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Gaming online: cosa dice l’Europa a riguardo?

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Cos’è l’iGaming

Quando si parla di iGaming (giochi online, per dirla con un termine più familiare) si fa riferimento ai giochi su internet in cui sia coinvolta la vincita possibile di premi in denaro, quindi ad esempio il gioco del poker, dei casino online, le scommesse sportive e cosଠvia. Un settore che produce notevole fatturato alle aziende che se ne occupano, senza dubbio, e che ad oggi è diventato un problema da gestire in termini di regole che sembrano mancare, sembrano essere ancora carenti e soprattutto non sono diffuse con la stessa intensità  all’interno dei vari paesi dell’Unione Europea. Un fenomeno di cui si parla anche nel nostro paese da diversi anni, ormai, e che è stato oggetto di un giro di vite notevole da parte dell’attuale Governo.

Giochi online diffusi mediante plugin Flash e Java, ancora oggi

L’iGaming, tra un passaggio e l’altro, è arrivato ad occupare una fetta di mercato importante, questo almeno dal 2014 e nonostante fasi alterne: su tutte, il fatto che moltissimi dei giochi online disponibili sia stato sviluppato in Flash o Java, tecnologie considerate ormai obsolete e del tutto incompatibili, ad esempio, con i modelli di smartphone, tablet e PC più recenti. Non c’è dubbio che molta dell’uniformità  di trattamento strettamente richiesta, di fatto, debba passare anzitutto per un livello di innovazione tecnologica successiva, ovvero passando da piattaforme ormai in disuso (a parte che, tra le altre cose, molto fallate e che mettono a rischio la privacy e la sicurezza dei navigatori-giocatori) a supporti tecnologici più avanzati, come ad esempio Javascript. Ma salvo improbabili emulazioni, quei giochi andrebbero, tutti, riscritti da zero: e questo, semplicemente, non sempre è consentito o reso ammissibile dal mercato.

Gli attori sul mercato invocano uniformità  di trattamento

Che non ci sia uniformità  di trattamento all’interno del mondo dell’iGaming è abbastanza chiaro, ad oggi: per quanto sia lecito, infatti, parlare di problemi sociali come la ludopatia e cercare di risolverli nel modo più sicuro ed efficace possibile, moltissime normative europee invocano la mancanza di regole chiare, soprattutto quelle relative alle attività  transfontaliere che sembrano, di fatto, essere mancanti. Il gioco d’azzardo online occupa quasi un quinto dell’intero fatturato del settore, almeno in Europa, ed è quello che ha evidenziato la European Gaming and Betting Association (EGBA), un’organizzazione che riunisce operatori quali as esempio bet365 e Kindred.

Gli standard minimi sono rispettati? In genere no

Lo studio in questione dimostra sostanzialmente che c’è una carenza di legislazione adeguata nel settore, e che gli standard non sono rispettati o vengono rispettati solo a discrezione dell’interessato, con uno svantaggio in termini globali visibile, ed ormai alla portata di chiunque. Manca la coerenza di fondo, sottolinea giustamente lo studio in questione, e fa sensazione che in tutta Europa soltanto la Danimarca sia l’unico paese che è riuscita a soddisfare gli standard esattamente per come vengono richiesti, rispettando nel farlo (cosa davvero molto importante) le linee guida per la tutela dei consumatori.

A quel punto è evidente la portata della sfida: internet può essere utilizzato in qualsiasi paese, fatte salve eventuali normative contrarie alla net neutrality (di cui molto si discuteva mesi fa, se ricordate), per cui sarebbe fondamentale che tutti i paesi europei, Italia inclusa, possano avere un quadro unico e chiaro di regole univoche da dover seguire. Altrimenti diventa solo un far west, nel quale ognuno può fare ciò che vuole ed in cui manca, sostanzialmente, uno standard di protezione del giocatore per poter usufruire dei servizi in modo sano, e non ridurlo ad un semplice vizio. L’EGBA, in tal senso, ha espresso una posizione molto chiara: se l’UE desidera davvero avere a cuore la questione non dovrebbe fare altro se non dimostrarlo apertamente, facendo in modo di garantire la sicurezza di tutti i giocatori e la partecipazione degli stessi, soprattutto, non dovrebbe creare alcuna discriminazione su base territoriale – come purtroppo impone la disuniformità  di trattamento di giocatori di nazionalità  diverse.

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