette il potere della tecnologia nel connettere le persone e nel facilitare la comunicazione interculturale. Con ogni nuovo aggiornamento, le emoji continuano a evolversi per rispecchiare la diversità e la complessità del mondo moderno.

    Ecco alcuni esempi di emoji comuni e i loro significati:

    1. Sorriso: Esprime felicità, gentilezza e approvazione.
    2. Risata: Utilizzata per indicare ilarità o divertimento.
    3. ❤️ Cuore rosso: Simboleggia amore, affetto e passione.
    4. Stella: Rappresenta brillantezza, eccellenza o celebrità.
    5. Faccina pensierosa: Indica riflessione, perplessità o dubbi.
    6. Palloncini: Usati per celebrare feste, compleanni o eventi speciali.
    7. Mani alzate: Esprime entusiasmo, gioia o supporto.
    8. Faccina che piange: Indica tristezza, dolore o frustrazione.
    9. Pizza: Simboleggia cibo e può essere utilizzata per indicare fame o desiderio di pizza.
    10. Arcobaleno: Rappresenta bellezza, diversità e speranza.

    Origini e Storia

    Le emoji hanno origini interessanti e risalgono agli anni ’90 in Giappone. Il termine “emoji” deriva dalla combinazione delle parole giapponesi “e” (immagine) e “moji” (carattere). Inizialmente limitate alle piattaforme giapponesi, queste piccole icone hanno guadagnato popolarità internazionale grazie al loro potenziale nel trasmettere significati in modo rapido e universale.

    Il primo set di emoji è stato creato da Shigetaka Kurita per la piattaforma mobile giapponese i-mode della NTT DoCoMo nel 1999. Tuttavia, è stato il successo globale degli smartphone e dei social media a spingere le emoji oltre i confini del Giappone. Nel 2010, Unicode Consortium ha standardizzato le emoji, consentendo agli sviluppatori di software di garantire la compatibilità tra piattaforme e dispositivi.

    Aggiornamenti e Nuove Emoji

    Negli anni successivi, il repertorio di emoji è cresciuto notevolmente, includendo una vasta gamma di simboli, oggetti, animali e volti umani che riflettono la diversità culturale e la varietà di esperienze umane. Ogni anno, Unicode Consortium rilascia un nuovo set di emoji, che viene quindi implementato da aziende come Apple, Google e Microsoft nei loro sistemi operativi e piattaforme.

    Questi aggiornamenti continuano a riflettere l’evoluzione della comunicazione digitale e includono spesso nuove emoji che rappresentano megatrend culturali, eventi globali e cambiamenti sociali. Ad esempio, emoji che rappresentano varie identità di genere, disabilità e diversità etnica sono state aggiunte per promuovere l’inclusione e la rappresentazione.

    Significato cuore giallo

    è comunemente interpretato come il simbolo dell’amore e dell’affetto. Rappresenta solitamente sentimenti di amore, gentilezza, amicizia e felicità. Può essere usato per esprimere gratitudine, apprezzamento o per mostrare affetto verso qualcuno o qualcosa.

    Significato cuore rosa, rosso, giallo, verde, blu

    Ad esempio:

    • Cuore rosa: Comunemente associato all’amore romantico, alla dolcezza, all’affetto e all’amicizia. Può anche rappresentare gentilezza e tenerezza. Anche se il cuore rosso è comunemente associato all’amore romantico e alla passione, nelle comunicazioni digitali moderne è diventato un simbolo più generico di affetto, amicizia o apprezzamento. Le persone possono utilizzarlo per esprimere sentimenti positivi senza necessariamente implicare un amore romantico! Quindi, se qualcuno invia un cuore rosso, potrebbe significare semplicemente che ti apprezza o che prova affetto verso di te, senza implicare necessariamente un interesse romantico.
    • ❤️ Cuore rosso: Il più comune dei cuori colorati, rappresenta l’amore romantico, la passione, il desiderio e l’affetto profondo.
    • Cuore giallo: Spesso usato per esprimere amicizia, gioia, felicità e ottimismo.
    • Cuore verde: Può rappresentare la natura, la fertilità, la crescita, la salute e anche la gelosia in alcuni contesti.
    • Cuore blu: Simboleggia la pace, la tranquillità, la fiducia, la fedeltà e la stabilità emotiva.
    • Cuore viola: Associato comunemente alla spiritualità, alla magia, all’unicità e alla creatività. Può anche rappresentare un amore profondo e misterioso.
    • Cuore nero: A volte usato per esprimere tristezza, dolore o malinconia. Può anche rappresentare un amore intenso e passionale. Foto di Prawny da Pixabay
  • Che cosa vuol dire NSFW?

    Che cosa vuol dire NSFW?

    NSFW è un’acronimo di internet molto diffuso ed utilizzato sia nelle board online che all’interno di community Facebook, Telegram o Twitter.

    Si tratta di un nome che indica quattro parole in inglese che sono: NOT SUITABLE FOR WORK, che in italiano significa “non visionabile sul luogo di lavoro“. Un giro di parole, in qualche modo, per indicare che l’immagine o il video che stai per vedere potrebbe non essere adatto ad una visione in presenza di colleghi, o comunque in un contesto formale che non consente di renderlo visibile ad altri.

    Stando all’Urban Dictionary, l’acronimo NSFW potrebbe significare anche Not Safe For Wife (non sicuro per la propria moglie). Per quanto i significati di NSFW siano vari ed eventuali, pertanto, rimane pur sempre una forma di linguaggio slang di internet, quasi sempre utilizzato per descrivere post online che sono associati a nudità  esplicite, sessualità  o pornografia, blasfemia, volgarità  e analoghi.

    Un secondo possibile significato che, in seguito, è stato attribuito all’acronimo NSFW è anche un altro, meno noto ma necessario da citare: si tratta di Not Safe For Life, ovvero poco sicuro per la propria vita, a voler sottolineare il carattere traumatizzante di quel tipo di contenuti e non tanto, a conti fatti, la natura sessuale quanto quella più violenta, purtroppo.

    Su internet, ovviamente, potremmo sempre trovare qualsiasi cosa, anche le più brutte o sgradevoli, purtroppo; per cui Facebook usa la notifica contenuto NSFW per far sapere all’utente che i contenuti che sta per vedere sono inadatti alla visione dei minorenni, ad esempio, oppure di persone fragili, psicologicamente provate o impressionabili. Fai attenzione, quindi, che NSFW non è “solo” una notifica per contenuti erotici o pornografici, ma potrebbe riguardare più in generale contenuti violenti o particolarmente sgradevoli da tanti punti di vista.

  • Cos’è il meme English or spanish

    Cos’è il meme English or spanish

    English or spanish? O se preferite, inglese o spagnolo? Che cosa significa?! Ve lo spieghiamo in questo articolo perchè credeteci, è importante saperlo.

    In passato domande potevano essere interpretate un modo per metterci in contatto con altre persone e culture. Stasera c’è la finale Inghilterra Spagna ed uno potrebbe essere tentato da spiegare la cosa in relazione al calcio… ma sarà davvero così? Nell’era di internet e nell’anno di grazia 2024 la domanda “inglese o spagnolo?” ha assunto un significato diverso. Ci sono soprattutto su TikTok video di persone che chiedono “Inglese o spagnolo?” in cui la persona ripresa dalla telecamera si blocca. Non sembra avere senso per i TikToker occasionali, ma alcuni sanno esattamente cosa “inglese o spagnolo?” significa. Allora cosa significa questa strana tendenza su TikTok e da dove viene fuori?

    Chiedere “Inglese o spagnolo?” su TikTok è un riferimento allo scherzo di un utente, che si chiama Alfonso Pinpon. Lo stesso scherzo è stato proposto in Italia ed ha coinvolto Zlatan Ibrahimovic e lo Youtuber Speed. Lo scherzo non è esattamente di buon gusto, ed è anche omofobico, almeno secondo molti. In origine il TikToker Alfonso Pinpon aveva raccolto oltre 1 milione di follower con uno scherzo diventato virale (scherzo o presunto tale, insomma): Fondamentalmente, andava in un centro commerciale affollato che presenta un mix uniforme di madrelingua inglesi e spagnoli. Quindi, prima di fare scherzi a passanti innocenti, Alfonso chiede loro: “Inglese o spagnolo?”Poi, a seconda della lingua scelta dall “vittima” dello “scherzo” (passateci le doppie virgolette in entrambi i casi), dice loro: “Chi si muove per primo è gay” e in genere le persone si bloccano.

    La questione, vista attraverso la lente dell’eteronormatività (la convinzione che l’eterosessualità sia l’unico orientamento sessuale accettabile), potrebbe sembrare divertente a prima vista. Tuttavia, da una prospettiva più aperta e inclusiva, appare chiaro quanto sia inopportuna. Ci dissociamo completamente da tali atteggiamenti, ed invitiamo anche voi a ragionare sulla cosa e quanto si potrebbe far soffrire delle persone che non dovrebbero più essere discriminate o peggio. Siamo fiduciosi che sia possibile far ridere e attirare follower senza ricorrere a scherzi di cattivo gusto del genere, nonostante qualcuno possa invocare la libertà di espressione. Contro certi argomenti libertari, purtroppo, c’è poco da discutere: lo sappiamo bene e non ci facciamo illusioni. Ma col nostro piccolo blog proviamo a dare il nostro contributo.

    Questo post vuole riflettere un forte impegno contro l’omofobia, sottolineando l’importanza di rispettare tutte le identità sessuali e di creare contenuti rispettosi e inclusivi.

    Tratto da: https://www.tiktok.com/@alfonsopinpon_

  • Le VPN rispettano la tua privacy? Cos’è la no logs policy

    Le VPN rispettano la tua privacy? Cos’è la no logs policy

    E se mentre usiamo le VPN qualcuno salvasse da qualche parte tutto quello che facciamo?

    I log legati alle VPN sono registrazioni di attività che vengono effettuate dai fornitori di servizi VPN (Virtual Private Network). Questi log possono includere informazioni varie, come orari di connessione, indirizzi IP utilizzati, siti web visitati e altre attività online degli utenti mentre utilizzano la VPN. La questione dei log è rilevante in quanto influisce sulla privacy e sulla sicurezza dell’utente.

    Esistono diversi tipi di log che un provider VPN può registrare:

    1. Log di connessione: Questi log registrano quando un utente si connette o disconnette dalla VPN, insieme agli orari e agli indirizzi IP coinvolti. Queste informazioni potrebbero essere utilizzate per scopi di amministrazione del sistema e per risolvere problemi tecnici, ma possono anche essere utilizzate per tracciare le attività degli utenti.
    2. Log di traffico: Alcuni provider VPN possono registrare il traffico di rete effettuato dagli utenti attraverso la VPN, come siti web visitati, dati scaricati o caricati e così via. Questi log possono costituire una minaccia alla privacy degli utenti, specialmente se queste informazioni vengono utilizzate a fini di profilazione o vengono richieste da entità governative.
    3. Log di indirizzi IP: Alcuni servizi VPN possono registrare gli indirizzi IP assegnati agli utenti durante le connessioni. Questi log possono essere utilizzati per tracciare l’identità dell’utente e le sue attività online.
    4. Log di sessione: Questi log tengono traccia delle sessioni di navigazione dell’utente, inclusi i siti web visitati e il tempo trascorso su ciascuno di essi. Possono essere utilizzati per analizzare il comportamento dell’utente e per scopi di marketing.

    La problematica principale riguardo ai log delle VPN è la violazione della privacy. Le persone utilizzano le VPN per proteggere la propria privacy online, nascondendo le loro attività e la loro identità agli occhi di terze parti, inclusi gli ISP (Internet Service Provider) e gli eventuali osservatori malevoli. Se un provider VPN registra dettagliate informazioni sulle attività degli utenti, c’è il rischio che queste informazioni possano essere compromesse o divulgate involontariamente.

    Quando si sceglie un provider VPN, è importante cercare servizi che offrano una rigorosa “no logs policy”. Questo significa che il provider dichiara di non registrare alcuna informazione che possa essere utilizzata per identificare o tracciare le attività degli utenti. È consigliabile leggere attentamente le politiche di privacy e le condizioni del servizio prima di scegliere una VPN, in modo da avere un’idea chiara di come vengono gestiti i log e i dati degli utenti.

    Che cos’è la no logs policy

    La “no logs policy” (politica di non registrazione dei log) è una pratica utilizzata da alcuni servizi online, come provider di servizi VPN, servizi di messaggistica, motori di ricerca e altri, per garantire la privacy degli utenti. Questa politica implica che il servizio non registra o conserva alcuna informazione sulle attività dell’utente, come le azioni compiute, le pagine visitate, le conversazioni avute o altre attività che potrebbero essere tracciate attraverso i log di sistema.

    In sostanza, una no logs policy significa che il servizio si impegna a non raccogliere né memorizzare dati dettagliati sulle attività degli utenti mentre utilizzano il servizio. Questo può essere particolarmente importante per coloro che cercano di proteggere la propria privacy online, poiché limita la quantità di informazioni che possono essere raccolte e potenzialmente utilizzate da terze parti per scopi di profilazione o sorveglianza.

    Tuttavia, è importante notare che non tutte le “no logs policy” sono uguali. Alcuni servizi potrebbero dichiarare di avere una politica di non registrazione dei log, ma potrebbero ancora raccogliere alcune informazioni limitate per scopi di gestione del servizio o per rispondere a richieste legali. Pertanto, è consigliabile leggere attentamente le politiche di privacy e le condizioni del servizio di qualsiasi provider per capire esattamente cosa intendono quando affermano di avere una no logs policy.

    Le politiche di non registrazione dei log possono essere importanti per gli individui che cercano di mantenere un certo livello di anonimato e privacy durante le loro attività online, ma è sempre consigliabile fare ricerche approfondite sui servizi che si utilizzano per capire meglio come vengono trattati i dati personali.

    Servizi come Proton VPN e NordVPN rispettano formalmente, da quello che dicono loro stesse, questo tipo di policy.

    Foto di Stefan Coders da Pixabay

  • Che cos’è il DNSSEC

    Che cos’è il DNSSEC

    DNSSEC è un acronimo che sta per Domain Name System Security Extensions (Estensioni di Sicurezza del DNS): si tratta di una caratteristica tecnica che molti registrar mettono a disposizione. Esso permette a chi registra domini internet di apporre una firma digitale sulle informazioni che vengono registrate all’interno dei record DNS. Questo serve ad una cosa molto importante, cioè evitare che il DNS sia alterato o corrotto, accidentalmente o intenzionalmente.

    Il problema risolto da DNSSEC

    La risoluzione del DNS è una delle fasi cruciali dell’attuale funzionamento di internet: esso permette, infatti, di associare gli IP numerici ai nomi di domini, e viceversa i nomi di dominio agli IP, permettendo così alla rete internet di funzionare. Il problema della risoluzione del DNS a livello di sicurezza informatica è molto importante, dato che (a differenza di HTTPS che, ad esempio, protegge la comunicazione tra client e server da occhi indiscreti) sul DNS, di suo, non esiste alcun protocollo di sicurezza consolidato.

    Per quanto il problema della sicurezza del DNS ad oggi non abbia ancora previsto uno standard vero e proprio, rimane un aspetto fondamentale da comprendere e in qualche modo proteggere: la risoluzione DNS potrebbe infatti essere corrotta o manipolata ad arte, ad esempio per dirottare traffico su siti di spam o phishing, ad esempio, e spesso sfruttando tecniche insospettabili e difficili da rilevare.

    DNSSEC è, in tal senso, una delle proposte più concrete che ci siano oggi sul mercato.

    A cosa serve DNSSEC?

    DNSSEC (acronimo per Domain Name System SECurity Extensions) cerca di risolvere le problematiche annesse alla sicurezza del DNS (il cosiddetto DNS poisoning, su tutti) mediante uno standard stabilito dalla IETF (Internet Engineering Task Force), che ha stilato una serie di requisiti e di possibili “reazioni” (documento ufficiale di riferimento: rfc3833) che l’algoritmo DNSSEC cerca di prevedere e risolvere in automatico, in caso di vari tipi di attacchi informatici.

    DNSSEC aiuta a proteggere Internet, gli utenti finali, le aziende, le organizzazioni e i governi. Riduce la vulnerabilità  agli attacchi, verifica e protegge i dati DNS, il che consente di fidare i dati in applicazioni al di fuori del DNS.

    Come funziona DNSSEC?

    In prima istanza DNSSEC protegge la cache del DNS, che spesso viene utilizzata per risolvere più rapidamente le richieste più frequenti sui nomi di dominio e che spesso è oggetto di attacchi informatici specifici, in grado di dirottare le richieste dei client nei modi più imprevedibili (ad esempio, aprire un sito come apple.com e ritrovarsi su un altro contenuto in modo subdolo: si tratta di un attacco informatico omografico, ed è già  successo).

    Due parti di DNSSEC devono essere abilitate affinché funzioni tutto: i registrar, che sono responsabili della pubblicazione delle informazioni DNS, devono assicurarsi che i loro dati DNS siano firmati da DNSSEC. Gli operatori di rete, dal canto loro, devono abilitare la convalida DNSSEC sui loro resolver che gestiscono le ricerche DNS per gli utenti.

    L’idea di DNSSEC è quella di crittografare ed apporre una firma digitale sulle zone del DNSSEC, in modo da poter verificare la coerenza della chiamata al DNS stesso e risolverla solo se risponde a determinati requisiti. Qualsiasi record, da quelli CNAME a quelli A, passando per i TXT e per i MX (per la posta elettronica) può essere protetto con DNSSEC, sfruttando una varietà  di tecnologie crittografate come ad esempio:

    • Certificate Records
    • SSH fingerprints
    • IPSec
    • TLS Trust Anchors

    DNSSEC è sicuro?

    In genere sì, ma bisogna capire bene cosa fa per esprimersi a riguardo. Più nel dettaglio, DNSSEC si occupa di autenticare le risposte del DNS, ma non di fornire dati confidenziali o protetti digitalmente: questo significa, in altri termini, che le risposte gestite lato DNS non sono crittografate a livello di dati, ma sono solo soggette ad autenticazione (come se fossero legate ad una password segreta che permette di verificare internamente l’associazione IP – dominio e viceversa).

    Per quanto non sia una rimedio sicuro al 100% contro gli attacchi Denial of Service (DoS), permette comunque di limitarlo almeno in parte.

    Chi usa il DNSSEC?

    Al momento solo alcune estensioni fanno uso di questo standard, che formalmente è ancora un draft (cioè una bozza orientativa non a carattere di vero e proprio standard) per cui non esiste un vero e proprio modello standard a cui i TLD possano adeguarsi.

    L’adozione del DNSSEC è attualmente al vaglio su varie estensioni di dominio, per quanto in Svezia sia stato adottato sui domini .se già  dal 2014, mentre nel nostro paese è stato adeguato dal NIC dei domini .it più recentemente nel 2018. Questa tecnologia è già  in corso di utilizzo, inoltre, per ulteriori estensioni geografiche come ad esempio: .nl, .no, .be e .hu. A livello statistico, pare che solo un’estensione di dominio su dieci supporti DNSSEC.

    (fonte)

  • Che vuol dire pickpocket

    Che vuol dire pickpocket

    L’etimologia di “pickpocket” risale alla combinazione di due parole inglesi: “pick” e “pocket”.

    • “Pick” deriva dal vecchio inglese “pician”, che significa “to prick” (pungere) o “to pick at” (scegliere o pizzicare).
    • “Pocket” in inglese indica “tasca”.

    Significa qualcosa tipo: borsaiolo, borseggiatore, ladro, scippatore, tagliaborse. Pickpocket è anche un film di fine anni Cinquanta di Robert Bresson.

    Quindi, la parola “pickpocket” letteralmente significa scegliere la tasca”. Questo termine è stato usato per descrivere coloro che praticano il furto sottrattivo prendendo di nascosto oggetti dalle tasche o dalle borse delle persone. “Pickpocket” è un termine inglese che indica una persona che si occupa di borseggiare o rubare sottraendo furtivamente oggetti, solitamente portafogli, documenti o altri oggetti di valore, dalle tasche o dalle borse delle persone senza che queste se ne accorgano. Il termine può essere utilizzato sia come sostantivo per riferirsi alla persona che compie tali azioni, sia come verbo per descrivere l’azione stessa del furto sottrattivo.

    Esisteva anche un profilo TikTok, attualmente sospeso, che faceva video usando questa parola pickpocket – Attenzione, pickpocket – allo scopo di smascherare presunti borseggiatori in giro per le strade.