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L’Intelligenza Artificiale può fare tutto. Oppure no

Da molto tempo le applicazioni di intelligenza artificiale sono in grande fermento: del resto è cosa nota che molte applicazioni pratiche abbiano superato le capacità umane, per quanto in molti ambiti non riescano a surclassarle del tutto. E verrebbe da dire “per fortuna”, dato che abbiamo ancora negli occhi la perfezioni dei deepfake e le loro inquietanti applicazioni che falsificano le notizie e violano la privacy altrui. Ci sono ambiti in cui la Artificial Intelligence (AI) ha dato il meglio di sè, e continueràa  farlo: è il caso del gioco degli scacchi oppure del poker, per quanto le applicazioni possibili non si fermino certamente all’ambito dei giochi.

Se ad esempio prendiamo un piccolo frammento di testo, esistono intelligenze artificiali che sono in grado di generare delle immagini che rispondono più o meno esattamente a quella descrizione. Oggi sono in grado di disegnare un cavallo se  scrivo in italiano “disegna un cavallo bianco“. Cosa che per inciso ci siamo divertiti a fare con l’app di StarryAI, come abbiamo visto in altri articoli in grado di produrre risultati davvero impressionanti.

a white horse photorealistic

L’intelligenza artificiale ha mostrato una certa “vena artistica”, e qualcuno si è spinto a pensare come nella corrente filosofica dell’accelerazionismo, che le macchine possono sostituirsi integralmente all’uomo, alla lunga, con conseguenze variamente prevedibili (dalle più rassicuranti alle più catastrofiche: il range è davvero molto ampio e, soprattutto in tempi difficili come quelli che viviamo, secondo me bisogna sempre considerare almeno due possibilità per ogni previsione).

Esiste a quanto pare, a questo punt, almeno un dominio  in cui lo sviluppo di software di intelligenza artificiale mostrerebbe dei limiti sostanziali. Dite domani potrebbero essere disconfermati, si intende, che ad oggi l’intelligenza artificiale non riescono a risolvere come potrebbe sembrare a prima vista: ma tant’è, e se ne parla approfonditamente in questo articolo. L’intelligenza artificiale è spesso lungimirante – o almeno ci dà questa idea – ma per fortuna e per sfortuna questo non è vero nella totalità dei casi. Sarebbe infatti che l’intelligenza artificiale sia soggetta ad una forma di ipermetropia, ovvero la capacità di creare soluzioni solo parziali poste dalla quotidianità, nonostante la richiesta sia più semplice di quanto potrebbe sembrare a prima vista.

La AI si è sempre posta con una sostanziale “presunzione”, detta in termini umani, e vogliamo utilizzare questo termine senza sembrare grottescamente anti-tecnologici. Di fatto il software di questo tipo riesce a risolvere un problema riducendo al minimo la necessità di un intervento umano, che si presta in maniera molto naturale alla facilitazione dei compiti, prima che alla sua radicale sostituzione. Automazione è la chiave, giusto? So se si vede la questione dal punto di vista leggermente diverso con una prospettiva un po’ più elastica, è possibile accorgersi che molte limitazioni dell’intelligenza artificiale riguardano esclusivamente i bias cognitivi dei loro operatori. Si parte infatti dal falso presupposto che l’intelligenza artificiale di oggi posso fare qualsiasi cosa, rischiamo di non risolvere quello che possiamo risolvere con l’intelligenza artificiale, affidandogli l’ingrato e il proprio compito di fare cose che possono fare soltanto gli esseri umani. Una di queste è scrivere codice per siti ed app, ad esempio. Sembra una questione quasi astratta o filosofica (nel senso più astruso del termine), ma in realtà estremamente importante che venga ben focalizzato da chiunque volesse utilizzare l’intelligenza artificiale per una start-up, per una qualsiasi app oppure in azienda.

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CoPilot è il caso che viene citato nell’articolo, il quale può fare quanto esplicato nella GIF seguente: completare interi blocchi di codice prevedendo le intenzioni del programmatore.

0 Dm

No, le intelligenze artificiali non sembrano in grado di programmare, nè tantomeno di programmarsi, per quanto il problema sia intrigante e sicuramente verrà studiato nei prossimi anni. Il problema di fondo è che questi software non leggono davvero nel pensiero, anche se danno l’impressione di farlo, anche se magari lo accettiamo e tanto basta: peccato che credendoci rischiamo di prendere un granchio abbastanza grosso.

Un granchio più o meno grande così (generato via DALL E mediante labs.openai.com):

DALL·E 2022 10 01 21.36.50 a crab as tall as a palace comic style

Queste soluzioni possono fungere, a quanto sembra, esclusivamente a supporto alle decisioni del programmatore, quindi è necessario che ci sia un programmatore dietro a gestirle e vagliarle in modo critico. Se fosse in grado di programmare o programmarsi sarebbe molto comodo, insomma, ma al momento non sembra essere possibile, questo perché i processi mentali che sono coinvolti in questa attività non sono addestrabili con precisione del 100%, senza contare che possono essere manipolati malamente o in modo – come abbiamo premesso – biased.

Soltanto uno degli ambiti in cui l’intelligenza artificiale non ha (ancora?) sviluppato le idonee o prevedibili capacità: potrebbe essere soltanto questione di tempo, ma potrebbe anche darsi che non valga la pena indagare ulteriormente in questa direzione. Ci sono anche altri ambiti in cui l’intelligenza artificiale non può aiutare a prendere decisioni, come ad esempio nella valutazione di un identikit, oppure in ambito medico sanitario in cui è sempre necessaria la supervisione di un medico specializzato.

Fidarsi ciecamente della Macchina è come affidarsi brutalmente alla statistica, quindi (al netto di qualsiasi raffinato training si possa effettuare) tirare i dati e sperare che le cose vadano bene. Siamo ancora lontani, almeno si spera, da un punto di non ritorno del genere, anche se fa sensazione senza dubbio che i software possano disegnare, creare musica o scrivere in italiano credibile, e non siano esattamente in grado di programmare.

Foto di copertina: autoritratto in stile vittoriano, generato da StarryAI

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