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IP condiviso o dedicato? Come e quale scegliere

La scelta tra IP condiviso e IP dedicato è da anni, ormai, oggetto di diatribe e discussioni molto accese; vari gruppi Facebook specialistici, su argomento server e SEO, tendono a dare periodicamente molta importanza alla questione, senza contare i vari servizi di hosting che spesso, detta senza mezzi termini, hanno finito per sfruttare questo hype a scopi meramente commerciali. Se molti pensano, del resto, che l’IP dedicato sia “migliore” a prescindere rispetto a quello condiviso, del resto, è segno di una credenza molto sedimentata nell’animo di vari esperti (o presunti tali); il rischio di auto-alimentare le proprie convinzioni è altissimi, soprattutto ricorrendo e filtrando gli articoli che ci danno ragione, creando un potenziale bias o distorsione cognitiva che è opportuno, secondo me, analizzare in modo più lucido.


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IP condivisi vs dedicati: quale preferire?

La questione se si debba o meno utilizzare un indirizzo IP dedicato è determinata da varie premesse, che è il caso di analizzare e sviscerare fin da subito:

  1. in un primo insieme di casistiche, gli IP dedicato vengono preferiti perchè – semplificando brutalmente un po’ le cose – considerati “più potenti” per fare SEO (della serie, si tende a credere che gli IP dedicati, dato che vengono usati da molti siti grossi che tendenzialmente vanno meglio su Google, siano un vero e proprio fattore di ranking);
  2. in un secondo insieme di casi, poi, gli IP dedicati sono suggeriti dai mailer di posta e servizi SMTP professionali per newsletter e mailing list come, ad esempio, SendinBlue oppure ActiveCampaign.

Sul web trovate una quantità  impressionante di informazioni sull’argomento, molte delle quali sono frutto di precedenti convinzioni e sono del tutto prive di vere e proprie basi tecnologiche. Questo ha portato, alla lunga, a far diventare la contrapposizione tra IP dedicato e condiviso come una vera e propria battaglia tra chi “ci crede” e chi invece, secondo me più saggiamente, tende a fare distinguo e a non prendere per oro colato tutto quello che legge. Anche perchè se leggete sui forum, nei social network di cui sopra e nei vari siti più o meno specialistici, avrete soltanto le idee confuse oppure, ancora peggio, avrete scelto a priori dalla parte di chi stare senza che ciò possa, necessariamente, avere un impatto positivo sulle vostre “cose” (sia a livello aziendale che tecnico e via dicendo).

Partiamo quindi da un po’ di sana antibufala sull’argomento, soprattutto visto che il web è costellato di informazioni errate a vari livelli (spesso mistificatorie, in altri casi dettate da brutali logiche di marketing della serie, ironizzando un pochino: “signò, abbiamo gli IP dedicati in offerta, prendi 3 e paghi 2“). In sintesi, i punti da cui partire sono i seguenti:

  • Non ragionate in modo meccanico perchè, di fatto, l’uso di un IP (se per il web, per la posta elettronica, per un server esterno di un’app, …) è fondamentale per capire quale tra i due eventualmente scegliere. Dipende sempre da come l’IP viene usato: possiamo infatti avere IP che fanno funzionare un sito web, che inviano posta via SMTP oppure che fanno entrambe le cose (pensiamo ad esempio ad un sito che offra un modulo di contatti che invia posta, ed eventualmente anche spam, mediante un modulo di contatto in Contact Form 7);
  • l’IP dedicato non è “migliore” di quello condiviso, e non da’ – di suo – garanzia di nulla: certo è che si tratta di una tecnologia più costosa.
  • l’IP dedicato non è per forza più veloce di quello condiviso: la velocità  di IP dedicati è determinata da come lo configuriamo e da come usiamo le risorse. Ma questa non è una vera e propria discriminante, alla fine, perchè anche IP condivisi possono essere configurati al meglio grazie a servizi esterni (esempio che vale un po’ per tutti i siti web: CloudFlare).
  • molte discussioni sull’argomento sono state surclassate dalla pratica: ad esempio, con il consolidarsi di nuove tecnologie tipo Let’s Encrypt, l’uso di un IP dedicato per il certificato SSL non è più, di fatto, necessario e non dovrebbe mai essere preso in considerazione (ha molto più senso, secondo me, procurarsi un certificato SSL firmato digitalmente con il nome della propria azienda, tipo quelli EV);
  • la valutazione dell’opportunità  di fare uso di IP dedicati o condivisi dipende sempre, rigorosamente, dal contesto e dalla necessità  (e anche dalla priorità  del momento, se vogliamo): quindi non fate considerazioni aprioristiche, in nessun caso. Se ad esempio state ripulendo una lista di backlink per via di una sospetta penalità , ad esempio, togliere di mezzo gli IP con la stessa classe C e snellirla un po’ è un’ottima idea, senza dubbio.
  • Se state ragionando su una blacklist a livello di email aziendale, dovreste controllare che l’IP del server SMTP non sia blacklistato, considerando che l’IP dedicato è sostanzialmente obbligatorio in questi casi e che, nel 90% dei casi, i server SMTP con IP condiviso hanno buone probabilità  di essere considerati “spammanti”
  • L’uso classico, e direi quasi obbligatorio, di un IP dedicato è determinato nel 90% dei casi (lo ripeto) dall’uso di servizi SMTP per l’invio di posta, sia aziendale che soprattutto per newsletter e mailing lista; c’è un motivo se esistono servizi dedicati a questo come Active Campaign e Mailchimp, e c’è un motivo ulteriore se costano cosଠtanto: un IP dedicato, per intenderci, può costarvi anche fino a 80/100€ in più più mensilmente, a parte rispetto al costo dell’hosting e del dominio.
  • se parliamo di IP dedicato o condiviso per un sito web, ciò è diverso dalla considerazione del fatto che l’hosting sia dedicato o condiviso; dico questo perchè esistono molte architetture di hosting ibride, che mediano tra i costi dell’hosting condiviso e la possibilità  di avere comunque un IP dedicato (non tutti gli hosting lo fanno, da come ho capito parlando con un po’ di servizi di assistenza in chat, ma la possibilità  esiste).
  • la velocità  del sito non c’entra col fatto di fare uso di hosting condiviso o dedicato; anche se l’apparenza suggerisce che un hosting dedicato sia più veloce, soprattutto ad oggi la velocità  e le prestazioni di un sito web dipendono soprattutto dall’architettura del server e da come usate addon e plugin del sito (vedi anche ottimizzazione del PageSpeed Insights, che è complicata di suo e va molto al di là  del fatto di dire “compro un IP dedicato e velocizzo il sito“, cosa falsa che molto marketing di certi hosting, purtroppo, tende a farci credere);
  • molti servizi di hosting come quelli di cui parliamo in queste pagine non forniscono IP dedicato, sia per volontà  commerciale sia perchè non ne vedono l’utilità  o per una questione di infrastruttura (costa tanto anche a loro);
  • più che passare da IP condiviso a dedicato, di fatto, spesso conviene molto più semplicemente cambiare servizio di hosting, il che include anche la possibilità  di usare un paradigma diverso (esempio: usare un servizio dedicato per inviare la posta, usare un hosting dedicato per WordPress come quello di WordPress.com e via dicendo).
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La risposta corretta alla domanda “è meglio un IP condiviso o dedicato“, pertanto, andrebbe specificata meglio in almeno due casi:

  1. è meglio un IP condiviso o dedicato per un sito? Dipende dal traffico che fa, dal fatto che sia gestito da un singolo o da un’azienda strutturata, dal fatto che sia usato solo per il sito o anche per inviare posta elettronica (esempio: form di contatto interno), e da esigenze o requisiti di architettura hardware e software.
  2. è meglio un IP condiviso o dedicato per un servizio di posta? In genere, in questo caso, è opportuno usare sempre e comunque IP dedicati, per garantire un tasso di consegna della posta adeguato, o anche evitare liste di spam e blacklist.

Adesso andremo per gradi e cercheremo di capire meglio, i termini del discorso tra IP condivisi e IP dedicati.

Cos’è un IP

Un indirizzo IP (in inglese IP address) è un numero associato ad un host di rete, che può essere acceduto sia mediante DNS (ovvero associazione tra dominio ed indirizzo IP) che direttamente (tipicamente via SSH o FTP). Tale numero può avere un duplice formato, che è detto IPv4 (che sono i classici IP di rete, 4 gruppi di numeri di 3 cifre separati dal punto, tipo ad esempio 123.345.567.123) oppure IPv6 (che invece sono 8 numeri esadecimali raggruppati, tipo 2001:0db8:84a3:0000:0000:8a2e:0370:7334).

Su questo abbiamo anche scritto una guida apposita, che vi segnialiamo per ulteriori approfondimenti in merito.

Una volta chiarito che un IP è un identificatore univoco di rete, è quasi ovvio capire che un IP condiviso “condivide”, per l’appunto, più risorse sullo stesso IP, mentre un IP dedicato – per dirla in modo diretto – non lo fa. Implicitamente possiamo intuire già  da ora che gli IP condivisi sono economici, mentre quelli dedicati costano ovviamente di più

Come & quando usare un IP condiviso

Quando usiamo servizi di hosting condivisi, in genere, non stiamo facendo altro se non sfruttare l’architettura con IP condiviso. Un IP condiviso è usato da più di un client, spesso indipendenti tra loro e che “non sanno”, in un certo senso, di lavorare tutti sulla stessa risorsa.

La scelta di architetture basate di hosting condivisi è molto comune, e non a caso: sono in genere sistemi pre-configurati, non richiedono manutenzione particolare (salvo caso eccezionali o “vicinato” problematico nel senso appena specificato), e spesso permettono di ospitare solo siti web senza particolari requisiti specialistici. Molti hosting condivisi possono essere con IP condiviso, ma ce ne sono alcuni ibridi – come accennavo prima – leggermente più costosi e performanti che possono, per quello che serve, aggirare tae limitazione in vari modi.

Come & quando usare un IP dedicato

Quando usiamo servizi di hosting dedicato, in genere, non stiamo facendo altro se non sfruttare l’architettura con IP dedicato. Un IP dedicato è usato solo da un client, che in genere è un’azienda strutturata.

Un IP dedicato è un IP che non presenta alcun “vicino”, cioè non presenta altri siti o servizi al suo interno che funzionano parallelamente; questo significa che la classica architettura condiviso (shared hosting, per l’appunto, o hosting condiviso) non può essere utilizzata. In questo modo il vostro provider di hosting garantisce che siate i soli a fare uso di quell’IP, e questa cosa fa lievitare i costi per ovvia conseguenza, anche in previsione di un potenziale tecnico sicuramente maggiore – che pero’ va saputo sfruttare e va capito appieno.

Per intenderci: prendere un IP dedicato per un servizio di posta elettronica aziendale ha senso, ma va saputo gestire con una policy adeguata. Altrimenti potreste finire in blacklist e, a quel punto, perdere qualsiasi vantaggio nell’uso di una tecnologia del genere. Potrebbe avere più senso, a questo punto, fare uso di servizi di posta dedicata come Active campaign che infatti, non a caso, hanno policy di invio molto rigide, ed il fatto che paghiate per averli non significa affatto che vi faranno spammare o inviare tutto quello che volete. Falso mito interessante: su internet non sempre pagare tanto è un lasciapassare automatico per fare quello che si vuole – e per fortuna, direi.

I provider che inviano la posta, ad esempio, possono sfruttare in molti casi IP dedicati per ridurre o annullare il numero di email che finiscono in spam o non arrivano proprio, nonchè potenziali e dannosissime blacklist non controllabili. I servizi di posta tipo Sendinblue permettono di scegliere tra IP condiviso e dedicato, ovviamente a prezzi e condizioni (+ garanzie) diverse tra loro.

Lato siti web, poi, gli IP dedicati sono dettati da esigenze puramente strutturali: spesso sullo stesso IP devono girare vari servizi, non solo web, ed averli tutti sullo stesso IP aiuta la gestione, che diversamente sarebbe impraticabile (quindi l’uso di IP dedicati è dettato da motivi pratici, come gestire aziende con vari dipendenti e collaboratori, senza troppi “calcoli” da altri punti di vista).

La scelta di architetture basate di hosting dedicato è molto comune solo per i siti più grossi e strutturati, oltre che per i servizi dedicati come quelli di invio della posta: si tratta in genere sistemi che vanno configurati accuratamente, richiedono manutenzione periodica (salvo caso eccezionali o “vicinato” problematico nel senso appena specificato), e danno la tranquillità  oltre che il “vantaggio” di avere un IP che fa solo quello, che pero’ dobbiamo essere in grado di gestire e controllare al 100% (anche via SSH, ad esempio).

Architetture ibride basate su IP esterno, “mascherato” e/o proxy

Se la teoria suggerisce che ad ogni hosting corrisponda un IP, la realtà  è più complessa: l’equazione 1 IP = 1 sito vale solo in alcuni casi (IP dedicato), quella 1 Ip = vari servizi (siti, posta, ecc.) è molto più diffusa di quanto si creda. Non solo: alcuni siti che usano CloudFlare, ad esempio, ne fanno uso per mascherare dall’esterno l’IP del proprio sito, il che mette al riparo da situazioni spiacevoli, come alcuni tipi di attacchi informatici DDoS.

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Un dominio pippo.it potrebbe essere mappato sull’IP 123.123.123.124, ad esempio, ma avere un cosiddetto IP esterno differente che effettua il routing del traffico internamente, per motivi di efficenza e per garantire la possibilità  di smistare il traffico su più di un server mirror (load balanced): quest’ultimo IP risulterà , di fatto, come IP esterno del sito. In altri casi, poi, la configurazione del DNS può prevedere l’uso di reverse proxy che effettuano, di fatto, un mascheramento simile, proprio al fine di gestire meglio la risorsa, e provare quantomeno a  limitare alcuni tipi di attacchi via script automatizzati.

Questo serve a far capire che, di fatto, il contesto tecnologico è sempre fondamentale, e non bisognerebbe mai procurarsi un IP dedicato a prescindere dall’architettura sottostante: perchè prescindere dalle risorse già  in gioco, che magari fanno funzionare il sito o il server di posta oggi, possono contribuire a complicare la gestione (e far lievitare i costi per l’azienda, di conseguenza) senza un reale vantaggio.

Invio di email: IP dedicati o condivisi?

L’invio della posta è un settore delicatissimo e spesso dibattuto su vari fronti: essendo l’invio di posta elettronica gratuito, è un servizio abusabile e ci sono vari enti preposti alla “certificazione” degli IP che inviano posta (ad esempio, sss oppure sss). Una mail può partire da un IP, ad esempio, risultare inviata e “perdersi” strada facendo. Statisticamente parlando, molti IP condivisi finiscono in blacklist per spam, come dicevamo anche prima  proprio perchè ci sono “cattivi vicini” che fanno pratiche di spam o troppi invii nel breve periodo, e questo penalizza tutti i siti che sono su quell’IP come diretta conseguenza. Avere una mail aziendale che non funziona bene è un problema, oltre che di “immaginare”, soprattutto di ordine pratico, perchè blocca il flusso di lavoro e rischia di rallentare progetti e consegne, oltre a ingenerare possibili equivoci (…avete presente chi invia una mail e poi telefona 2 minuti dopo, per sapere perchè non gli avete risposto? :-) )

Se uno volesse stare più tranquillo, secondo me, gli IP dedicati per inviare la posta elettronica sono l’unico modo per farlo: sia mediante IP dedicato acquistato e gestito da un reparto IT, sia mediante servizi managed che si occupano di tutto loro. Entrambe le opzioni, ovviamente, hanno costi leggermente al di sopra della media che uno potrebbe immaginare, ma ovviamente riducono l’incidenza dello spam e delle possibili problematiche in fase di invio della posta elettronica.

Link building (…eh sଠ;-) ): IP dedicati o condivisi?

Se ci poniamo nell’ottima dei cosiddetti backlink profile, cioè i profili di backlink ovvero le liste di domini che linkano un sito, è quasi sempre opportuno che non ci siano IP condivisi di mezzo e che, idealmente, ogni dominio provenga da un IP distinto (almeno di classe C distinta). Questo è un indizio che per molti è fondamentale, perchè testimonia che il backlink profile è “pulito” e non è stato gonfiato a colpi di spam.

Questa considerazione non è aprioristica, nel senso che bisogna intervenire in questa direzione solo per fondato sospetto (ad esempio: una penalizzazione di Google sospetta o notificata), non è detto che serva davvero (rischio d’impresa: le garanzie nella SEO non esistono, di fatto, ma ci sono solo le good practices caso per caso), ma in genere ha un suo effetto “benefico” nella misura in cui si decida di farlo periodicamente, ad esempio, a scopo di “pulizia” o manutenzione.

Per inciso: non è mai stato certificato (se non da discussioni di SEO più o meno autorevoli e/o cauti, in effetti) che Google ragioni, o abbia mai ragionato, in questi termini – per quanto sia abbastanza logico che più domini da IP distinti siano un backlink profile di livello superiore (anche di poco, eventualmente) rispetto ad una rete di link artificiale con tutti o quasi gli IP della stessa classe C, o addirittura medesimo IP.

Uso di IP dedicati “virtuali”

Molte cosiddette PBN, sono basate sulla creazione di network di siti con IP diversi tra loro, che pero’ non sempre sono effettivamente IP dedicati. Un modo facile per gestire una PBN è quello, per inciso, di usare hosting sempre diversi (ovviamente dedicati, sennò non ha senso, e costa pure tanto purtroppo) oppure, al limite, di fare uso di una VPN con IP virtuali generabili all’occorrenza per ogni sito (DigitalOcean, ad esempio, il che abbatte notevolmente i costi ed è un discreto compromesso tecnologico, secondo me).

Costi degli IP dedicati vs IP condivisi

A livello di costi: dipende molto da come il provider formula l’offerta. In genere, gli IP condivisi sono a costo zero, nel senso che non pagate nulla in più per averli, mentre gli IP dedicati si pagano “a noleggio” o canone mensile o annuale. L’ordine di grandezza dei costi di un IP dedicato è variabile, dipende teoricamente dall’uso che se ne fa e può andare dalle 10 alle 100€ al mese.

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