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Con questo algoritmo di intelligenza artificiale potremo decifrare messaggi alieni

Negli ultimi 50 anni gli astronomi hanno scandagliato i cieli usando radiotelescopi appositi, nella speranza (o nel timore) di imbattersi in un messaggio da una civiltà aliena. La ricerca nello spazio non conosce limiti e può portare nuova conoscenza oltre che, naturalmente, sviluppi tecnologici di nuova generazione non da poco. Il caso più popolare è forse quello del telescopio Webb, mediante il quale molti passi avanti sono stati effettuati in questo ambito.

Messaggi inviati nello spazio agli alieni (forse)

Nel passato meno recente, bisogna tornare ai primi anni settanta per trovare uno dei casi più clamorosi di invio di messaggio nell’universo: nel 1973, nello specifico, venne inviato nello spazio un celebre messaggio con il telescopio di Arecibo, la cui struttura non era decifrabile se non ricorrendo a capacità di riconoscimento umane (c’era un disegno stilizzato in bit), e ci si aspettava che eventuali alieni fossero in grado di riconoscere che le 1679 cifre binarie che lo componevano, che costituivano peraltro un numero semiprimo (numero naturale che è il prodotto di due numeri primi), ovvero multiplo di 23 e 73. Ma come dovremmo interpretare nuovi messaggi dallo spazio in una lingua ignota ammesso che, per intenderci, sia il caso di volerne conoscerne il contenuto?

Optimal Spatial Deconvolution and Message Reconstruction from a Large Generative Model of Models

Parliamo dell’algoritmo presentato, a marzo di quest’anno, come Deconvoluzione spaziale ottimale e ricostruzione di messaggi a partire da un set di modelli generativi. Un nuovo algoritmo, presentato a marzo di quest’anno, permette di sfruttare l’intelligenza artificiale in modo creativo, nel senso che si possono dedurre informazioni generali sui dati provenienti dall’esterno anche senza saperne nulla come conoscenza regressa, ovvero senza alcuna forma di apprendimento. Il tutto avviene selezionando in modo algoritmico tra più modelli possibili quello più adeguato ai dati stessi, ed il resto (semplificando un po’ la questione) andrebbe da sè.

In matematica, la deconvoluzione è l’operazione inversa alla convoluzione. Entrambe le operazioni sono utilizzate nell’elaborazione dei segnali e nell’elaborazione digitale delle immagini. Ad esempio, la convoluzione può essere utilizzata per applicare un filtro a un segnale; successivamente potrebbe essere possibile recuperare il segnale originale utilizzando la deconvoluzione.

L’algoritmo di deconvoluzione consente di ricostruire su base statistica gli elementi mancanti, togliere i fattori di disturbo e rendere possibile la creazione di una immagine di qualità maggiore.

Il modello in questione è ad uso generale (general purpose), si applica a vari ambiti (dalla crittografia al processamento di segnali digitali) e deve qualcosa ad alcuni algoritmi di intelligenza artificiale, nella sua accezione di IA forte.

L’approccio appena scoperto, che potrebbe applicarsi alla decifratura di messaggi provenienti dallo spazio, sfrutta tecniche probabilistiche frammiste con quelle classica della teoria dell’informazione, e poi applica adattativamente quella più adeguata al problema. I risultati presentati sembrano avere una valenza sostanziale, in quanto potrebbero rilevarsi utili per vari tipi di applicazioni pratiche: in particolare per i canali di comunicazione unidirezionali  zero knowledge (di cui non sappiamo nulla, in sostanza), il cui caso tipico potrebbe essere la decifrazione di messaggi inviati da sorgenti di natura sconosciuta, per i quali non è disponibile una conoscenza preliminare.

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